Mutui e unioni civili, ecco cosa cambia

Le unioni civili e le convivenze di fatto disciplinate dalla legge Cirinnà approvata in via definitiva la scorsa settimana dal Parlmamento hanno effetti anche sul piano patrimoniale dei partner. Alla luce della nuova normativa, cosa cambia per chi decide di acquistare una casa con un mutuo? Per quanto riguarda la sottoscrizione, le detrazioni fiscali, le successioni ipotecarie, i partner avrebbero gli stessi diritti dei coniugi uniti in matrimonioa.

Mutui.it, in collaborazione con Facile.it, ha affrontato la questione fornendo alcune spiegazioni pratiche utili a chi, convivente di fatto o unito civilmente ad altro partner, intende accendere un mutuo per acquistare casa con il proprio compagno o compagna di vita.

Stesse regole come per i coniugi

Cominciamo con le unioni civili che sono una formazione sociale tra persone maggiorenni dello stesso sesso, e da un punto di vista patrimoniale, come per i coniugi tradizionali, possono essere regolate da un regime di comunione dei beni (implicito all’unione come al matrimonio, se non diversamente richiesto) o in seperazione dei beni. Per tutte questi aspetti, ricorda una nota di Mutui.it, valgono tutte le disposizioni valide per i coniugi tradizionali in materia, di cui al capo VI del titolo VI del primo libro del codice civile.

La Comunione dei beni, in caso di beni immobili, può essere sciolta, con obbligo di trascrizione dell’atto, come da articolo 2653 primo comma, punto 4, del cc. Naturalmente tutti gli atti relativi agli immobili di proprietà di una coppia unita civilmente vanno trascritti, come da articolo 2659 del codice civile.

Spiega Floriana Liuni di Mutui.it: “Anche se la materia non è ancora stata definita, è lecito pensare che anche l’acquisto di una casa, con o senza mutuo,  valga in caso di unione civile anche quanto vale per i coniugi tradizionali per quanto riguarda la possibilità di detrarre gli interessi passivi del mutuo cointestato, in caso di acquisto di un immobile in comproprietà o in regime di comunione dei beni. Ciascuna delle due parti di una unione civile potrà quindi non solo detrarre la propria quota di interessi passivi (il 19% per un massimo di 4000 euro) ma detrarre il 100% in caso abbia fiscalmente a carico il proprio compagno”.

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In caso di rottura? Come nel divorzio

Allo stesso modo, in caso di scioglimento dell’unione civile dovrebbe applicarsi quanto accade in caso di divorzio. Alle unioni civili si applica infatti il titolo III del libro I del codice civile in materia di alimenti. Se, prosegue la spiegazione della Liuni, la coppia unita civilmente si separa mentre è in corso il pagamento di un mutuo, la parte obbligata a pagare gli alimenti può decidere di continuare a pagare le rate chiedendone la detrazione dall’assegno versato all’ex compagno. Oppure i due ex partner possono decidere di vendere l’immobile per estinguere il mutuo, oppure di rinegoziare il finanziamento anche solo per cambiare l’intestatario del prestito stesso.

La successione ereditaria in caso di morte

In caso poi di morte – proseguono da Mutui.it –  di uno dei due costituenti l’unione civile, si applica il regime della successione ereditaria disciplinata dal libro secondo del codice civile. In altre parole il compagno superstite gode dello stesso diritto di successione che spetta al coniuge: dovrebbe quindi ereditare anche l’obbligo ad estinguere al posto del defunto eventuali contratti di mutuo in essere, a meno di non rifiutare l’eredità.

Per i conviventi meglio un contratto scritto

Diverso il caso delle convivenze di fatto. Nell’ambito di questi rapporti, tutto quello che riguarda il regime patrimoniale può essere regolato da un contratto di matrimonio nel quale si specifichi il regime patrimoniale (comunione o separazione) che si intende mantenere, e il modo in cui si intende regolare ogni tipo di pendenza in caso di scioglimento del rapporto o di morte di uno dei due compagni. “Dato che non sono infrequenti domande su quale fine debba fare il mutuo in caso di separazione dal convivente”, aggiunte la Liuni, “il consiglio è di approfittare della possibilità di stendere un contratto per regolare prima questo tipo di eventualità: il documento deve essere redatto con atto pubblico o privato, convalidato da un notaio“.

In caso di morte di uno dei due conviventi, l’altro ha diritto, secondo la legge, a viverci per almeno altri due anni e comunque non per più di cinque anni, e di succedere al compagno in caso di eventuale contratto di affitto. Diritto che si estingue con la formazione di un nuovo legame.