Hanno contribuito ad allungare la vita media dell’uomo. Ma ora stanno diventando una minaccia per la salute. Spesso spinti dal proprio medico o dall’ansia di trovare una “risposta forte e veloce” alla malattia, sette italiani su dieci usano a sproposito l’antibiotico, facendo dell’Italia la maglia nera in Europa. Le conseguenze, confermano gli esperti, sono allarmanti. Soprattutto sui bambini. In prospettiva perché favoriscono il fenomeno della farmacoresistenza, con lo sviluppo di ceppi batterici sempre più difficili da debellare. Nell’immediato perché provocano un indebolimento del nostro microbiota, ovvero il patrimonio di milioni di batteri presenti nella flora batterica intestinale, con conseguente aumento di allergie e rischio di obesità.
Una minaccia per la flora batterica
A confermare l’effetto dannoso sul microbiota, in particolare, sono diverse ricerche. In ultimo uno studio condotto presso l’Università di Helsinki e pubblicato a gennaio su Nature Communications. I ricercatori hanno esaminato, su 142 bambini dai 2 ai 7 anni, il numero di cicli di antibiotici che avevano ricevuto nella loro vita e la composizione dei batteri intestinali. A esser stati studiati sono stati gli effetti dei due tipi di antibiotici più spesso utilizzati nei bambini: penicillina e macrolidi (eritrocina, spiramicina, azitromicina, usati nei casi di infezione polmonare in chi ha allergie alla penicillina). “Abbiamo scoperto – spiega l’autrice principale Katrin Korpela a il Test-Salvagente – che entrambi sono associati con i cambiamenti nel microbiota, ma i macrolidi molto più delle penicilline. I primi in particolare provocano una diminuzione drammatica della presenza di bifidobatteri e un corrispondente aumento dell’abbondanza di batteri Gram-negativi”. Le differenze, inoltre, persistevano per oltre due anni ed erano legate a un aumento del rischio di obesità e malattie immuno-correlate, come le allergie. “I risultati – conclude la ricercatrice – indicano che il recupero della flora è lento”.
Il professor Macrì: “il potenziale antiallergico della flora batterica già in gravidanza”
Chi nasce con cesareo ha maggior rischio di soffrire di allergie perché non passando dal canale parto non viene a contatto con i germi ‘buoni’ materni e quindi sviluppa una flora batterica meno varia. Questo fa capire quanto i microbi siano utili al nostro organismo”. A spiegarlo è Francesco Macrì, pediatra e allergologo, docente presso il dipartimento di Pediatria dell’Università La Sapienza di Roma.
Professor Macrì, cosa dice la letteratura scientifica sul legame flora batterica-salute?
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Negli ultimi anni la microflora intestinale è stata al centro di molti studi. I primi lavori che mostrano come un’assunzione di germi “buoni”, soprattutto lattobacilli e bifidobatteri, potesse influenzare le malattie allergiche e respiratorie apparvero una decina di anni fa e sono stati confermati successivamente.
Come si può agire per migliorarla?
Si può intervenire nel terzo trimestre della gravidanza o nei primi mesi di vita somministrando i probiotici. La letteratura scientifica ne dimostra l’efficacia contro il rischio di dermatite atopica, mentre altri studi, dedicati a mostrare l’effetto contro asma, la rinite e le infezioni respiratorie recidivanti, come malattie febbrili invernali, non sono conclusivi.
Cosa accade quando si assumono antibiotici?
L’antibiotico, come dice il nome, distrugge i germi. Ma agisce in modo indiscriminato su quelli nocivi come su quelli buoni e questo comporta una modificazione sfavorevole della flora batterica intestinale. Per questo è bene accompagnare un ciclo di terapia antibiotica, soprattutto se prolungato, con probiotici per restaurare i “batteri buoni”.
Eppure se ne usano ancora troppi…
L’iperprescrizione in Italia è molto diffusa. Nonostante nell’80% delle infezioni acute invernali siano legate a forme virali, che non prevedono l’uso di antibiotico. Il pediatra lo fa per mettersi a riparo da rischi, i genitori a volte lo esigono perché temono complicazioni.
Quali gli altri errori più comuni?
Ridurre autonomamente la durata della cura, magari da 7 giorni a 3, non appena si alleviano i sintomi. In questo modo i germi non vengono tutti uccisi e si sviluppa una resistenza al principio attivo. Altro errore è non rispettare gli intervalli prescritti e assumerli 2 volte al giorno invece di 3, causando perdita di efficacia.