
Un recente studio dell’Epic quantifica il maggior rischio di sviluppare il diabete di tipo 2 con un’assunzione di cibi ultraprocessati: I peggiori sono snack salati, prodotti di origine animale, piatti pronti e bevande zuccherate
Mangiare cibi ultraprocessati aumenta il rischio di diabete. La notizia, forse, non desterà grandi sorprese, ma un recente studio è riuscito a quantificare il fenomeno attestando che un aumento del 10% nell’assunzione giornaliera di cibi ultra-processati (UPF) è associato a un rischio maggiore del 17% di diabete, mentre un aumento del consumo di cibi meno trasformati ne riduce il rischio.
I dettagli dello studio
Uno studio prospettico dell’EPIC, l’istituto europeo su cancro e alimentazione, pubblicato su The Lancet Regional Health, ha analizzato l’associazione tra il grado di lavorazione degli alimenti e il diabete di tipo 2.
Lo studio, che è stato approvato dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) e dai comitati etici dei centri coinvolti, ha considerato la classificazione degli alimenti secondo il sistema Nova proposta dagli studiosi brasiliani dell’Università di San Paolo e adottata oramai in gran parte del mondo, che divide i cibi in 4 Gruppi:
- Gruppo 1, costituito da alimenti naturali, non trattati, o minimamente lavorati (nello studio indicati con la sigla MPF) come tè, caffè, acqua, frutta, verdura, latte e yogurt bianco
- Gruppo 2, che include ingredienti parzialmente trasformati attraverso metodi come pressatura e molitura (indicati con la sigla PCI), in primis zucchero da tavola, olio vegetale, grasso animale e farine raffinate)
- Gruppo 3 (indicato nello studio con la sigla PM, ovvero cibi trasformati) comprende verdure in scatola, legumi in barattolo, carne o pesce essiccati o affumicati, formaggio tradizionale, certi tipi di frutta secca in busta
- Gruppo 4, è la classe in cui rientrano gli alimenti ultraprocessati (UPF), come pane, biscotti, cereali per la colazione, dolci e dessert, prodotti di origine animale e piatti pronti da mangiare/riscaldare. In questo gruppo tutti gli ingredienti sono trattati con sostanze aggiunte e/o sottoposti a processi industriali (estrusi precotti, disidrati-reidrati, separati meccanicamente, etc) di trasformazione. Sono sottoposti a processi industriali che non hanno equivalente domestico, come l’estrusione e la prelavorazione per la frittura. Gli additivi presenti solo nei prodotti ultralavorati comprendono coloranti, aromi, esaltatori di sapidità , dolcificanti non zuccherini e coadiuvanti tecnologici, emulsionanti, sequestranti e umettanti. Sono cibi iper-appetibili, pronti al consumo, squilibrati dal punto di vista nutrizionale e tendono a essere consumati in grande quantità .
Su oltre 310mila individui, seguiti per quasi 11 anni, tra il 1992 e il 2000, in 8 paesi europei, 14.236 casi hanno ricevuto una diagnosi di diabete mellito di tipo 2. Il contributo medio di UPF all’assunzione dietetica totale era del 13%, mentre MPF + PCI e PF contribuivano rispettivamente per il 72,1% e il 14,9%.
Le differenze tra paesi evidenziano un consumo più elevato di UPF nel Regno Unito (17,4%) e più basso in Francia (6,9%), mentre MPF + PCI era più alto in Francia (81,4%) e più basso in Italia (63,8%). L’Italia ha il contributo più alto di PF (25,7%), mentre il Regno Unito il più basso (7,6%).
I partecipanti con un’assunzione più alta di UPF tendono a essere più giovani, occupati e con una maggiore assunzione di energia, grassi e zuccheri e minore di alcol e proteine, e una minore aderenza alla dieta mediterranea e un punteggio Nutri-Score più alto.
Lo studio è il primo a confrontare diversi gradi di lavorazione alimentare con l’incidenza del diabete e conferma i risultati di precedenti ricerche epidemiologiche. L’associazione tra UPF e diabete non è spiegata solo dalla qualità della dieta o dai nutrienti, ma potrebbe essere influenzata da fattori come additivi, conservanti, iper-palatabilità e marketing.
Non tutti i cibi ultraprocessati sono uguali
Sono stati analizzati i sottogruppi di ultra-processati per individuare quali alimenti sono associati a un’incidenza maggiore del diabete. A salvarsi parzialmente sono pane, biscotti e cereali per la colazione, dolci e dessert e alternative vegetali, mentre snack salati, prodotti di origine animale, piatti pronti e bevande zuccherate sono associati a un aumento del rischio.
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