Per i ragazzi che riprendono il corso della loro vita da studenti, è questo un periodo abbastanza caldo, non solo perché gli insegnamenti universitari riprendono a marciare, ma anche perché, dal punto di vista economico, è il periodo chiave nel quale vanno a definirsi le rette di frequenza che le famiglie dovranno pagare nel corso dell’anno accademico. Il metro per stabilirle, in relazione al nucleo di cui si fa parte, è ovviamente l’Isee, un terreno non sempre agevole sul quale è facile cadere in confusione, in particolare quando lo studente, vuoi perché coniugato, vuoi perché fuori sede, non abita più coi genitori. Ecco perché in ambito universitario la domanda dell’Isee potrebbe rivelarsi un po’ più complicata del normale.
Come individuare il nucleo familiare
Cerchiamo allora di capire dov’è che potrebbero sorgere le maggiori difficoltà. Ovviamente, la classica situazione dello studente che convive con entrambi i genitori e rientra quindi nel loro nucleo, non dà adito a dubbi: l’Isee sarà calcolato sulla base del nucleo formato dal ragazzo più i familiari. Detto questo, bisogna comunque partire da una premessa. Col decreto legge del Reddito di Cittadinanza, (Dl 4/2019, convertito dalla legge 26/2019), il legislatore ha infatti introdotto alcune importanti novità in tema di Isee, e per l’esattezza sulle regole che disciplinano la composizione del nucleo familiare. Regole, appunto, che non si limitano alla sola trafila per chiedere il RdC, ma che hanno una loro influenza in senso più ampio, quindi sul calcolo dell’Isee in generale e di conseguenza, in alcuni casi, anche sul calcolo dell’Isee universitario.
Ora non c’è più il nucleo disgiunto
La prima modifica è sul tramonto della possibilità di chiedere il nucleo disgiunto, cosa che prima sarebbe stato possibile in quelle situazioni in cui si convive effettivamente con qualcuno, ma senza avere legami personali di parentela o affettivi. Stabilisce infatti il decreto RdC che “i componenti già facenti parte di un nucleo familiare come definito ai fini dell’Isee, o del medesimo nucleo come definito ai fini anagrafici, continuano a farne parte ai fini dell’Isee anche a seguito di variazioni anagrafiche, qualora continuino a risiedere nella medesima abitazione”. È il caso appunto (fra gli altri) degli studenti fuori sede, che spesso si ritrovano a convivere in 3 o 4 nella stessa abitazione. Se prima, quindi, sarebbe stato possibile per uno studente fuori sede, convivente con altri colleghi nella città dell’ateneo frequentato, richiedere in Comune la disgiunzione dello stato di famiglia rispetto al nucleo composto con gli altri studenti, per oggettiva mancanza di vincoli affettivi/parentali, ciò adesso non sarà più possibile visto che ai fini Isee il nucleo sarà comunque composto dallo studente stesso più le altre persone con lui/lei residenti.
Chi ha figli maggiorenni non conviventi
Altra novità, stavolta, è proprio specifica sui figli maggiorenni non conviventi. Stabilisce infatti il decreto che “il figlio maggiorenne non convivente con i genitori fa parte del nucleo familiare dei genitori esclusivamente quando è di età inferiore a 26 anni, è nella condizione di essere a loro carico a fini Irpef, non è coniugato e non ha figli”. Quindi in soldoni: se hai meno di 26 anni, non ti sei fatto un’altra famiglia e sei fiscalmente a carico dei tuoi, anche se vivi dall’altra parte del mondo sei comunque ricondotto nel loro nucleo, mentre prima il solo fatto di essere maggiorenne e a carico fiscale dei genitori avrebbe determinato, a prescindere dall’età – superiore o inferiore ai 26 anni – l’attrazione nel nucleo genitoriale.
Quando c’è “autonomia” dal nucleo originario
Queste dunque le modifiche sostanziali all’impianto Isee, che vanno indubbiamente a incidere anche sulla richiesta dell’indicatore a fini universitari. Oltretutto, in tema di studenti universitari non conviventi coi genitori, va anche considerato l’ambito preesistente di regole che già prevedeva i “famosi” requisiti di autonomia rispetto al nucleo d’origine. Chiaramente, laddove sussistano le condizioni che abbiamo appena spiegato di carico fiscale in un’età fino a 26 anni il problema dell’autonomia non si pone. Il dubbio invece inizia a sorgere nel caso di quei ragazzi con residenza autonoma rispetto ai genitori e che al tempo stesso studiano e lavorano, quindi con un certo margine di indipendenza economica. È per questi ultimi, quindi, che andrà valutato l’aspetto dell’autonomia al di fuori del nucleo d’origine.
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Premessa: ai fini Isee il concetto di autonomia presenta dei paletti ben precisi. Non basta, dunque, che uno studente lavori e viva da solo per essere definito autonomo. In tal senso occorrerà quindi valutare la situazione un po’ più a fondo. Per l’esattezza sono due i requisiti (non alternativi ma coesistenti) che costituiscono l’autonomia dello studente dal nucleo di origine, uno logistico, l’altro economico. Ovvero:
- lo studente deve risultare residente fuori dall’unità abitativa della famiglia di origine da almeno due anni rispetto alla data di presentazione della domanda di iscrizione per la prima volta a ciascun corso di studi, in alloggio non di proprietà di un suo membro;
- lo studente deve presentare un’adeguata capacità di reddito, vale a dire una soglia di reddito annua pari almeno a 6.500 euro, come previsto dall’articolo 5 del DPCM 9 aprile 2001.
Se lo studente è sposato
Tali requisiti, per altro, potrebbero “intrecciarsi” con la condizione dell’eventuale coniuge dello studente. Ovvero, mentre nel caso di uno studente che vive da solo il requisito dell’autonomia dev’essere verificato in riferimento alla sua specifica situazione, nel caso invece di studenti coniugati che fanno parte di nuclei a sé stanti i requisiti dovranno essere verificati non più in funzione del singolo studente ma tenendo anche conto del coniuge.
In termini pratici, entrambi i coniugi dovranno risultare residenti fuori dalle unità abitative delle singole famiglie di origine da almeno due anni rispetto alla data di presentazione della domanda di iscrizione all’università, e oltretutto dovranno risiedere in un alloggio che non sia di proprietà di un membro appartenente alle stesse famiglie di origine.
Quanto invece all’adeguata capacità di reddito, originariamente la ratio della norma riferiva la soglia dei 6.500 euro “ad un nucleo familiare di una sola persona”; viceversa, coi successivi chiarimenti dell’Inps e del ministero del Lavoro è stato disposto che nel caso di uno studente fiscalmente a carico del coniuge, o comunque provvisto di un reddito inferiore a 6.500 euro, l’autonomia può comunque sussistere se il medesimo coniuge dispone di un reddito pari almeno a 6.500 euro annui. Resta infine inteso che il ragionamento ha valore esclusivamente per le coppie sposate, non per quelle conviventi.