L’equiseto possiede alcune proprietà, tra cui quelle diuretiche e antinfiammatorie. Viene utilizzato come antiparassitario naturale in agricoltura. Ma attenzione al suo “gemello”, perché tossico
In una delle piante più antiche del pianeta si nascondono proprietà e benefici forse proprio in questo momento storico provvidenziali per la salute del pianeta stesso, oltre che per l’organismo umano.
Nome comune di Equisetum arvense, è una pianta contenente diverse sostanze alcaloidi tra cui la nicotina, nel gergo popolare chiamata anche “coda cavallina” e “horsetail“. In questa pianta si trovano diverse sostanze tra cui minerali, vitamine, flavonoidi, tannini, saponine.
Gli equiseti sono dei veri e propri “fossili viventi”; il ritrovamento di resti di alcune specie dell’ordine delle Equisetales indicano che erano piante diffuse già alla fine del periodo Devoniano, ossia 395-345 milioni di anni fa. Ma grazie a più recenti studi viene utilizzato in agricoltura anche come antiparassitario naturale. È come il testimone vivente di un passato che ci ricorda quanto sia importante preservare la salute del pianeta, nell’era del cambiamento climatico e dello sfruttamento intensivo dei terreni.
Quali sono le proprietà di questa pianta
Cominciamo da quelle salutistiche, per il benessere dell’uomo. Gli esperti dell’Irccs Humanitas ricordano che in commercio sono disponibili molti integratori a base di equiseto, per via dei benefici che deriverebbero dal consumo di questa sostanza.
Diversi sono gli effetti che risultano attribuibili a questa pianta. Tra le proprietà più note di questa pianta si segnalano:
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- Capacità diuretica (L’assunzione di equiseto aumenta l’eliminazione di acqua da parte dei reni e contribuisce al buon funzionamento dell’apparato urinario);
- Proprietà antinfiammatorie e astringenti (Può essere utilizzato anche contro diversi tipi di infezioni a carico del sistema urinario e in caso di calcoli);
- Proprietà remineralizzanti (Favorisce l’accrescimento delle ossa, dei denti e la crescita di unghie e capelli).
I benefici degli impacchi
Grazie alle sue proprietà antinfiammatorie e astringenti può essere utilizzato anche contro diversi tipi di affezioni a carico di mucose (gola infiammata, palpebre arrossate, congiuntiviti).
Impacchi a base di equiseto possono essere applicati per favorire la guarigione di ferite e ulcere.
I benefici di una tisana
I composti si possono preparare anche in casa, utilizzando soltanto 1 cucchiaio raso di equiseto in 1 tazza d’acqua. La pianta andrebbe versata nell’acqua fredda da portare a ebollizione per qualche minuto. Dopodiché bisognerà spegnere il fuoco, coprire la pentola e lasciare la pianta in infusione per almeno 10 minuti. L’acqua va filtrata e l’infuso bevuto possibilmente lontano dai pasti, in modo da rendere più efficace l’azione remineralizzante e diuretica.
Altri benefici e usi della pianta
L’equiseto contiene acido silicico, glucoside, saponine (equisetonina), flavonoidi, piccole quantità di alcaloidi, resine e acidi organici (anche acido ascorbico), sostanze amare e altre sostanze minerali (sali di potassio, alluminio, manganese, ferro e calcio). Contiene anche una sostanza, l’ipriflavone, che sembrerebbe in grado di indurre la formazione di nuovo tessuto osseo.
Nella maggior parte dei casi viene utilizzato per le sue probabili proprietà curative: antiemorragiche, cicatrizzanti (potrebbe accelerare la guarigione di ferite), emostatiche (bloccherebbe la fuoriuscita del sangue in caso di emorragia), diuretiche (facilita il rilascio dell’urina), astringenti (limita la secrezione dei liquidi), antitubercolari e remineralizzanti (valide soprattutto per i malati di tubercolosi polmonare). Le piante sono indicate anche per combattere l’osteoporosi, in caso di fratture e di rachitismo.
Tuttavia ci sono tracce di un suo utilizzo nella cucina contadina del passato. I germogli di alcune specie venivano occasionalmente impanati e fritti o conditi con aceto. Può essere aggiunto a zuppe o minestroni come integratore di sali minerali, ma si deve fare attenzione alle varie specie in quanto alcune non sono eduli.
L’equiseto come “pesticida naturale”
Gli infusi di equiseto arvense sono sempre più diffusi come antiparassitario per le piante. Il principio può essere vaporizzato e risulta efficace contro gli attacchi di iodio, peronospora, afidi e altre tipologie di parassiti.
Sono sufficienti i fusti verdi della pianta, detti anche assi sterili che maturano durante l’estate. I fusti di un chilo di pianta di equiseto, o di 150 grammi di pianta secca acquistabile in erboristeria si mettono in una pentola con 10 litri di acqua. Si lasciano riposare per 24 ore, passate le quali si deve portare l’acqua a ebollizione. Una volta bollita, bisogna spegnere il fuoco e lasciare raffreddare. Dopodiché bisogna filtrare l’infuso e inserire il ricavato in uno spruzzino da applicare direttamente sulle piante.
Le piante si possono anche lasciar macerare per 10 giorni in acqua, senza riscaldarla.
Al composto possiamo aggiungere anche del sapone di Marsiglia liquido o in scaglie (un cucchiaino ogni litro di infuso). Avremo così ottenuto l’antiparassitario naturale in grado di difendere le piante dall’attacco di funghi, afidi e parassiti, nebulizzando il composto direttamente sulle foglie nelle prime ore della giornata, da ripetere ogni 2 settimane anche a scopo preventivo, oppure ogni 3 giorni su piante già malate.
Un’alternativa al rame nella viticoltura
L’Unione europea ha rilevato la tossicità del rame come fungicida impiegato nelle colture di uva, imponendo un nuovo limite annuale di quattro chili per ettaro, non potendo essere superati i 28 chili di rame metallico applicati in un periodo di sette anni. L’impiego di questa sostanza è in discussione con le recenti normative comunitarie sempre più stringenti, a causa dell’accumulo nel suolo di questo metallo pesante.
Tra le alternative per combattere le malattie delle piante come la peronospora gli agricoltori biologici stanno prediligendo l’Equisetum arvense, ritenuto sempre più efficace. Il metodo è stato applicato con successo nelle colture di una varietà di uva bianca dell’Emilia-Romagna, la Trebbiano Romagnolo.
Utilizzato in cosmetica come antirughe
Gli antichi romani lo usavano come sostituto del sapone e anche oggi viene utilizzato in cosmetica come ingrediente di creme antirughe.
Inoltre queste piante, in quanto provviste superficialmente di granuli di silicio, anticamente venivano usate per levigare (sgrassare e lucidare) superfici anche metalliche.
Quali sono le possibili controindicazioni
È bene non utilizzare estratti a base di equiseto in caso di sospetta o accertata ipersensibilità al principio attivo e nei soggetti con problemi renali e/o cardiaci.
Prima di utilizzare impacchi a base di equiseto è bene chiedere il parere del medico, soprattutto se si è in presenza di lesioni cutanee estese.
Attenzione al “gemello” tossico
L’Equisetum arvense non va confuso con specie simili come l’equiseto palustre, che contiene alcaloidi tossici e non va mangiato. L’allarme è stato lanciato anni fa dal ministero della Salute e dai rapporti sull’utilizzo di sostanze naturali diffusi dall’Istituto superiore di sanità (Iss).
Intanto la pianta può essere facilmente inquinata dal genere palustre, che appunto contiene l’alcaloide piperidinico palustrina, agente fortemente tossico, da cui deve essere assolutamente esente, e da altri equiseti di specie diverse dall’arvense magari meno pregiati.
Inoltre, alcuni prodotti commerciali dichiarati essere Equisetum arvense, in realtà dalla lettura dei loro fingerprint negli anni scorsi hanno dimostrato essere costituiti da altre specie quali il maximum e il ramosissimum probabilmente meno costosi e più comuni.
Gli esperti della Sanità hanno studiato anche le possibilità di impiego della tecnica fingerprint, tramite l’HPTLC densitometrica e la spettroscopia NMR per identificare i costituenti più caratteristici e rilevare eventuali sofisticazioni con altre piante in campioni commerciali etichettati come “Uva ursina”. Gli studi hanno riguardato il controllo di qualità di Uva ursina foglie (Arctostaphylos uva-ursi L.), proveniente da diverse ditte produttrici di Herbal drugs. La droga vanta un antico uso nella medicina tradizionale e popolare in diversi paesi, impiegata come dicevamo soprattutto come diuretico e disinfettante urinario. Il problema è che in tempi recenti il suo utilizzo si è allargato anche agli integratori alimentari. La richiesta conseguente di questa droga vegetale ha registrato l’impiego crescente di specie congeneri o collaterali, facilitato dalla sua somiglianza con altre droghe. Pertanto occorre prestare attenzione alle etichette dei prodotti acquistati in erboristerie e soprattutto tramite le piattaforme online.
L’equiseto tossico è più alto: come riconoscerlo
Per chi decidesse di avventurarsi nei campi (in Italia si trova più facilmente sulle Alpi), l’equiseto arvense buono si presenta con le guaine delle foglie a 8-12 denti, i fusti risultano alati, alti 10 a 50 cm, diametro 1-5 mm, con cavità interna sottile. L’habitat tipico è costituito da terreni incolti umidi. La diffusione sul territorio italiano è totale fino ad una altitudine di 2.000 metri.
Invece, quello “cattivo” e tossico, in particolare quello palustre, presenta le guaine delle foglie con 6-12 denti lunghi almeno 5 mm, gli strobili sono alti da 1 a 3 cm, l’altezza della pianta va da 20 a 70 cm (più alta di quello arvense), l’habitat tipico è costituito dalle paludi e i prati torbosi. La diffusione sul territorio italiano è quasi completa (a parte le isole) fino ad un’altitudine di 2500 metri.