Il caso Volkswagen svela i buchi dei controlli europei

Car on stand with sensors on wheels for wheels alignment camber check in workshop of Service station.

La cronaca della maxi frode Volkswagen registra le dimissioni di Martin Winterkorn, l’amministratore delegato della casa tedesca travolto dallo scandalo sulle emissioni inquinanti delle auto. Ma la vicenda ha toccato un nervo scoperto dei sistemi di controllo antinquinamento. Certamente quelli americani, aggirati dall’incredibile truffa della casa tedesca, ma ora si dubita anche dell’intero sistema, compreso quello dei test europei.

ADDIO AL LABORATORIO, PRESTO I TEST SU STRADA

Che i cicli di misurazione delle emissioni siano insufficienti a rilevare i dati reali non è certo una novità, tanto è vero che dal 2016 il sistema di controllo delle emissioni auto nell’Unione Europea non sarà più effettuato in laboratorio, come avviene attualmente, ma con prove su strada.

In un comunicato l’Acea (Associazione europea dei costruttori di auto) ha spiegato che in Europa “i requisiti legali in merito alle emissioni inquinanti dei veicoli a motore si riferiscono a un test effettuato in condizioni di laboratorio. Tutte le auto diesel Euro 6 sul mercato hanno ricevuto un certificato rilasciato dalle autorità di un paese membro, che conferma il rispetto dei requisiti legali. Presto la certificazione Euro 6 richiederà anche per la prima volta un test delle emissioni delle auto diesel in realistiche condizioni di guida, fatto che renderà l’Europa l’unica regione al mondo a effettuare simili test sulle automobili”.

Insomma, si corre al riparo per chiudere le falle di un sistema che non sta più in piedi. Quello che serve, adesso, è “una revisione delle norme e delle procedure europee sia per le prove di consumo, che per le omologazione in genere” ribadisce Massimiliano Dona, segretario dell’Unione nazionale dei consumatori.

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LA DIRETTIVA NON PERMETTE ULTERIORI CONTROLLI

Una nota tecnica del ministero dei Trasporti ricorda, tra l’altro, che la Direttiva comunitaria 2007/46 obbliga tutti gli Stati membri a immatricolare qualsiasi tipo di veicolo e marca che abbia un certificato valido rilasciato da un qualsiasi paese, senza ulteriori controlli preventivi. “Questo – commenta Raffaele Caracciolo, responsabile Automotive di Unc (Unione nazionale consumatori) – è il vero problema. In pratica Volkswagen ha testato le sue vetture e poi ha ricevuto dal KBA, Kraftfahrt-Bundesamt, soggetto terzo e maggiore omologatore delle auto in questione, l’ok al rispetto delle emissioni, senza che questo ente sottoponesse a verifica le vetture. Insomma ha certificato quello che il costruttore gli ha dichiarato. Quindi le auto hanno potuto essere commercializzate in Europa e in tutto il mondo senza che nessun paese abbia potuto effettuare le proprie verifiche”.

 

NESSUN PROBLEMA PER I MOTORI EURO 6

Il problema però, secondo Caracciolo, non si dovrebbe porre per i modelli Euro 6 perché  “questi, come ha dichiarato la casa costruttrice, per ottenere l’omologazione, hanno montato un motore common rail, che consente un controllo della combustione molto preciso che non rilascia residui incombusti. Sui modelli precedenti invece Volkswagen installava un sistema basato su un iniettore a pompa che non permetteva di regolare in modo efficace l’emissione di inquinante”. Anche da qui probabilmente nasceva l’esigenza di “correggere” le emissioni in eccesso.

 

Intanto il 2 ottobre prossimo presso il Tribunale di Venezia si terrà l’udienza per valutare l’ammissibilità della class action lanciata da Altroconsumo proprio contro Volkswagen sulla differenza tra consumi dichiarati e consumi reali.