Ridurre del 50% – entro il 2020 – il numero dei sistemi di aggregazione per pesci; estendere la moratoria al trasbordo del pescato in mare dalle sole imbarcazioni di Thai Union a tutte quelle dell’intera filiera e garantire la presenza di osservatori indipendenti su tutte le imbarcazioni che pescano con palangari ed effettuano trasbordi di pesce in mare. Sono questi alcuni degli impegni che la Thai Union, in Italia produttrice del marchio Mareblu, ha annunciato di voler rispettare. L’annuncio di oggi arriva in seguito a una lunga campagna internazionale di Greenpeace, portata avanti anche in Italia con la campagna “Tonno in trappola”. Greenpeace e Thai Union hanno concordato di incontrarsi ogni sei mesi per valutare i progressi e l’applicazione dell’accordo. Alla fine del 2018, una terza parte indipendente revisionerà i progressi sulla base degli impegni presi.
“Questo impegno segna un enorme progresso per i nostri oceani e la vita marina, e per i diritti dei lavoratori dell’industria ittica”, afferma Bunny McDiarmid, direttore esecutivo di Greenpeace International. “Se Thai Union implementasse queste riforme, spingerebbe le altre aziende a mostrare lo stesso livello di ambizione, portando il settore verso un cambiamento davvero necessario. È giunto il momento per le altre aziende di farsi avanti e mostrare la propria leadership”.
Gli impegni
Thai Union ha approvato un pacchetto di riforme che include gli impegni a:
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ridurre del 50% – entro il 2020 – il numero dei sistemi di aggregazione per pesci (FAD) usati globalmente nella propria filiera, raddoppiando quindi la quantità di pesce catturato senza FAD disponibile sul mercato nello stesso periodo. I FAD sono oggetti galleggianti che attirano pesci e altri organismi: sono poi circondati dalle reti e ciò causa la cattura e l’uccisione di squali, tartarughe e giovani tonni;
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estendere la vigente moratoria al trasbordo del pescato in mare dalle sole imbarcazioni di Thai Union a tutte quelle dell’intera filiera, a meno che i fornitori non garantiscano nuove rigide condizioni. Il trasbordo in mare consente alle navi di continuare una spedizione di pesca per mesi o anni e spesso facilita l’attività illegale;
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garantire la presenza di osservatori indipendenti su tutte le imbarcazioni che pescano con palangari ed effettuano trasbordi di pesce in mare, per ispezionare e riferire sul potenziale sfruttamento dei lavoratori, e assicurare al 100 per cento un controllo umano o elettronico su tutti i pescherecci che pescano tonno da cui si rifornisce Thai Union;
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sviluppare un codice di condotta completo per tutti i pescherecci della propria filiera, per integrare e rinforzare il Codice di Condotta etico su Affari e Lavoro, al fine di garantire agli uomini che lavorano sulle imbarcazioni condizioni umane ed eque, con audit indipendenti, i cui risultati siano risultati accessibili al pubblico, e una chiara tempistica per assicurare che questi obiettivi siano raggiunti;
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spostare quote significative di tonno dalla pesca con i palangari a quella con la canna o lenze entro il 2020 e implementare misure stringenti per ridurre le catture accidentali. I palangari catturano e uccidono involontariamente uccelli marini, tartarughe e squali;
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passare a una piena tracciabilità digitale, consentendo ai consumatori di risalire la filiera del tonno fino al peschereccio, identificando il metodo di pesca usato.
La classifica “Rompiscatole”
Nell’ultima classifica con cui l’associazione ambientalista “misura” il grado di sostenibilità delle scatolette di tonno, Mareblu si portata a casa un magro ottavo posto. A penalizzare il marchio della Thai Union era stato proprio il metodo di pesca distruttivo. L’auspicio è che i nuovi impegni vengano rispettati.