Caro Test-Salvagente,
sono cliente di Wind Infostrada, ma verso il 20 dicembre scorso ho accettato un’offerta telefonica da Telecom.
In seguito a una proposta Wind più vantaggiosa, il 23 dicembre ho inviato un fax per il ripensamento e dichiarato di voler restare con Wind. Telecom-Tim lo ha ricevuto regolarmente ma “non lo ha applicato”, malgrado le mie numerose proteste e, per “un errore di sistema” come hanno ammesso, l’11 gennaio sono stata comunque trasferita da Wind a Telecom.
In marzo, con una lettera, Telecom ha riscontrato che avevo ragione e comunicato che dal 10 febbraio la loro offerta era cessata.
Credevo di aver risolto il problema e sono rientrata in Wind, ma il 30 marzo mi è arrivata una fattura Telecom-Tim di 96,38 euro da pagare entro il 18 aprile per servizi dal 11 febbraio al 30 aprile, mai richiesti, e per la disattivazione. Tra l’altro nel medesimo giorno ho ricevuto anche una fattura Wind per la disattivazione!
Ho telefonato a Tim per il reclamo, di cui è stato preso nota, ma ho anche spedito un fax con il dettaglio della vicenda e l’affermazione che non c’è alcun motivo per cui io debba pagare 96 euro oltre ai disagi e ai costi che le loro procedure scorrette mi hanno provocato. Anzi ho addirittura chiesto il rimborso dei 35 euro per la disattivazione.
Chiedo: Tim può rivolgersi ad Equitalia per farmi pagare dei costi a mio parere non dovuti?
Lidia Castelli FELTRE
Gentile Lidia, abbiamo chiesto di risponderle a un’esperta, la responsabile del servizio utenze di Konsumer Italia, Valentina Masciari. Ecco le sue indicazioni
La Signora Lidia, ha esercitato correttamente il suo diritto di ripensamento, forma particolare di recesso contrattuale, che è espressamente disciplinato dal Codice del Consumo entro dieci giorni lavorativi dalla data di sottoscrizione del contratto.
È evidente che tale diritto di ripensamento è stato esercitato nei tempi previsti, quindi Telecom ha sbagliato nel momento in cui, nonostante la volontà espressa dalla signora, ha importato la linea telefonica.
D’altro canto è la stessa Telecom ad aver riconosciuto per iscritto l’errore commesso.
Detto questo, è chiaro che la signora Lidia non deve assolutamente nulla a Telecom, quindi le somme che le vengono richieste, devono essere formalmente contestate e deve essere richiesto lo storno delle stesse.
Wind invece, non sbaglia richiedendo i costi di disattivazione della linea. Visto il quadro generale, insieme alla contestazione e allo storno delle spese addebitate da Telecom, a questa va richiesto anche il rimborso di tali spese che devono essere corrisposte a Wind, perché sono state generate dal comportamento scorretto di Telecom stessa.
Sui costi che vengono applicati in genere in queste casistiche, attualmente gli unici importi ammessi sono quelli giustificati dai costi sostenuti dagli operatori. Tali costi devono corrispondere alle spese effettivamente dimostrabili e correlate alle operazioni di disattivazione o trasferimento ma l’operatore deve fornire la prova della loro pertinenza e necessità.
Per i casi di passaggio da un operatore a un altro, come quello della Signora Castelli, generalmente le attività di disattivazione della configurazione preesistente coincidono con le attività tecniche di attivazione effettuate dall’operatore che acquisisce il cliente e sono già remunerate, cioè sostenute da quest’ultimo: quindi, eventuali costi di disattivazione posti a carico dell’utente non sono in linea di massima giustificati.
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Chiudo dicendo che Tim/Telecom, non può riscuotere eventuali somme che ritiene siano dovute, tramite Equitalia. Infatti, per queste attività, si avvale dell’opera di Agenzie di recupero crediti. Nel caso in cui la Signora Castelli venisse contattata da una Agenzia per la riscossione di tali somme, dovrebbe comunicare che esiste una contestazione in corso per somme non dovute e quindi richiedere di sospendere la richiesta fino a definizione della controversia.