Influencer di moda e cibo, indagine europea: il 67% dei post non dichiara collaborazione con i brand

Il Beuc, insieme ad associazioni dei consumatori di 12 paesi europei, ha monitorato 650 post e video pubblicati su TikTok, Instagram, YouTube e Snapchat. Il risultato è allarmante: nel settore alimentare, il 67% dei contenuti analizzati non indicava in modo chiaro l’esistenza di una collaborazione commerciale con il brand

Il video che mi appare sullo smartphone e che mi consiglia di comprare un prodotto è vero o nasconde una pubblicità mascherata? È la domanda che ci poniamo tutti ogni volta che sui nostri account social vediamo un contenuto video in cui c’è una persona vestita in un certo modo o che sta mangiando un particolare prodotto o che sta acquistando qualcosa. È il mondo degli influencer che, troppo spesso, utilizzano contenuti emozionali come leva commerciale per colpire il target di riferimento, che sono quasi sempre bambini e adolescenti. E lo fanno senza dichiarare la collaborazione con il brand, come emerge da un’indagine del Beuc, l’Organizzazione europea dei consumatori che, insieme a 14 associazioni di 12 paesi diversi, ha monitorato tra marzo e settembre 2025 circa 650 post e video pubblicati su TikTok, Instagram, YouTube e Snapchat. Il risultato è allarmante: nel settore alimentare, il 67% dei contenuti analizzati non indicava in modo chiaro l’esistenza di una collaborazione commerciale con il brand.

Pubblicità invisibile, ma molto efficace sui giovani

Il marketing degli influencer non è una novità, ma l’analisi evidenzia come ormai abbia superato il livello di guardia. Non solo perché è ovunque – dai video “haul” di fast fashion ai codici sconto per bevande zuccherate – ma perché utilizza tecniche persuasive particolarmente efficaci sui più giovani: sfide, giochi, contenuti effimeri che spariscono dopo poche ore e che alimentano la “fear of missing out”, la paura di restare esclusi.

E, come emerge da una precedente indagine effettuata dal Beuc nel 2023, il problema non è solo la mancanza di trasparenza, ma l’impatto concreto sui comportamenti: oltre la metà (53%) di quelli che incontrano influencer che promuovono prodotti sul web, finisce per acquistare ciò che viene pubblicizzato.

Bevande e alimenti poco sani: pericolo per i più piccoli

Particolarmente critica è la promozione di alimenti e bevande poco salutari, che vanno a colpire spesso un target di giovanissimi e bambini in un contesto già segnato da un’emergenza sanitaria: in Europa un bambino su tre è in sovrappeso o obeso. Secondo le associazioni dei consumatori, l’autoregolamentazione dell’industria si è dimostrata inefficace nel proteggere i minori da questo tipo di messaggi commerciali.

“Il marketing degli influencer è come il canto di una sirena: troppo difficile da ignorare per bambini e adolescenti – avverte Agustín Reyna, direttore generale di Beuc – La promozione a pagamento è spesso criptica, quando non del tutto assente. È arrivato il momento di imporre regole chiare”.

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Anche perché le regole (le poche che ci sono) non vengono applicate. Secondo il Beuc, l’attuale quadro normativo europeo non è adeguato a fronteggiare un fenomeno che corre più veloce delle leggi. Per questo le associazioni chiedono all’Unione europea un intervento deciso, a partire dal prossimo Digital Fairness Act.

Tra le proposte sul tavolo:

  • vietare il marketing degli influencer per prodotti a rischio, come il cibo poco sano rivolto ai bambini;

  • definire in modo chiaro cosa si intende per “influencer marketing” nella direttiva sulle pratiche commerciali sleali;

  • introdurre standard europei armonizzati per la segnalazione delle collaborazioni commerciali;

  • prevedere una responsabilità condivisa tra influencer, brand e piattaforme in caso di violazioni.

Negli ultimi anni il Beuc ha già avviato diverse azioni di enforcement contro grandi aziende e piattaforme: dall’uso di dark patterns da parte di Shein, alla promozione ingannevole di criptovalute, fino alle violazioni dei diritti dei minori da parte di TikTok. Segno che il problema non riguarda solo chi mette la faccia nei video, ma l’intero ecosistema digitale che li rende possibili – e profittevoli.

Per i consumatori, e soprattutto per i più giovani, la posta in gioco è alta: sapere quando un contenuto è pubblicità non è un dettaglio, ma una condizione essenziale per poter scegliere in modo consapevole. E oggi, tra like, filtri e codici sconto, questa consapevolezza rischia di perdersi nel feed.