La Commissione nazionale per i diritti umani delle Filippine (Chr) ha ufficialmente chiesto a 47 grandi aziende di rispondere dell’impatto che le loro attività economiche hanno sul clima globale a causa dell’uso di combustibili fossili e delle possibili conseguenti violazioni dei diritti umani. Tra le aziende citate figurano anche Eni e Italcementi, oltre a multinazionali come Chevron, Exxon Mobil e Dutch Shell Total. A riportarlo è l’associazione ambientalista Greenpeace, che ricorda come l’indagine sia partita in seguito a una petizione presentata nel settembre 2015 da alcuni sopravvissuti a disastri climatici insieme a diversi esponenti della società civile, tra cui la stessa Greenpeace South Asia. La Commissione per i diritti umani delle Filippine ha inviato ieri alle aziende coinvolte una copia della denuncia corredata da un ordine ufficiale che impone alle imprese di rispondere entro 45 giorni.
“Colpiti da siccità e tempeste”
«Siamo stati colpiti da tempeste, siccità ed eventi meteorologici estremi, e i cambiamenti climatici stanno aggravando la situazione. Vogliamo solo vivere una vita dignitosa e tranquilla, senza paura e senza essere in balia delle grandi aziende che si interessano solo ai loro profitti. Non abbiamo scelta, dobbiamo difendere i nostri diritti. Vogliamo giustizia, e la possibilità di proteggere quel poco che abbiamo lasciato ai nostri figli», dichiara Veronica “Derek” Cabe, tra i promotori della petizione, proveniente dalla provincia filippina di Bataan. In questa zona delle Filippine le comunità locali si stanno battendo contro la costruzione di una nuova centrale a carbone e alcuni impianti di stoccaggio di questo combustibile fossile. Proteste che – secondo Greenpeace – potrebbero esser costate la vita a Gloria Capitan, una delle leader della comunità, assassinata in un agguato lo scorso 1 luglio.