Sparito praticamente quello di pecora (riservato alla caseificazione), oggi le alternative al vaccino sono costituite dal latte ottenuto da legumi e cereali. Prodotti le cui vendite, a dispetto di prezzi anche doppi rispetto alla bevanda tradizionale, sono salite del 27% lo scorso anno, come testimoniano le elaborazioni Coldiretti su Rapporto Coop.
Intolleranti immaginari
“Sono intollerante”. È con questa motivazione che molti rinunciano al latte vaccino. E a volte sbagliano, eliminando per un’autodiagnosi scorretta un alimento di alto valore.
In realtà l’alactasia, ossia la mancanza dell’enzima lattasi, è un fenomeno che affligge solo una parte di quelli che sono convinti di soffrirne. Quando c’è, la carenza determina un’intolleranza al lattosio, lo zucchero contenuto nel latte. Il deficit, che può essere presente fin dalla nascita o instaurarsi tra l’infanzia e l’adolescenza, comporta che il lattosio non elaborato fermenti nell’intestino provocando flatulenza, mal di pancia, diarrea a volte tanto grave da impedire l’assorbimento di altre sostanze nutritive.
Per essere sicuri che la carenza sia reale è bene fare un test. Il più semplice (e affidabile) è il Breath Test al lattosio, che misura il livello di idrogeno espirato prima e dopo la somministrazione di zucchero del latte.
Il confronto
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In ogni caso, a prescindere dalle motivazioni della scelta, vediamo da vicino le alternative al latte vaccino.
Il latte di soia e quello di riso, rispetto al vaccino hanno meno grassi, zero colesterolo e una dote vitaminica non lontana, ma sono più poveri di proteine.
Il latte di soia perde decisamente il confronto quanto a minerali disciolti: il calcio, per esempio, si limita a 13 milligrammi (contro i 119 del vaccino), il fosforo arriva a 47 milligrammi ma siamo ancora lontani dai 93 milligrammi della bevanda più consumata in Italia.
Il problema per chi sceglie il latte di soia è, però, la rilevante probabilità che sia ottenuto da semi geneticamente modificati. Se si opta per questa bevanda, dunque, vale la pena di acquistarla Ogm-free. Meglio ancora se ottenuta da agricoltura biologica.
Per quello di riso, invece, il problema è l’aggiunta pressoché costante di oli e una quantità di carboidrati molto più alti degli altri latti