La corte Costituzionale boccia la supertassa sulle sigarette elettroniche. A leggerla così come la hanno presentata molti giornali, sembrerebbe una storia a lieto fine. Almeno per gli svapori italiani e per chi produce e.cig e liquidi per questi strumenti e li vende nel nostro paese. Peccato che le cose siano un po’ più complicate, dato che se è vero che la recente sentenza della corte Costituzionale boccia la legge 2014 nella parte che riguarda gli accessori e i liquidi senza nicotina, è anche vero che la tassa sul 2015 rimane in vigore. E nei negozi è il caos tra prodotti acquistati nel 2014 e prodotti del 2015 oltre naturalmente alla migrazione dei consumatori verso il mercato online estero dove i prodotti vengono venduti senza tassa.
Ma quali sono i motivi che hanno portato alla bocciatura del provvedimento? E qual è la storia di una tassa che sembra figlia più di confusione e interessi di parte che di un’esigenza pubblica vera? Vogliamo provare a raccontarvela.
IL BOOM DELLO SVAPO
Spesso per spiegare una vicenda complessa la si definisce un’Odissea. Questo è quello che è successo al mondo della sigaretta elettronica dal 2012 ad oggi, un’Odissea che ha visto e vede protagonisti migliaia di imprenditori, lobby, membri del governo e del parlamento e l’apparato dello Stato. Potremmo usare decine di aggettivi per raccontarla da surreale a paradossale, da demenziale a irrazionale sono solo alcuni di quelli che ci vengono in mente. Tutto nasce tra il 2011 e il 2012, esplode il boom della e.cig, le ragioni nascono dalla necessità di risparmiare e dal bisogno di abbandonare la schiavitù della sigaretta tradizionale per vivere una vita più salutare. Nascono come funghi migliaia di negozi specializzati, catene di franchising, aziende di produzione di liquidi, purtroppo in modo incontrollato, il caos, negozi a pochi metri l’uno dall’altro, prodotti venduti da parucchieri, gommisti, etc. etc. Un caos che spinge più di un protagonista del settore a chiedere una seria regolamentazione. Con il boom cominciano anche gli attacchi di chi vede la diffusione del prodotto come un pericolo, entrano in campo le lobby del farmaco (le stesse che vendono i medicinali per chi si ammala di tumore da fumo che quelli per smettere di fumare), dei farmacisti e ovviamente i tabaccai che vedono ridursi quote di mercato.
FACCIAMO GETTITO
Il governo Letta deve scongiurare l’aumento Iva e presentare all’Europa conti a posto per consentire all’Italia di rientrare nel rapporto deficit Pil sotto il 3%.
Bene! Tassiamo anche le e.cig, pensano subito.
E così l’esecutivo incarica l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, AAMS, di scrivere e presentare una legge che permetta un certo gettito. AAMS ovviamente “esperta del settore” si “inventa”, grazie all’apporto dei tecnici del ministero del Tesoro, un modello di tassazione simile a quello che regola il tabacco, copia e incolla il Testo unico sui tabacchi apportando le dovute modifiche, dichiara i liquidi “succedanei del tabacco” e include tutto ciò che ne permette l’uso (batterie, carica batterie, etc), istituisce l’obbligo per chi commercializza questi prodotti di diventare deposito fiscale e spara le stesse imposte che contraddistinguono le sigarette tradizionali, 58.5% al consumo.
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Alla fine di giugno 2013 viene presentato il dlgs 76 poi convertito in legge (99/2013). Il governo preventiva 117 milioni di gettito
. Qui parte una vera e propria battaglia per il diritto, fatta di manifestazioni, scioperi della fame, presentazione di emendamenti e ordini del giorno, di coinvolgimento trasversale di soggetti politici e sopratutto ricorsi al TAR del Lazio e al consiglio di Stato.
Il TAR si pronuncia e con un linguaggio sorprendentemente chiaro, dichiara irragionevole la legge, sottolinea con forza chiari elementi di incostituzionalità e invia alla Consulta il fascicolo. La decisione viene interpretata dal settore come una sospensione e in pochi si assoggettano alla legge creando a tutti gli effetti un mercato libero. La conseguenza è che dei 117 milioni previsti lo stato incassa 7.320 euro. Nel frattempo chiudono migliaia di esercizi, aziende di distribuzione e produzione, si generano migliaia di disoccupati.
LA SVOLTA “EQUA”
A questo punto il governo, rendendosi conto dell’errore fatto e preoccupato del giudizio della corte Costituzionale, decide di modificare la legge attraverso la delega fiscale. Il titolo è promettente “Delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita”. Ma come troppo spesso accade in politica tradurre in fatti le belle parole è come cercare il punto di partenza e arrivo di una linea retta.
Per rendere il sistema “fiscalmente più equo e orientato alla crescita” ci si inventa un sistema contorto chiamato equivalenza, che consiste nel calcolare a quante sigarette corrisponde un millilitro di liquido da inalazione, come fossero la stessa cosa. Su questa base l’AAMS determina l’imposta attraverso delle misurazioni con una smoking machine acquistata appositamente con i soldi dei contribuenti.
I risultati sono tali da uccidere definitivamente il settore, AAMS delibera un’imposizione del 300% in più rispetto al prezzo di vendita del prodotto e qui ricomincia la battaglia.
SI MUOVE LA PHILIP MORRIS
Nel decreto tabacchi, oltre a porre rimedio all’assurda tassa sulla sigaretta elettronica, il governo è chiamato anche a regolamentare fiscalmente un nuovo innovativo prodotto a tabacco riscaldato commercializzato e prodotto dalla multinazionale Philip Morris.
Il risultato porta a una paradossale e sospetta differenza di trattamento tra i due prodotti. Pur senza scendere nei particolari dei calcoli che hanno guidato la determinazione dell’imposta basti il risultato a far riflettere: 3,75 euro + iva x 10 ml di prodotto dei liquidi per e.cig e un trattamento di favore al prodotto della multinazionale che alla presenza di Renzi aveva inaugurato in pompa magna lo stabilimento di produzione italiano. Nuove battaglie, nuovi ricorsi, fino all’ultima pronuncia che di certo non sgombra il campo dai tanti, troppi sospetti. Ma per lo meno fa ben sperare.