All’indomani delle ammissioni choc di Martin Winterkorn, a.d. di Volkswagen, che ha confessato all’America e al mondo che la casa tedesca ha mentito sulle reali emissioni delle vetture diesel destinate al mercato statunitense, ci si chiede se lo stesso scandalo può investire l’Europa. Se un consumatore europeo, cioè, spinto all’acquisto di una certa auto anche sulla base delle emissioni dichiarate dal produttore, possa scoprire di essere stato ingannato.
Ma no, non può succedere. Il motivo ce lo spiega l’ingegnere Enrico De Vita, giornalista ed esperto di auto, che traccia una chiara linea di demarcazione tra Usa ed Europa.
“Partiamo da un fatto: negli Stati Uniti c’è un dispositivo in più, obbligatorio, sulle auto diesel, l’SCR (Selective Catalyst Reduction), un catalizzatore che riduce gli ossidi di azoto (NOx) prodotti dai gas di scarico, trasformandoli in vapore acqueo e azoto. Questo sistema non è ancora obbligatorio in Europa, dove è presente solo su alcuni modelli di punta. D’altro canto, l’ossido di azoto è un gas sostanzialmente innocuo per l’uomo. L’SCR per funzionare consuma gasolio. Quindi, l’obiettivo delle minori emissioni negli Stati Uniti si raggiunge aumentando i consumi (mentre in Europa si riducono le emissioni riducendo la potenza). Ora, cosa ha fatto la Volkswagen? Ha installato un software in grado di far funzionare normalmente il catalizzatore durante i test di omologazione e di spegnerlo durante la guida su strada. In questo modo ha potuto rilevare i valori delle emissioni solo in fase di test, assicurando poi un vantaggio in termini di consumi per gli utenti su strada”.
Insomma, il marchio automobilistico tedesco ha certamente imbrogliato e per un anno, nonostante i sospetti, ha negato il trucco.
Trucco poi svelato da un indagine di un’università americana incaricata dall’Epa, l’Agenzia americana per la protezione dell’ambiente.
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Ma tornando all’Europa, perché possiamo stare tranquilli? “Innanzitutto, come detto, l’SCR in Europa non è obbligatorio e dunque l’imbroglio, almeno in questi termini, non può ripetersi. I cicli di misurazione per verificare le emissioni inquinanti, poi, sono molto diversi e non comparabili. Il ciclo americano, simile a quello giapponese, si discosta dal ciclo europeo e dunque le emissioni dichiarate per la stessa auto in Europa e negli Stati Uniti rispondono a valutazioni diverse”.
Resta il fatto che i cicli stessi lasciano un po’ il tempo che trovano. “Si sa da tempo, ormai, che i risultati sono inattendibili perché ottenuti in condizioni irreali e perché i costruttori ricorrono a vari accorgimenti, perfettamente legali, per ottenere le misurazioni migliori. Sigillano i finestrini o usano pneumatici più gonfi del normale per diminuire gli attriti. E ora qualcuno conduce le prove su un altopiano, dove l’aria è più rarefatta”.