
Più nicotina, maggior monossido di carbonio e catrame. Le sigarette prodotte per il mercato africano da big tobacco sono più nocive e la strategia dei produttori è quello di conquistare al consumo delle “bionde” mercati giovani come quelli dell’Africa.
A sostenere l’accusa una dettagliata inchiesta della giornalista svizzera Marie Maurisse e i risultati di laboratorio pubblicati dalla Ong elvetica Public Eye che inchiodano alle proprie responsabilità Philips Morris, American British Tobacco, Japan Tobacco.

“L’Africa – scrive l’autrice – è un bacino vivente di futuri fumatori. È il continente dove il mercato esploderà da qui al 2025 secondo l’Oms. Sarà la zona del mondo dove si fumerà di più. Ed è per questo che per i produttori è fondamentale conquistare fumatori sin dalla più giovane età in questi paesi”. Maurisse cita l’esempio del Congo, dove in meno di 10 anni si è passati dal 13 al 43% di fumatori, molti dei quali risultano avere meno di 15 anni.
Interpellata dalla Radiotelevisione svizzera, Philip Morris respinge le accuse: “Tutti i nostri prodotti sono creati per rispondere alle preferenze dei consumatori adulti e i loro gusti nei diversi paesi, tenendo conto delle regole applicate in questi paesi.”










