Quella del triclosan è una storia paradossale. All’inizio utilizzata per prevenire le infezioni ospedaliere, la molecola è finita per essere accusata di rendere quelle stesse infezioni resistenti agli antibiotici. Il triclosan, infatti, si è diffuso negli anni 60 per combattere e prevenire la diffusione dei microrganismi all’interno dei nosocomi. In un secondo momento, poi, è stato inserito nelle formulazioni di molti cosmetici per l’igiene quotidiana della persona.
Il problema, e non di poco conto è che da allora non è stata ancora dimostrata scientificamente la sicurezza a lungo termine di un uso giornaliero di questa sostanza, né ci sono prove che i saponi che contengono il triclosan siano così efficaci, soprattutto perché questi prodotti vengono subito risciacquati e non c’è il tempo materiale affinché si sviluppi una vera attività antibatterica. Non solo.
Anno dopo anno la ricerca scientifica in questo campo è andata avanti e oltre alle conclusioni dell’Agenzia americana, più di recente uno studio su modelli animali firmato dai ricercatori dell’Università del Massachusetts Amherst (UMass) guidati da Guodong Zhang, ha gettato nuove ombre sul famoso antimicrobico. Dalla ricerca – pubblicata sulla rivista Science Translational Medicine – è emerso che il triclosan è accusato di alterare il microbiota. Spiega Zhang al Salvagente: “Questi risultati per la prima volta, suggeriscono che il triclosan potrebbe avere effetti negativi sulla salute dell’intestino”.
Professore, quali sono i risultati dello studio?
Abbiamo dimostrato che il triclosan, che è un antimicrobico ampiamente utilizzato nella nostra vita quotidiana, è responsabile dell’infiammazione del colon e la correlata tumorigenesi del colon in modelli animali. Questo effetto può essere collegato al microbioma intestinale. Inoltre, abbiamo scoperto che il recettore Toll-like 4 (TLR4), un mediatore importante tra il microbiota e il sistema immunitario, è fondamentale per l’effetto del triclosan.
Nessun studio precedente aveva raggiunto le stesse conclusioni?
No.
Nella ricerca si parla di “basse dosi”. Può darci un’idea della loro entità?
La dose che abbiamo utilizzato nell’esperimento sugli animali (10-80 ppm nella dieta) è la più bassa, o tra le più basse, nelle letterature segnalate di tossicologia triclosan utilizzando modelli animali. Inoltre, la concentrazione di triclosan nel plasma di topo era paragonabile alle concentrazioni riportate nel plasma di volontari umani esposti. Va specificato che l’esposizione umana dura per anni mentre il nostro esperimento dura solo diverse settimane.
Dunque, dal punto di vista delle dosi l’allarme è serio. Come avete condotto lo studio?
Utilizzando un modello di colite del topo indotto da sostanze chimiche o un modello di topo geneticamente modificato che sviluppa una malattia infiammatoria intestinale spontanea e modelli murini (un topo di laboratorio, ndr) di cancro del colon indotti da sostanze chimiche. Per lo studio del meccanismo, sono stati utilizzati anche modelli di topo privi di germi in cui non sono presenti microbiomi intestinali e topi carenti di TLR4.
Cosa suggerisce lo studio?
Che vi è un’urgente necessità di valutare ulteriormente l’impatto dell’esposizione al triclosan sulla salute dell’intestino e aggiornare le politiche regolatorie di questo antimicrobico.
Perché alcune aziende non possono fare a meno del triclosan?
Probabilmente perché contano su alcuni effetti benefici del triclosan, ma l’effetto negativo del triclosan non può essere ignorato.
Esistono alternative?
Sì, ci sono molti altri antimicrobici utilizzati nei prodotti di consumo. Ne abbiamo testati diversi e abbiamo scoperto che alcuni non avevano alcun effetto sull’infiammazione del colon nei topi.
Quanto è diffuso il triclosan negli Stati Uniti?
Il triclosan è utilizzato in più di 2mila prodotti di consumo. Milioni di chili di questo antimicrobico vengono utilizzati ogni anno nel mercato degli Stati Uniti. A causa del diffuso utilizzo, ha portato a una forte contaminazione ambientale. Non è un caso che sia elencato tra i primi 10 inquinanti trovati nei fiumi degli Usa.