L’allergia alle onde elettromagnetiche è un handicap e dà diritto alla pensione di invalidità. Questa la storica sentenza del tribunale di Tolosa, in Francia, che ha riconosciuto il diritto alla pensione per una donna di 39 anni, affetta da sindrome da ipersensibilità elettromagnetica, una patologia controversa su cui non ci sono prove scientifiche definitive, e che identifica come causa di una serie di sintomi le emissioni di antenne, cellulari e wi-fi.
Il tribunale, riferisce l’associazione Robin des Toits, ha riconosciuto un deficit funzionale dell’85% alla donna, ex documentarista e drammaturga, che oggi vive isolata sulle montagne dei Pirenei, senza elettricità. La donna potrà contare su un contributo di 800 euro al mese per 3 anni, eventualmente rinnovabile.
La decisione è stata accolta con entusiasmo dalle associazioni che chiedono attenzione alla patologia. Nel 2005 l’Organizzazione mondiale della sanità ha riconosciuto che l’elettosensibilità è caratterizzata da diversi sintomi non specifici, differenti da una persona all’altra, ma che non esistono basi scientifiche che permettono di legare i sintomi all’esposizione ai campi elettromagnetici.
Ma non tutti concordano con la versione rassicurante dell’Oms. Non lo fa, per esempio, Angelo Gino Levis, professore ordinario di Mutagenesi ambientale all’Università di Padova che in un’intervista al Salvagente aveva dichiarato già diversi anni fa: “Gli studi scientifici che etichettano gli elettrosensibili come fobici, gente che si lascia condizionare, negano l’evidenza: Johansson ha recentemente dimostrato, prelevando tessuti a persone esposte a Cem, che insorgono alterazioni superficiali, arrossamento della pelle e prurito. Lo stesso esperimento è stato ripetuto su topi da laboratorio: posti davanti a un pc, hanno mostrato le stesse alterazioni da esposizione elettromagnetica. Non mi si venga a dire che i topi sono condizionabili!”