Che cosa serve per essere felici? Amare la terra, avere tempo per i propri affetti, la famiglia, gli amici, per coltivare i propri interessi, perché così si è liberi: “Chi vive solo per essere ricco è condannato”.
Acqua e terra: tutto parte da questi due elementi, per Pepe Mujica, ex presidente dell’Uruguay. Perché la salute dell’acqua e della terra è la salute del mondo: “Noi dobbiamo lottare per la sopravvivenza del mondo, questi sono il canto e la grazia supremi, non dobbiamo coltivare odio, ma amore e speranza nell’avvenire, e per la loro salvezza bisogna lottare e rialzarsi quando si cade – il suo monito dell’ex presidente che ha scelto di vivere una vita modesta – Questa lotta, infine, la lotta di ogni cittadino del mondo, è ciò che può dare la felicità, che non risiede nell’essere ricchi”.
I consumatori non siano stupidi
Non si tratta di un’apologia della povertà, e Pepe Mujica lo ha ribadito più volte durante l’incontro con la città di Bologna, dove è arrivato con gli autori del libro Una pecora nera al potere (Ernesto Tulbovitz e Andrés Danza), invitato a Fico, la Fabbrica italiana contadina inaugurata neanche un anno fa, a parlare della “sua” agricoltura sostenibile: lo ha fatto in un luogo controverso per il capoluogo emiliano, diviso tra chi lo ha salutato con entusiasmo e chi lo osserva come un’operazione poco etica che contrasterebbe, oltre tutto, con la vita e la filosofia politica di un uomo come Mujica.
Ma l’ex presidente dell’Uruguay, con un passato di lotta e di speranza che è ancora il sale della sua vita, ha molte cose da dire a tutti, ai campesinos “che sono i miei compagni”, ai giovani e ogni essere umano: “Non tutti i cittadini possono essere produttori, è evidente, ma non devono essere stupidi e devono sapere che la qualità di ciò che si mangia arriva dai piccoli produttori e non dalle grandi compagnie”.
Non facciamoci prendere in giro dal marketing
È un cerchio in cui tutto si tiene insieme, il ragionamento di quest’uomo di 83 anni portavoce di una politica vissuta come essenza della vita stessa. E che lancia un monito importante: “Ce ne andremo da questo mondo così come siamo arrivati e dobbiamo lottare perché sopravviva: è ovvio che non è possibile pensare a una vita senza lavoro, perché riceviamo molto e altrettanto dobbiamo dare, ma se ci concentriamo solo su quello per arricchirci – pensando così di essere felici – e facendoci prendere in giro dal marketing, andremo incontro a dei pericoli. Mai come oggi siamo stati tanto tecnologici e mai come oggi siamo pericolosi: la mia generazione ha vissuto con il terrore di una guerra nucleare, ma le nuove generazioni vanno incontro a un olocausto dell’ecologia, se non si cambia rotta”.
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La direzione è già indicata per Mujica: “Kyoto 30 anni fa ci aveva indicato cosa avremmo dovuto fare e non lo abbiamo fatto: adesso dobbiamo recuperare”. La politica deve farlo.
L’ex presidente dell’Uruguay ripercorre la storia del mondo, fin dalle origini mentre costruisce il suo pensiero e ricorda che le ricerche e le scoperte degli uomini preistorici dimostrano che l’alimentazione era fondamentale per lo stato di salute delle persone, e la sua varietà era ed è una caratteristica fondamentale. “Le ossa grandi ritrovate nei cimiteri inca ci dicono che mangiavano bene e la stessa cosa accadeva agli africani prima dell’arrivo dell’uomo bianco”. Questo perché nel proprio luogo stanno gli alimenti migliori per il nostro benessere. “Gli indù sono stati preservati dal non aver mangiato mai le mucche perché se lo avessero fatto si sarebbero privati di quel latte che per loro era vitale”. Così si è sviluppata la civiltà, “dagli odori della cucina”. “La contabilità nella civiltà della Mesopotamia è emersa dall’esigenza di quantificare ciò che si produceva”, un altro esempio. E questi insegnamenti l’uomo li ha compresi grazie al suo essere “gregario”, al suo essere capace di cooperare, perché la cooperazione permette la gestione dei conflitti.
Ascoltiamo la scienza non l’industria
È un elogio dell’agricoltura locale quello che Mujica compie di fronte ad una platea di un migliaio di persone, quelle che la sala bolognese era in grado di ospitare (e quasi altrettante lo ascoltavano fuori dalla sala, attravero i video. E ciò non significa attuare politiche che riportino indietro all’agricoltura “dei nonni”, ma ad un’agricoltura sostenibile, appunto. “Esistono erbicidi che non si chiamano glifosato e abbiamo il dovere di usarli perché noi dobbiamo lottare per la natura e non contro la natura”, l’appello dell’ex presidente dell’Uruguay che ben sa cosa significhi l’uso smodato del diserbante più tristemente noto al mondo per la sua pericolosità e su cui la Ue sta dibattendo in questi anni. “La politica deve ascoltare la ricerca che si muove in questa direzione e non quella fatta delle grandi industrie internazionali”.
Incremento demografico e cambiamento climatico sono dietro l’angolo. Oggi il mondo conta sei miliardi di persone ma presto saremo 9 miliardi (9 miliardi e 750 milioni è la proiezione fatta per il 2050) e “non si può chiedere al pianeta ciò che non può dare perché non è infinito”. E non si può neanche pensare di consumare e sprecare “come fa il Nord America oggi”, perché sennò accadrà che solo una minoranza potrà alimentarsi”. E solo una minoranza avrà una speranza di essere felice.