A Bruxelles un pesce su tre tra quelli serviti in sushi bar e ristoranti della città, nonché nelle mense delle istituzioni europee, non è quello ordinato. Il più “falsificato” è il tonno rosso (nel 95% dei casi è rimpiazzato da specie tropicali meno costose), poi merluzzo (13%, sostituito da altre specie) e sogliola (11%, sostituito con il più economico pangasio). Il test è stato condotto nella capitale belga dall’associazione ambientalista Oceana che ha raccolto 280 campioni (217 dai ristoranti, 42 da mense UE e 21 da sushi bar) e li ha sottoposti all’analisi del DNA presso l’Università di Lovanio. Si tratta – precisa l’Associazione – di una vera e propria frode a danno dei consumatori dettata da ragioni puramente economiche: gli esercizi commerciali, infatti, si assicurano un ottimo guadagno economico vendendo come pesce pregiato specie a buon mercato.
La Commissione Ue vuole vederci chiaro
Il report è finito sul tavolo della Commissione europea che ha già autonomamente richiesto ai 28 stati membri controlli a campione sul cosiddetto “pesce bianco” (senza cioè pesci come il tonno), basati sul Dna secondo la procedura stabilità all’epoca dello scandalo sulla carne di cavallo, ed i risultati saranno resi noti entro la fine del mese. Secondo quanto il Secolo XIX apprende da fonti europee, sono stati analizzati «oltre tremila campioni sull’intera catena alimentare», ovvero alle frontiere, nelle industrie di lavorazione, tra grossisti e distributori fino alle cucine della ristorazione di massa, ed i risultati preliminari sarebbero “molto meno allarmanti del rapporto” di Oceana, con percentuali di etichettatura infedele «attorno al 10%».
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