Cosa c’è da sapere prima di sottoscrivere un contratto d’affitto. Dal canone libero al concordato, dai contratti temporanei a quelli per studenti: le diverse forme, i canoni, le durate e i documenti necessari.
Chi cerca una casa dove vivere ha davanti a sé due principali scelte, affittarne una o acquistarla. Si tratta di due opzioni evidentemente differenti, sia nelle cifre che andranno messe a budget, che nella tipologia contrattuale che si andrà a concretizzare. Va tuttavia precisato che alcuni moderni contratti di affitto permettono in parte di sovvertire il precedente assunto, consentendo dunque all’affittuario delle opzioni in più. È bene dunque che chi opta per un affitto conosca bene le diverse tipologie di contratto che potranno essergli offerte, soprattutto in riferimento ai vantaggi e agli svantaggi che potrebbero derivarne.
I contratti d’affitto
Così come avviene per ogni altro contratto, anche nel caso degli affitti è richiesto ai soggetti interessati di leggere attentamente tutti gli aspetti dell’atto, in modo da non aver degli spiacevoli inconvenienti in futuro. È dunque necessario valutare l’importo del canone richiesto, le clausole previste così come la presenza di eventuali caparre e dei tempi di preavviso per la risoluzione dell’accordo. I contratti d’affitto possono essere suddivisi in quattro principali tipologie, ognuna delle quali con dei pro e dei contro che potranno essere interpretati diversamente dai diversi affittuari a seconda delle proprie esigenze e aspettative. Si tratta, più nel dettaglio dei:
- contratti a canone libero;
- contratti a canone concordato;
- contratti di locazione transitoria;
- contratti di affitto per studenti universitari.
Il contratto d’affitto, le distinzioni in base al canone
I contratti d’affitto possono essere catalogati in base al tipo di canone che viene richiesto dal locatore. Si dividono per l’esattezza in:
- contratti a canone libero, attualmente i più diffusi in tutto il territorio italiano. Questi contratti hanno solitamente una durata minima di 4 anni, con il successivo rinnovo automatico che necessariamente dovrà essere di altri 4 anni. Questo aspetto rappresenta un prima grande vantaggio per entrambe le parti del contratto, soprattutto in merito alla stabilità e alla sicurezza. Il locatore, infatti, sa che per almeno 4 anni potrà contare sull’entrata del canone d’affitto, mentre il locatario ha la certezza per lo stesso periodo di tempo di non subire aumenti nell’affitto e, soprattutto, di poter mantenere l’utilizzo del bene. L’aggettivo libero relativo al canone vuol dire che le parti possono concordare in maniera autonoma l’ammontare dell’affitto mensile. In questa tipologia di contratti, inoltre, è previsto il cosiddetto preavviso in caso di rescissione. Tale avviso deve essere comunicato dall’affittuario al locatore almeno 6 mesi prima rispetto a quando si intende lasciare la casa. A disciplinare tale aspetto è la legge 431 del 1998 che mira, per l’appunto, a tutelare le parti caso di disdetta improvvisa;
- contratti a canone concordato, con il quale l’ammontare dell’affitto mensile viene determinato dal comune accordo. Si tratta di una tipologia contrattuale diffusa soprattutto nei territori ad alta intensità abitativa, dove c’è la presenza di associazioni che possano rappresentare sia i proprietari dell’immobile che gli affittuari. Il lavoro svolto dalle associazioni di rappresentanza è quello di stabilire dei parametri univoci e condivisi che evitino complicazioni e definizioni errate del canone. I parametri, per l’esattezza, fanno riferimento alla tipologia e alla condizione dell’immobile: ecco quindi che una nuova costruzione avrà un canone verosimilmente più alto rispetto ad un immobile similare ma più vecchio, così come il canone potrà variare in presenza di immobili ad uso privato o pubblico. È necessario sottolineare che utilizzare questa tipologia di contratto d’affitto ha il principale vantaggio di consentire il godimento di agevolazioni di natura fiscale per i locatori. Per quel che riguarda la durata, invece, il contratto a canone concordato prevede un periodo di locazione di 3 anni, trascorsi i quali sarà possibile rinnovarlo per altri 2 anni (andando eventualmente anche a modificarne alcuni aspetti).
Il contratto di locazione transitoria
Molto diffuso in Italia è anche il contratto di locazione transitoria che ha come principale vantaggio il fatto di poter avere una durata minore. Se in quello a canone libero e concordato il contratto andava in scadenza dopo, rispettivamente, 4 e 3 anni, nel transitorio è prevista una durata massima di 18 mesi, mentre la soglia minima di locazione è di un mese. Come evidente si tratta della tipologia contrattuale ideale per chi è alla ricerca di una casa per un periodo limitato di tempo e non vuole impegnarsi per 3 o 4 anni. Si pensi ad esempio agli insegnanti fuori sede che necessitano di un’abitazione per il periodo limitato all’anno scolastico o a chi ha la necessità di vivere in una città solo per determinati periodi dell’anno, come un lavoratore stagionale. All’interno del contratto possono essere anche indicate le motivazioni della temporaneità con una dichiarazione che determina le esigenze del locatario. Possono esserci dunque delle informazioni sulla professione svolta dall’affittuario o sulle sue esigenze di studio o professionali. Per quel che riguarda il canone, nel contratto di affitto transitorio viene deciso liberamente da locatore e locatario, seppur nel rispetto dei valori minimi e massimi degli accordi territoriali.
Il contratto d’affitto per gli studenti universitari
Altri contratti che godono di un diffuso utilizzo in Italia sono quelli formulati per le specifiche esigenze del locatario. L’esempio di riferimento è rappresentato dal contratto d’affitto per gli studenti universitari fuori sede, ovvero da un atto che rappresenta una specifica tipologia di quello transitorio e che è adattato al percorso di studio che viene intrapreso dal locatario. Per porre in essere tale contratto è necessario anzitutto che l’affittuario dimostri di essere uno studente, con la verifica che deve essere svolta dal locatore, e che l’immobile ad oggetto sia collocato in un territorio in cui sono presenti delle sedi universitarie. La durata del contratto d’affitto per gli studenti universitari può variare da 6 a 36 mesi, mentre il canone è determinato sulla base degli accordi territoriali (in modalità simili a quanto avviene con il contratto a canone concordato).
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Il comodato d’uso
Prima di arrivare alla definizione dei documenti e della procedura necessaria per avviare un contratto d’affitto, è necessario soffermarsi anche sulla differenza che intercorre tra la locazione e il comodato d’uso. Benché molto diffusa in Italia, questa formula è qualcosa di profondamente diverso rispetto all’affitto e la principale distanza sta nell’aspetto oneroso. Chi prende in locazione un immobile, infatti, lo fa dietro il pagamento di un determinato canone mensile, mentre nel caso del comodato d’uso c’è la gratuità per l’utilizzo dell’immobile. Così come riferito dall’articolo 1803 del codice civile, il comodato d’uso si sostanzia in un contratto con il quale “una parte consegna all’altra una cosa mobile o immobile, affinché se ne serva per un tempo o per un uso determinato, con l’obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta. Il comodato è essenzialmente gratuito”. Si tratta di una strada percorribile solo nel caso di abitazioni private e per altre tipologie di immobili, come ad esempio i negozi, che viene spesso intrapresa per beneficienza o necessità familiari.
Cosa serve per sottoscrivere un contratto d’affitto
Ognuna delle tipologie dei contratti d’affitto in precedenza indicati richiede una specifica documentazione che dovrà essere fornita dalle parti. Il locatore deve nello specifico fornire:
- una copia della carta d’identità e del codice fiscale;
- la planimetria della casa oggetto del contratto;
- una copia della visura catastale o dell’atto di acquisto;
- l’Ape, cioè l’Attestato di prestazione energetica dell’immobile.
Per quanto riguarda il locatario, invece, questo deve fornire dei documenti diversi a seconda che sia un lavoratore dipendente o autonomo. Nel primo caso abbiamo:
- la copia della carta d’identità e del codice fiscale, entrambi in corso di validità;
- le ultime due buste paga;
- la Cu, Certificazione unica;
- tutti documenti degli altri eventuali conviventi (carta d’identità e codice fiscale validi).
Chi, invece, desidera prendere in affitto una casa ed è un lavoratore autonomo deve fornire al locatore:
- la copia della carta d’identità e del codice fiscale, entrambi in corso di validità;
- il modello unico della visura camerale;
- tutti i documenti relativi degli altri eventuali conviventi (carta d’identità e codice fiscale validi).
Questi i documenti necessari a livello generale, anche se, come detto, in base alle differenti tipologie contrattuali potranno esserne necessari anche altri. Nel caso del contratto per gli studenti universitari, ad esempio, il locatario dovrà certificare il proprio status di studente, mentre in quello transitorio è necessario che venga palesata la necessità di un contratto di una minore durata.