Pane fresco oppure congelato, riscaldato e venduto come fresco? Il problema non si porrà più e chi acquista il pane leggerà in etichetta come e quando è stato prodotto.
Lo impone la proposta di legge presentata alla Camera dei deputati, una norma che per la prima volta definisce i concetti di “pane fresco”, “pane conservato” e “panificio”. La norma è stata fortemente voluta per bloccare i tanti casi di truffe accertate in cui il consumatore veniva tratto in inganno circa la provenienza, la modalità e i tempi di preparazione del pane. Truffe facilitate dal vuoto normativo che la proposta di legge mira adesso a colmare per distinguere, senza più spazi grigi, tra pane fresco prodotto artigianalmente e pane prodotto con semilavorati (cioè industrialmente).
Tanto per essere chiari, la proposta stabilisce che «è fatto divieto di utilizzare la denominazione di “pane fresco” per il pane destinato ad essere posto in vendita il giorno successivo a quello in cui è stato completato il processo produttivo, indipendentemente dalle modalità di conservazione adottate». E il divieto vale anche «per il pane posto in vendita successivamente al completamento della cottura di pane precotto e per il pane ottenuto dalla cottura di prodotti intermedi, comunque conservati». E se si tratta di pane surgelato l’etichetta dovrà indicarlo esplicitamente.
La normativa definisce anche il «forno di qualità», riservando tale dicitura solo a chi produce e commercializza pane fresco e ha ottenuto una specifica certificazione rilasciata da un ente accreditato. Infine, la denominazione di «pane fresco tradizionale di alta qualità», spetterà non solo al pane Dop e Igp, ma anche alle specialità regionali.
Non conosci il Salvagente? Scarica GRATIS il numero con l'inchiesta sull'olio extravergine cliccando sul pulsante qui in basso e scopri cosa significa avere accesso a un’informazione davvero libera e indipendente