Una coincidenza imbarazzante: il Giappone ha deciso di riversare da giovedì 24 agosto nei suoi mari le acque della centrale di Fukushima, protagonista del tragico incidente del 2011 e l’Unione europea toglie ogni restrizione agli alimenti nipponici. E i consumatori possono solo controllare la zona Fao di provenienza
Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Ue, ha affermato: “Abbiamo preso questa decisione sulla base della scienza, di prove e della valutazione dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica”. E proprio una relazione dell’Aiea aveva recentemente assicurato che i piani del Giappone di rilasciare in mare l’acqua trattata immagazzinata nella centrale nucleare di Fukushima Daiichi sono “coerenti” con i suoi standard di sicurezza. E che gli scarichi di acqua trattata avrebbero un impatto radiologico “trascurabile” per le persone e l’ambiente. Ora che quei piani sono partiti e con loro lo sversamento che inizia giovedì 24 agosto di 1,3 milioni di metri cubi/tonnellate di acque reflue radioattive dell’impianto di Fukushima Daiichi, la paura e le reazioni internazionali crescono.
L’acqua immagazzinata – va detto – è stata trattata attraverso un Advanced Liquid Processing System (ALPS) per rimuovere quasi tutta la radioattività , a parte il trizio. E prima di scaricarla in mare, il Giappone la diluirà per portare il trizio al di sotto degli standard normativi.
Chi non si fida
Tra i paesi vicini al Giappone, ce ne sono diversi che non concordano con le rassicurazioni del governo nipponico e della Aiea. Tra questi Hong Kong che ha annunciato l’intenzione di vietare l’importazione di prodotti acquatici da 10 parti del Giappone una volta che il paese inizierà a scaricare le acque reflue da Fukushima, per garantire la sicurezza alimentare e la salute pubblica.
I prodotti includono tutti i prodotti acquatici vivi, congelati, refrigerati, essiccati o altrimenti conservati, il sale marino e le alghe non lavorate o lavorate.
I funzionari hanno affermato che non vi è alcuna garanzia che il sistema di depurazione possa funzionare in modo continuo ed efficace a lungo termine. E sulla stessa posizione è la Cina che ha vietato alcune importazioni alimentari da 10 prefetture giapponesi.
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Da questa parte dell’oceano, c’è una netta distinzione tra l’atteggiamento rassicurante voluto dalle autorità di Bruxelles e quello un po’ più preoccupato di consumatori e ambientalisti. Entrambi hanno letto come decisamente meno rassicuranti la nota sottoscritta a dicembre scorso da 100 istituzioni scientifiche statunitensi del National Association of Marine Laboratories che ha messo in guardia inutilmente il Giappone e l’Onu: “Molti dei radionuclidi contenuti nell’acqua di raffreddamento dei rifiuti accumulati hanno un’emivita che va da decenni a secoli, e i loro effetti deleteri vanno dal danno al Dna e dallo stress cellulare all’elevato rischio di cancro nelle persone che mangiano organismi marini colpiti, come vongole, ostriche, granchi, aragoste, gamberetti e pesce. Esortiamo il governo del Giappone a smettere di perseguire il loro rilascio pianificato e precedente dell’acqua contaminata radioattivamente nell’Oceano Pacifico e a lavorare con la più ampia comunità scientifica per perseguire altri approcci che proteggano la vita oceanica; salute umana; e quelle comunità che dipendono da risorse marine ecologicamente, economicamente e culturalmente preziose”, si legge in un documentato articolo di Greenreport.
Di fronte a tanti dubbi, inutile dire che i consumatori europei e non solo inizieranno a guardare con sospetto i pesci – soprattutto i tonni –Â provenienti dalla zona Fao 61, il mar del Giappone, per l’appunto.
Le vecchie restrizioni europee
Dopo l’incidente, l’Ue aveva imposto test prima dell’esportazione dei prodotti alimentari per la radioattività . Da quando le restrizioni sono state adottate nel 2011, sono state riviste dalla Commissione europea ogni due anni e allentate man mano che i rischi diminuivano. L’ultima revisione, nel settembre 2021, ha limitato le restrizioni dei test pre-esportazione ai funghi selvatici, ad alcune specie ittiche e alle piante selvatiche commestibili.