Mense scolastiche, dopo il Covid la qualità è migliorata (non dovunque)

Secondo l’ultimo report di Foodinsider la mensa scolastica dove si mangia meglio è quella di Sesto Fiorentino, in Toscana, dove viene usato l’olio extra vergine d’oliva degli uliveti di Calenzano, la pasta fresca del Mugello e la trota della Lunigiana. Agli ultimi posti ci sono le mense di L’Aquila, Novara e Reggio Calabria

La mensa scolastica dove si mangia meglio è quella di Sesto Fiorentino, in Toscana, dove viene usato l’olio extra vergine d’oliva proveniente dagli uliveti di Calenzano, la pasta fresca del Mugello e viene servita la trota della Lunigiana. Seconde, a pari merito, Parma e Fano, mentre agli ultimi posti ci sono le mense di L’Aquila, Novara e Reggio Calabria. Segnali di ripresa arrivano anche dal Sud, in particolare dalle città di Bari (che si piazza al 29° posto), Brindisi (17° posto) e Siracusa: quest’ultima ha conquistato 57 punti in più rispetto allo scorso anno.

È il quadro delineato dal 9° rating dei menu scolastici di Foodinsider, presentato oggi presso la Camera dei deputati, che ogni anno monitora lo stato del servizio su un campione di circa un terzo delle mense italiane. Il progetto mira a “raccontare e diffondere la conoscenza della mensa della scuola pubblica, quella dove gli insegnanti, insieme ai genitori, sono agenti del cambiamento”. Quello che emerge da quest’ultimo rating è un’evoluzione positiva che si è registrata in generale nel servizio delle mense scolastiche dopo il periodo del Covid. 

“In cima alla classifica c’è il menu che meglio ha saputo interpretare l’alimentazione come strumento di salute, di rispetto per l’ambiente e di promozione del territorio – ha spiegato la presidente di Foodinsider Claudia Paltrinieri – Dall’olio extra vergine d’oliva proveniente dagli uliveti di Sesto Fiorentino, Calenzano, Signa, Carmignano, alla trota della Lunigiana, al Cefalo della Laguna di Orbetello, alla pasta fresca del Mugello sono solo alcuni dei prodotti di filiera corta che occupano il 73% degli alimenti nel menu di Sesto Fiorentino, dove la plastica è bandita, così come anche i piatti processati”. La mensa di Sesto Fiorentino è anche quella che ha compiuto i progressi più importanti, passando dal quint’ultimo posto del 2017 al primo nella classifica di quest’anno.
Il miglioramento comunque è abbastanza generalizzato: rispetto all’anno precedente si registra un miglioramento nel 44% dei menù analizzati, mentre il 29,5% rimane stabile e il 20% mostra un calo di qualità.
A livello regionale, Lombardia e Marche si confermano quelle con la più elevata percentuale di mense di alta qualità, con Cremona, Bergamo, Monza e Mantova, Fano, Ancona, Jesi e Macerata. Considerando, invece, il Centro ed il Sud Italia, le mense che hanno fatto registrare il più significativo miglioramento sono a Frosinone, Siracusa e Rieti, con un salto che va oltre il raddoppio del punteggio dello scorso anno. In generale, comunque, il rapporto ha confermato il Nord come l’area con il maggior numero di mense di alta qualità, con il 37% di Comuni nella fascia dell’eccellenza, rispetto al 28% del Centro e all’11% del Sud. Il confronto però, è impari, anche considerato il numero esiguo di mense nel Mezzogiorno, dove il tempo pieno non è molto diffuso. E dove le poche mense attive non hanno una lunga tradizione come al Nord.

Il servizio, in generale, è migliorato nei Comuni che hanno rinnovato le gare d’appalto: è il caso di Trento, Udine, Frosinone, Rieti e Siracusa.
L’indagine presentata è relativa ai menù delle scuole primarie nell’anno scolastico 2023/24 e, oltre ad avere fotografato lo stato della ristorazione scolastica in Italia dal punto di vista dell’equilibrio della dieta, “ha focalizzato l’analisi su alcuni aspetti specifici”. Tra questi l’evoluzione dei menu scolastici negli ultimi 5 anni, prendendo in esame la mensa prima del Covid. Dal confronto è emerso come la legge dei criteri ambientali minimi (in vigore da agosto del 2020) abbia reso i menù più sani e sostenibili, con maggiore varietà di alimenti, più biologico, più legumi ma anche più prodotti locali e provenienti da cooperative sociali.

Non mancano, tuttavia, le ombre: aumenta il cibo processato e secondo quanto riferito da numerosi insegnanti, diminuisce la percentuale di pasto effettivamente consumata. I maggiori consumi si rilevano nelle scuole dove si fa educazione alimentare, dove ci sono le cucine interne, dove i bambini hanno a disposizione più tempo per il pranzo e i refettori sono meno rumorosi. Poche sono le realtà sensibili al problema del ridotto consumo, come dimostra il fatto che sono rare le attività di monitoraggio degli scarti; rilevazioni che invece sono indispensabili per comprendere e affrontare il fenomeno.

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Un altro elemento messo in evidenza dal report riguarda la qualità del pane offerto ai bambini, che spesso mangiano solo quello, tanto che è diventato quasi un comfort food, come lo è stato negli scorsi anni la pasta in bianco. Il pane chiaramente dovrebbe essere il meno possibile raffinato, deve contenere fibre e meno sale, ma purtroppo non è sempre così: il 65% dichiara di usare una farina di tipo 0 e solo il 23% 00, mentre una piccolissima percentuale usa mix diversi. Il 58% dichiara di utilizzare una filiera locale, in alcuni casi confezionato in sacchetto di carta, ma spesso in plastica. A Sesto Fiorentino, ad esempio, il pane è di un mix di cereali, prodotto da filiera locale; in tanti casi c’è un’attenzione elevata anche alle intollerante al glutine e alla biodiversità del prodotto. L’invito che hanno fatto gli esperti di Foodinsider è proprio quello di un ritorno al “pane che nutre” e che è in grado di raccontare anche la storia del nostro territorio. “Mettiamolo al centro delle nostre mense e non sprechiamolo” ha esortato Paltrinieri