
Accuse pesanti dal nuovo report di Foodwatch al marchio Msc che certifica (o meglio dovrebbe certificare) la sostenibilità delle scatolette di tonno: non esclude la cattura di specie minacciate e pratiche di pesca non rispettose dei mari
Il marchio Msc (Marine stewardship council), che certifica la sostenibilità delle scatolette di tonno, inganna il consumatore poiché non esclude la cattura di specie minacciate e pratiche di pesca non proprio rispettose dei mari e dell’ambiente. È la denuncia che arriva dal nuovo report pubblicato da Foodwatch che dimostra come le flotte certificate dal marchio, nel periodo osservato, hanno pescato fino al 47% di specie sovrasfruttate e, contemporaneamente, le stesse navi hanno raccolto grandi quantità di catture accessorie tra cui tartarughe, squali, e perfino mammiferi marini.
L’Ong si rivolge alle catene di supermercati, tra cui Lidl e Aldi, chiedendo loro di smettere di vendere tonno proveniente dall’area FAO-51, a meno che non sia dimostrato che sia stato pescato con metodi più sostenibili.
Sovrapesca, catture accessorie e inganno sotto il marchio Msc
“Il tonno con marchio Msc proveniente dall’area di pesca FAO-51 nell’Oceano Indiano occidentale appare sostenibile, ma la realtà è ben diversa” denuncia Foodwatch.
Sotto il bollino blu finisce nei supermercati il tonnetto striato (Skipjack), mentre le stesse navi raccolgono contemporaneamente grandi quantità di catture accessorie (bycatch), tra cui ci sono tartarughe, squali, e perfino mammiferi marini, oltre a tonni pinna gialla e obesi (bigeye) — specie considerate a lungo sovrasfruttate nella regione.
Le analisi mostrano che le flotte certificate, nel periodo osservato, hanno pescato fino al 47% di specie sovrasfruttate.
Inoltre più della metà delle 666.408 tonnellate di tonnetto striato catturate nel 2022 è stata ottenuta con reti a circuizione (purse seine) e l’uso di dispositivi galleggianti per l’aggregazione dei pesci (Fad) — una tecnica da tempo criticata perché intrappola anche giovani esemplari e specie protette. Sotto questi pericolosi dispositivi non si radunano solo i tonnetti, ma anche tonni pinna gialla, tonni obesi, squali, razze e tartarughe marine minacciate. Le popolazioni oceaniche di squali e razze sono crollate di circa il 71% dagli anni Settanta, in gran parte proprio a causa della pesca con Fad.
In questi casi, le catture miste, che comprendono anche tonni sovrasfruttati, vengono lavorate insieme, ma solo la parte di tonnetto striato riceve il marchio Msc.
La gravità del fenomeno delle catture accessorie è confermata dagli stessi rapporti ufficiali Msc. Una delle flotte spagnole certificate ha catturato 173 tonnellate di squali seta (circa 1.730 individui) e 77 tonnellate di squali balena, una specie strettamente protetta. Un’altra flotta certificata, Echebastar, in un solo anno ha pescato 70 squali pinna bianca oceanici, 4.486 squali seta, due squali balena, tre mante e diverse tartarughe marine. E si tratta solo delle catture registrate in presenza di osservatori a bordo; il numero reale è certamente più alto.
Scandalo sugli scaffali: supermercati sotto accusa
Il report di Foodwatch fa un esempio concreto: una scatoletta di tonnetto “ja!”, acquistata da Rewe, può essere ricondotta alla nave Pendruc della flotta Cfto. Secondo un audit di monitoraggio, tra il 2018 e il 2022 il pescato della nave era composto per il 47% da tonni pinna gialla e obesi, all’epoca sovrasfruttati e non certificati. Nonostante ciò, la parte di tonnetto viene commercializzata con il marchio Msc.
L’Ong quindi si rivolge alle grandi catene di supermercati, come Rewe, Edeka, Lidl e Aldi chiedendo loro di “non farsi più complici dell’inganno del marchio Msc”. “Il commercio al dettaglio dovrebbe smettere di vendere tonno proveniente dall’area FAO-51, a meno che non sia dimostrato che sia stato pescato con palangari (langleine), metodo molto meno impattante. Il tonno pescato in modo non sostenibile non dovrebbe più essere offerto in vendita”.
Secondo Foodwatch l’organizzazione non può continuare a concedere il proprio marchio di sostenibilità a flotte che uccidono grandi quantità di giovani pesci, specie sovrasfruttate e animali protetti, altrimenti la dicitura “da pesca sostenibile” resta solo un’etichetta ingannevole. I dispositivi galleggianti per l’aggregazione dei pesci (Fad) non devono più essere certificati come “sostenibili”. Solo la pesca senza Fad o la pesca con palangari riduce davvero le catture accidentali.
La Commissione europea promette di proteggere mari e specie minacciate, ma al tempo stesso blocca il divieto di questi strumenti altamente distruttivi. Foodwatch chiede un divieto immediato e totale dei Fad galleggianti nell’Oceano Indiano occidentale, per fermare la sovrapesca e salvaguardare la biodiversità marina.
Il Salvagente ha sollevato il caso già nel 2023
Sul numero del Salvagente di novembre 2023 abbiamo pubblicato un servizio intitolato “Sostenibilità di facciata” in cui si denunciava la grossa operazione di greenwashing nascosta dietro il marchio Msc. Accuse pesanti che arrivavano da un rapporto dell’associazione francese Bloom secondo cui “l’83% dei volumi certificati proveniva da una pesca distruttiva (non solo tonno, ma anche altri pesci, molluschi, crostacei), che utilizza attrezzatura ad alto impatto come reti a strascico e draghe, in palese contraddizione con i principi di sostenibilità che invece il marchio sostiene di promuovere”.
In quell’occasione il Salvagente aveva raccolto le reazioni del certificatore che non si era sottratto al confronto respingendo le “affermazioni false e sprovviste di informazioni accurate fatte da Bloom” e sostenendo di aver contribuito negli ultimi anni alla diffusione di una pesca più sostenibile. Rispetto alle Fad (dispositivi di aggregazione del pesce), Msc aveva affermato: “le attività di pesca certificate stanno adottando Fad biodegradabili e non intreccianti. Il miglioramento del monitoraggio e della raccolta dati, il rilascio di licenze e la registrazione dei Fad, il monitoraggio e il recupero dei vecchi Fad e le modifiche alle attrezzature per le reti a circuizione sono esempi degli sforzi per minimizzare l’impatto. Msc ha recentemente introdotto anche nuovi requisiti che spingono le attività di pesca certificate a impegnarsi maggiormente per gestire e ridurre gli impatti dei Fad”.
La replica di Msc
Pubblichiamo alcuni stralci della replica mandata da Msc. “A differenza di quanto riportato nel rapporto di Foodwatch, il marchio Msc sul tonno in scatola non è ingannevole ma proviene esclusivamente da stock sani e non sovrasfruttati”.
“Il programma Msc è il programma di certificazione più rigoroso e riconosciuto al mondo
per la pesca sostenibile – si legge nella nota di replica – Soddisfa tutti i requisiti dell’organizzazione ombrello internazionale per gli standard setter ambientali e sociali, Iseal, nonché quelli dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) per programmi di certificazione trasparenti e credibili”.
“Solo il pescato che rispetta lo Standard Msc può essere venduto con il marchio blu, mentre gli altri prodotti non possono essere presentati come sostenibili secondo Msc” spiega il certificatore precisando che “la certificazione di componenti specifiche di un’attività di pesca non è un inganno per i consumatori, ma piuttosto una pratica comune in molti programmi di certificazione credibili e ben riconosciuti”.
Inoltre “anche quando un’attività di pesca è certificata per una singola specie, ad esempio il tonnetto striato, la valutazione deve prendere in considerazione anche tutte le altre
catture commerciali indesiderate, ad esempio di tonno alalunga e tonno obeso,
effettuate da tale attività di pesca durante le operazioni che rientrano nel programma
MSC. Se si scoprisse che queste catture supplementari, che Foodwatch definisce
bycatch influiscono negativamente sulla salute o sul recupero del relativo stock,
l’attività di pesca non può essere certificata nemmeno per la singola componente
oggetto di valutazione. Lo stesso vale per le catture indesiderate di specie come, ad
esempio, gli squali e altre specie vulnerabili.









