Totani, polpi e calamari decongelati o congelati “sbiancati” con l’acqua ossigenata. La legge lo consente (non per i cefalopodi freschi, che non possono subire nessun trattamento), la salute non è a rischio, ma ci si chiede se il consumatore ne sia informato, almeno per poter fare una scelta d’acquisto consapevole.
Dopo la petizione lanciata proprio con questo scopo dalla rivista Eurofishmarket, anche alcune associazioni dei consumatori entrano nel dibattito per informare meglio i cittadini su questo trattamento che rende più appetibili agli occhi dei clienti i prodotti esposti sul banco del pesce.
Codici, MDC e UNC hanno così voluto fare un po’ di chiarezza, innanzitutto sulla circolare del ministero della Salute (la n.0003649), diffusa il 5 febbraio 2016, che ha autorizzato l’impiego di “soluzioni acquose contenenti perossido di idrogeno, come coadiuvante tecnologico, nella lavorazione dei molluschi cefalopodi eviscerati da commercializzare decongelati o congelati” in quantità non superiori all’8%. Un trattamento che già da tempo è consentito in Spagna, le cui autorità alimentari sono state consultate dal Consiglio Superiore di Sanità prima del parere favorevole rilasciato nei mesi scorsi.
Tra l’altro, essendo individuato nella circolare come “coadiuvante tecnologico”, il trattamento con la soluzione non deve essere indicato in etichetta nella lista degli ingredienti.
Per la precisione – come sottolineano le associazioni in un comunicato stampa comune – si tratta della soluzione Acquative 3S, contenente perossido di idrogeno, che può essere impiegata nella lavorazione dei prodotti solo se il contenuto di perossido di idrogeno non sia superiore all’8% e che il contenuto di acido citrico E330 e di citrato di sodio E331 non sia superiore rispettivamente al 15%.
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Sul punto, le tre associazioni criticano la scelta effettuata dal ministero che non si è limitato ad autorizzare l’impiego di acqua ossigenata per cefalopodi congelati ma ha individuato specificamente un certo prodotto, realizzato da una determinata impresa (garantendole, tra l’altro, una posizione di rilievo nel mercato di riferimento). Quali siano stati i criteri che hanno portato a questa scelta – riflettono le associazioni – rimane oscuro.
In ogni caso, Codici, MDC e UNC ritengono “che sia un diritto dei consumatori stessi di essere messi a conoscenza delle procedure seguite. Se è pur vero che non vi sia un impatto sulla sicurezza e qualità del prodotto, vi è una modifica dell’aspetto dello stesso sulla base del quale sempre più spesso i consumatori sono indotti a scegliere i prodotti alimentari”. Insomma, anche per le tre associazioni dei consumatori l’impiego del trattamento sbiancante dovrebbe comparire nell’etichetta dell’alimento per garantire al consumatore la possibilità di scegliere i prodotti da acquistare “attraverso la più esaustiva informazione”.