Integratori di omega-3 a base di olio di alghe: attenti al colesterolo

OMEGA-3

Uno studio condotto dalle autorità pubbliche tedesche su 30 oli di alga Schizochytrium sp. ha misurato ilreale contenuto di omega-3 e ha rilevato livelli alti di colesterolo, oltre a trovare esteri etilici e prodotti che si ossidavano rapidamente, anche prima della scadenza.

 

Negli ultimi anni, l’olio derivato dalla microalga Schizochytrium sp.ha conquistato una posizione rilevante nel mercato degli integratori alimentari, in particolare per la sua ricchezza di acidi grassi Omega-3. Gli studi hanno dimostrato che contiene il 40% di omega 3 ed è povera di iodio e si propone come alternativa vegana all’olio di pesce, tradizionalmente utilizzato per integrare DHA (acido docosaesaenoico) ed EPA (acido eicosapentaenoico) nella dieta. Tuttavia, uno studio condotto dal CVUA Stuttgart ha sollevato dubbi e preoccupazioni riguardanti il contenuto di colesterolo e la stabilità ossidativa di questi prodotti.

Olio di alghe: un novel food

L’olio di alghe è stato approvato dall’Unione Europea come “Novel Food” nel 2014. Questo termine indica alimenti o ingredienti che non erano consumati in misura significativa nell’UE prima del 15 maggio 1997 e che, a causa della loro origine esotica o dei processi produttivi innovativi, devono essere sottoposti a rigorose valutazioni di sicurezza da parte dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA). La normativa europea sui Novel Food mira a garantire sia la sicurezza alimentare sia il corretto funzionamento del mercato interno.

Risultati delle analisi: composizione e contenuto di acidi grassi

I ricercatori del CVUA Stuttgart hanno analizzato 30 campioni di integratori a base di olio di alghe, disponibili sia in forma liquida che in capsule. I risultati hanno mostrato che tutti i campioni rispettavano le dichiarazioni in etichetta riguardanti i livelli di DHA ed EPA. In particolare:

  • Tre campioni erano composti da olio ricco di DHA, con un contenuto compreso tra il 38% e il 51% degli acidi grassi totali, mentre il contenuto di EPA risultava molto basso.
  • Gli altri campioni presentavano una combinazione di DHA ed EPA, con una somma totale compresa tra il 35% e il 69% degli acidi grassi totali.

Nonostante la conformità alle dichiarazioni nutrizionali, lo studio ha evidenziato una forte variabilità nella composizione degli acidi grassi e degli steroli, attribuita alle diverse condizioni di fermentazione delle microalghe e ai metodi di estrazione dell’olio.

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Il problema del colesterolo

Un dato particolarmente rilevante emerso dall’indagine riguarda il contenuto di colesterolo presente nell’olio di alghe. Sebbene si tratti di un prodotto vegetale, l’olio derivato da Schizochytrium sp. contiene quantità significative di colesterolo, variabili tra 504 e 4490 mg/kg di olio. Questo valore, in alcuni casi, si avvicina a quello riscontrato negli oli di pesce, noti per il loro contenuto di colesterolo.

L’elevato contenuto di colesterolo solleva dubbi sull’idoneità di questo prodotto per persone che seguono una dieta a basso contenuto di colesterolo o che soffrono di patologie cardiovascolari. Inoltre, l’EFSA non ha approvato alcuna indicazione salutistica relativa a un possibile effetto positivo dell’olio di alghe sui livelli di colesterolo nel sangue.

Presenza di esteri etilici degli acidi grassi

Un altro aspetto critico riguarda la presenza di esteri etilici degli acidi grassi (FEE) in cinque dei 26 campioni analizzati. Gli esteri etilici possono formarsi naturalmente durante la fermentazione delle alghe, soprattutto se viene utilizzato etanolo per stimolare la produzione di acidi grassi. Tuttavia, questa pratica è comunemente adottata nell’industria per la produzione di Omega-3 concentrati da olio di pesce, sollevando interrogativi sulla naturalezza del processo di produzione dell’olio di alghe.

Stabilità ossidativa e durata di conservazione

La stabilità ossidativa è un fattore cruciale per gli oli ricchi di acidi grassi polinsaturi, che sono altamente suscettibili all’ossidazione. La normativa europea stabilisce un valore massimo di perossidi pari a 5 per l’olio di alghe. Tuttavia, cinque dei 28 campioni analizzati superavano ampiamente questo limite già al momento della ricezione del campione, indicando una potenziale ossidazione. Due campioni presentavano addirittura segni evidenti di rancidità.

Test aggiuntivi hanno rivelato che molti campioni superavano il limite di perossidi prima della scadenza indicata, suggerendo che la durata di conservazione dichiarata fosse eccessiva. Solo due campioni su otto mantenevano livelli accettabili di perossidi fino alla data di scadenza.

Dichiarazioni salutistiche e violazioni delle normative

Le normative europee consentono l’uso di alcune dichiarazioni salutistiche per il DHA e l’EPA, purché siano rispettate precise condizioni. Ad esempio, è permesso affermare che “il DHA contribuisce al mantenimento della normale funzione cerebrale”, a condizione che l’integratore fornisca almeno 250 mg di DHA al giorno. Tuttavia, non è consentito dichiarare che l’olio di alghe abbia effetti benefici sul colesterolo, poiché non esiste evidenza scientifica a supporto di tale affermazione.

Nel corso dell’indagine, 11 campioni presentavano etichette o materiale promozionale non conforme alle normative, in quanto riportavano indicazioni non autorizzate. In particolare, alcune etichette suggerivano erroneamente che l’olio di alghe potesse contribuire a ridurre il colesterolo nel sangue.

Sostenibilità ambientale: un punto a favore, ma non privo di critiche

L’utilizzo di olio di alghe come fonte di Omega-3 presenta indubbi vantaggi ambientali rispetto all’olio di pesce, in quanto consente di preservare gli stock ittici. Tuttavia, la produzione di olio di alghe non è intrinsecamente più sostenibile, poiché richiede un elevato consumo di energia per la fermentazione e l’estrazione dell’olio. Pertanto, l’impatto ambientale complessivo dipende dall’efficienza energetica del processo produttivo.

Un’alternativa vegana con molte criticità

L’olio di alghe rappresenta un’interessante alternativa vegana agli Omega-3 di origine animale, ma presenta alcune criticità che devono essere prese in considerazione dai consumatori e dai produttori. In particolare, l’elevato contenuto di colesterolo e la scarsa stabilità ossidativa sollevano dubbi sull’adeguatezza di questo prodotto per determinate categorie di consumatori. Inoltre, la presenza di esteri etilici degli acidi grassi e le violazioni delle normative sulle dichiarazioni salutistiche richiedono una maggiore attenzione da parte delle autorità di controllo e dei produttori.