Nel frattempo che si formi un governo e si conosca il destino del reddito di cittadinanza promesso dal Movimento 5 stelle, gli italiano possono usufruire del reddito di inclusione introdotto dal governo Gentiloni. Peccato che a cercare informazioni sui siti istituzionali si rischia di uscirne più confusi di prima. Il sito internet dell’Inps, l’ente che eroga il contributo mensile per chi ne ha diritto, infatti, riporta cifre e parametri diversi da quello del ministero del Lavoro e delle politiche sociali.
Il confronto
Nella pagina dedicata al Rei sul sito dell’Istituto nazionale per la previdenza sociale, infatti l’entità del contributo mensile per le famiglie 5 o più componenti è di 490,75, ed è lo scaglione più alto. Basta controllare l’analogo spazio nel sito del ministero del Lavoro per vedere che per le famiglie con 5 componenti l’assegno mensile è di 534,37 euro, mentre c’è uno scaglione successivo: 539,82 euro per i nuclei di 6 o più componenti. Una differenza tra Inps e Ministero del lavoro di 523.44 euro l’anno per le famiglie di 5 persone e di 588.84 per quelle con 6 e più componenti.
Non è l’unica differenza. Nella pagina Inps c’è scritto: “L’importo è soggetto a un tetto massimo di erogazione, in quanto non può essere superiore all’ammontare annuo dell’assegno sociale, di cui all’art. 3, co. 6, legge 8 agosto 1995, n. 335 (pari, per il 2018, a 5.889 euro annui)”. Lo stesso tetto massimo è diverso nella pagina del ministero del Lavoro: 6.477,90 euro all’anno. Differenze non di poco che mandano il cittadino alla ricerca di informazioni in tilt. Quale dei due siti ha ragione? La risposta si trova nella data di aggiornamento differente: quella dell’Inps si ferma al 15 febbraio scorso, mentre quella del ministero del Lavoro fa riferimento alla Circolare INPS n. 57 del 28 marzo 2018 sulle modifiche al Rei introdotte dalla Legge 27 dicembre 2017. Insomma, le cifre giusto sono quelle riportate dal ministero. risolto l’arcano, ma se l’ente preposto ad erogare il contributo Rei riporta i numeri sballati sul proprio sito, c’è da chiedersi come verrebbe gestito uno strumento ben più complesso ed esteso come il reddito di cittadinanza.
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