Il prezzo resta lo stesso ma la bottiglia dell’Evian si rimpiccolisce, il peso del Toblerone si riduce, il contenuto, i tubetti di dentifricio che scendono da 100 ml a 75, il barattolo della marmellata si “mette a dieta”. Gli inglesi ne hanno fatto le spese dopo la Brexit (la sterlina si è svalutata e le aziende alimentari hanno “recuperato” i margini aumentando il prezzo unitario), ribattezzando il fenomeno con il nome shrikflation, ottenuto dall’unione di shrinkage (contrazione) e inflation (inflazione).
Un vero e proprio inganno a danno dei consumatori che pagano un pacchetto dove ci sono 9 fazzoletti, e non più 10, allo stesso prezzo di prima: una pratica truffaldina più volte denunciata dal Salvagente che ora viene confermata dall’Istat.
Ecco dove aumenta il costo unitario
“Il fenomeno – ha spiega all’Adnkronos Federico Polidoro, responsabile delle statistiche sui prezzi al consumo dell’Istat– sembra poter avere un impatto trascurabile sulla stima dell’inflazione generale ma rilevante per alcune classi di prodotti. E comunque l’Istat lo intercetta ed evita che influenzi la misura dell’inflazione”. In Italia, secondo le rilevazioni Istat, la pratica di rimpicciolire le confezioni, senza ridurre i prezzi, viene applicata soprattutto su alcuni prodotti come: zuccheri, confetture, miele, cioccolato e dolciumi. Dal gennaio del 2012 ad agosto del 2017 i rilevatori comunali, oltre a registrare il prezzo di un determinato prodotto, come di consueto, hanno controllato anche la quantità venduta. Su un totale di 604.487 quotazioni rilevate 1.405 hanno registrato un cambio di quantità. Nell’83% degli oltre 700 casi nei quali il peso è diminuito, si è registrato un aumento del costo relativo, e solo nel 17% dei casi la riduzione della quantità offerta è stata accompagnata dalla riduzione del prezzo.
Inflazione sottostimata
L’Istituto nazionale di statistica mette in evidenza anche un altro effetto collaterale della shrikflation: “La pratica di ridurre il confezionamento dei prodotti venduti al dettaglio senza una proporzionale riduzione del prezzo da parte delle imprese produttrici o distributrici – ha concluso Polidoro all’Adnkronos – può produrre effetti di sottostima dell’inflazione, che l’Istat scongiura grazie a un monitoraggio attento del fenomeno, la cui entità appare comunque limitata e la cui quantificazione esatta sarà oggetto delle future analisi”.