La Cassazione torna ancora una volta sulla questione dell’obbligo di comunicare i dati di chi era alla guida al momento dell’infrazione.
Con la sentenza n. 19486/18 del 23 luglio scorso, i giudici fanno chiarezza in particolare per l’ipotesi in cui l’auto sia affidata stabilmente ad un soggetto diverso dal proprietario: se il veicolo è concesso in affidamento – dicono i giudici – chi lo utilizza abitualmente non può giustificarsi affermando che non ricorda chi fosse alla guida per evitare il taglio dei punti dalla patente.
Questa possibilità è data solo al proprietario del veicolo: questi è l’unico che può dire di non sapere chi fosse l’effettivo conducente (giustificando però “l’amnesia” con validi motivi che il giudice valuterà caso per caso); ed è l’unico che può anche decidere di non comunicare affatto alcun dato e, quindi, pagare una seconda multa (dovuta, appunto, per l’omissione dell’obbligo di comunicazione), trasformando così la decurtazione dei punti in una sanzione pecuniaria.
L’affidatario, invece, non ha tali facoltà: o si auto-denuncia o indica i dati di chi era effettivamente alla guida. E soprattutto non può giustificarsi dicendo di “non ricordare”.
Il caso giunto all’attenzione della suprema Corte coinvolgeva una zia che, da tempo, aveva dato la propria auto in uso alla nipote. La signora si è vista decurtare 10 punti della patente e ha fatto ricorso, dando così modo ai giudici di chiarire quali sono gli obblighi di legge in un caso come questo.
L’OBBLIGO DELLA COMUNICAZIONE
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Ricordiamo cosa prevede il Codice della Strada: se non è possibile contestare immediatamente l’infrazione (ad esempio per superamento dei limiti di velocità o per passaggio con il rosso), la multa arriverà a casa del proprietario del veicolo. E se, oltre alla sanzione principale, è prevista quella accessoria della decurtazione dei punti, il proprietario del veicolo deve fornirne all’organo di polizia, entro 60 giorni dalla data di notifica del verbale di contestazione, i dati di chi era effettivamente alla guida al momento della violazione.
Se non lo fa, i punti non gli verranno tolti (l’identità del trasgressore rimane infatti incerta) ma dovrà pagare un’ulteriore multa, piuttosto salata (da 282 a 1.142 euro).
I DATI VANNO FORNITI ANCHE SE SI FA RICORSO
Infine, ricordiamo che l’obbligo di comunicazione sussiste anche se il proprietario del veicolo è egli stesso “l’effettivo conducente”, se ha pagato la multa o se ha proposto ricorso contro di questa. Quest’ultimo punto è stato ribadito dalla Corte di cassazione con un’altra sentenza, la n. 18027/2018, depositata il 9 luglio.
Il chiarimento si è reso necessario dopo che il ministero dell’Interno, con la circolare del 29 aprile 2011, aveva stabilito che chi fa ricorso contro una multa non deve comunicare i dati del conducente prima della fine del giudizio. Dopo anni di incertezza, la Cassazione disattende quindi la circolare ministeriale e afferma che i 60 giorni utili per comunicare i dati del conducente decorrono dalla data di notifica del verbale principale e non dalla definizione dell’eventuale procedimento di opposizione dell’infrazione.