La Giunta regionale del Veneto ha avviato una vasta azione sanitaria, per verificare la presenza e gli eventuali effetti su persone e alimenti dei Pfas (Sostanze Perfluoro Alchiliche), la cui contaminazione, derivante dalla lavorazione di pentole antiaderenti, Goretex e carta da forno, ha interessato da tempo parte del territorio regionale. Si tratta di due piani di intervento per i quali la Regione ha stanziato 400 mila euro.
Le origini dell’inquinamento
Tra i Pfas il più importante (e pericoloso) è il Pfoa: negli acquedotti che servono la provincia di Vicenza, Verona e parte di quella di Padova è stato rinvenuto in concentrazioni ben superiori alla soglia limite. L’inquinamento di Pfas in Veneto è stato scoperto nel 2013 quando sono arrivati i dati “bomba” del Cnr che lo svelavano in tutta la sua entità: le analisi avevano rilevato concentrazioni di Pfoa fino a 2000 ng/l nella zona di Trissino (Vicenza) nel bacino di Fratta Maggiore mentre un decreto del ministero della Salute del 2004 fissa i limiti a 500 ng/l. È l’epilogo, impressionante, di una storia lunga, quella della fabbrica Miteni di Trissino, che per oltre trent’anni ha sversato nei fiumi del paese vicentino i residui della lavorazione di pentole antiaderenti, Goretex e carta da forno.
85mila persone sotto osservazione
Il Piano di Sorveglianza sulla Popolazione Esposta alle sostanze Perfluoroalchiliche interesserà circa 85 mila persone e si basa sulla considerazione che la popolazione esposta ai Pfas possa presentare un maggior rischio di incorrere in malattie croniche, solitamente e principalmente determinate da quattro fattori di rischio: fumo, alcool, sedentarietà e sovrappeso. Ma tale popolazione ha avuto anche un’esposizione ad un quinto fattore di rischio, rappresentato dai Pfas, che secondo gli studi di letteratura può essere associato a modifiche del metabolismo glicidico e lipidico e pertanto predisporre a condizioni di rischio per le malattie croniche.
Nello specifico il Piano si propone di caratterizzare l’esposizione a Pfas delle persone che risiedono nelle aree contaminate, di valutare gli effetti delle esposizioni a Pfas sulla salute dei soggetti esposti e di identificare i comportamenti a rischio per le malattie croniche degenerative.
Tutto ciò garantendo il monitoraggio dello stato di salute dei soggetti esposti attraverso l’offerta terapeutica affidata alla medicina di famiglia, la determinazione della concentrazione dei Pfas nel sangue per stabilire con gli organismi nazionali ed internazionali la possibile correlazione tra queste sostanze e lo stato di salute dei soggetti chiamati, la valutazione delle abitudini di vita per l’attivazione degli strumenti di prevenzione al fine di modificare gli stili di vita scorretti, attraverso le attività dei dipartimenti di Prevenzione presenti sul territorio.
…si parte dai più giovani
I primi ad essere chiamati saranno i quattordicenni. La scelta di iniziare con i più giovani è dettata dal fatto che l’eventuale alta concentrazione di Pfas e/o di rilevanti alterazioni metaboliche in tali soggetti potrebbe rappresentare motivo utile ad approfondimenti in termini di coorti interessate e di correlazione sanitaria all’esposizione alle sostanze in oggetto, in quanto gli scorretti stili di vita risultano meno associati ai soggetti appartenenti alle coorti più giovani (14-15enni).
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Anche gli alimenti sotto osservazione
E’ stato inoltre approvato il Piano di campionamento per il monitoraggio degli alimenti in relazione alla contaminazione da sostanze perfluoroalchiliche (Pfas) in alcuni ambiti della Regione del Veneto. Obiettivo del piano è stimare il livello di contaminazione da Pfas nelle principali produzioni agro-zootecniche dell’area a rischio ed individuare i livelli di sicurezza di tali contaminanti negli alimenti. I risultati ottenuti dovranno essere correlati ai dati sui consumi alimentari della popolazione della zona a rischio, al fine di stimare l’esposizione per via alimentare (ivi compresa la fonte idrica).