Di cosa è fatto un assorbente interno? A porre la domanda una diciannovenne francese che ha lanciato una petizione – firmata da oltre 50mila persone – per chiedere ai grandi produttori, Procter & Gamble in primis, di rendere nota la composizione degli assorbenti interni. In assenza di una normativa specifica, infatti, solo pochi marchi (Natracare e Organyc, in Francia) non hanno problemi a dichiarare in etichetta questo tipo di informazioni. Gli altri, invece, tergiversano. Maud Smith, responsabile della comunicazione per Tampax e Always, i due marchi appartenenti al gruppo Procter & Gamble, intervistato dalla rivista francese 60 Millions de Consommateurs, ha dichiarato: “Le fibre assorbenti utilizzate da Tampax sono principalmente cotone, rayon (viscosa) o una miscela di cotone e rayon, e possono contenere polietilene, polipropilene e poliestere”. Peccato che non dica se le sostanze sintetiche sono utilizzate per realizzare il film che avvolge il misto di cotone-viscosa, quello a contatto diretto con la mucosa.
Tra l’altro, la sicurezza degli assorbenti interni è stata messa in discussione anche oltre oceano dove la Food and Drug Admnistration l’agenzia governativa statunitense per gli alimenti e i medicinali, ha chiesto ai produttori di assorbenti di monitorare la diossina. Secondo quanto scrive Carolyn Maloney, un membro del Congresso statunitense, sull’edizione on line del The Guardian, “molte donne in America – e nel mondo – sono preoccupate per le conseguenze che i prodotti per l’igiene femminile possono causare sulla salute e sull’ambiente se usati quotidianamente. Ma le informazioni limitate e i dati incompleti non ci permettono di sapere precisamente quali sostanze chimiche e quali impurità potrebbero essere presenti nei tamponi, o quali possano essere gli effetti a lungo termine del loro utilizzo ogni mese”.
Ad oggi i dati in possesso delle autorità sanitarie correlano la sindrome dello shock tossico all’uso costante di tamponi. La causa precisa della sindrome da shock tossico è sconosciuta, ma in quasi tutti i casi è stata associata a un’infezione dovuta a ceppi di Staphylococcus aureus, microrganismi rinvenuti nelle mucose (nasofaringe, vagina, trachea) oppure in sedi sequestrate (empiema, ascesso) e nella vagina di donne con flusso mestruale. Probabilmente le donne più esposte al rischio di sindrome da shock tossico sono quelle con una precedente colonizzazione della vagina che facciano regolare uso di tamponi.