Dalle semplici e-mail al decreto ingiuntivo passando per la diffida: ecco quali sono gli strumenti che può utilizzare il creditore e cosa, invece, può fare il debitore per proteggersi dal recupero crediti
Nel momento in cui si verifica un accordo tra un creditore ed un debitore, quest’ultimo è tenuto entro i termini stabiliti in fase di contrattazione a rendere quanto previsto alla controparte. Ma cosa succede nel momento in cui vengono meno gli accordi presi e il debitore non riesce a pagare la fattura al creditore? Il creditore, evidentemente parte lesa dal comportamento del debitore, potrà agire in diversi modi per recuperare il proprio credito, sia muovendosi in via giudiziale che stragiudiziale. Il debitore, dal canto suo, dovrà cercare di evitare il recupero crediti; ultimo step di questo processo e procedura spesso messa in atto da una società specializzata che ha il principale obiettivo di permettere al creditore di ottenere quanto dovuto arrivando ad un nuovo accordo con il debitore. Si tratta, come detto, dell’ultimo passaggio che arriva dopo il mancato adempimento rispetto dei termini di pagamento e i solleciti rimasti inascoltati da parte del debitore.
Fattura non pagata, la figura del creditore
Nel momento in cui un debitore non paga nei termini e nei tempi previsti dal contratto, il creditore ha diversi strumenti da poter utilizzare per cercare di ottenere quanto gli spetta. Malgrado possa fin da subito agire citando in giudizio il debitore, il consiglio, anche per evitare i tempi di un processo civile, è quello di cercare una soluzione stragiudiziale. Un approccio, dunque, decisamente più soft fatto di solleciti e contatti informali con il debitore. È questo dunque il momento di inviare e mail, Pec o messaggi al debitore per ottenere il pagamento, cercando quindi di scongiurare l’ipotesi che vi sia stata una semplice dimenticanza o un’incomprensione sui termini di chiusura del contratto.
Nel caso in cui però l’inadempiente restasse tale, si potrà procedere in maniera più formale, con una diffida o una messa in mora. Per il creditore sarà dunque necessario rivolgersi ad un avvocato civilista con delle competenze specifiche nel recupero crediti che avrà il compito di redigere una lettera indirizzata alla parte debitrice. Tale lettera andrà spedita solo con una raccomandata a/r o con la Pec, al fine di essere certi che la controparte interessata abbia effettivamente ricevuto la missiva.
A tal proposito si ricorda che, malgrado la posta certificata venga ammessa per tale procedura, questa non garantisce gli allegati, ma solo l’autore, la data di ricevimento e il contenuto. Proprio questo fattore spinge molti avvocati a prediligere la forma più sicura della raccomandata a/r, oppure a scrivere il testo della lettera direttamente nel corpo della  e mail inviata con posta elettronica certificata. Ricevuta la lettera di diffida o messa in mora, il debitore, in base a quanto previsto dal Codice civile, avrà una tempistica non inferiore a 15 giorni per effettuare il pagamento. Alla scadenza del termine fissato – indicato all’interno della lettera del creditore – se il pagamento non viene effettuato, si potrà agire per vie giudiziali. In merito alle tempistiche va precisato che la Cassazione è intervenuta per sottolineare che il lasso temporale può cambiare a seconda dell’importo e della complessità di ogni singola situazione.
Fattura non pagata, la via giudiziale
Una volta che si è appreso che, malgrado i solleciti, la diffida o la messa in mora, il debitore non è intenzionato a pagare l’importo dovuto, si può procedere in via giudiziale. II tal senso si introduce l’istituto del decreto ingiuntivo, ovvero un provvedimento del giudice che fa seguito ad un procedimento per ingiunzione che permette al creditore di recuperare il proprio credito in tempi più brevi rispetto ad un procedimento civile classico.
Non conosci il Salvagente? Scarica GRATIS il numero con l'inchiesta sull'olio extravergine cliccando sul pulsante qui in basso e scopri cosa significa avere accesso a un’informazione davvero libera e indipendente
Fattura non pagata, il decreto ingiuntivo
Il decreto ingiuntivo, come accennato, ha una forma più snella e veloce rispetto a quella di un processo civile ordinario in quanto può essere dotato di provvisoria esecutorietà già dal momento della sua pronuncia. Questo vuol dire che tale provvedimento preso dal giudice può costituire direttamente un titolo esecutivo per l’esecuzione forzata.
Il creditore, dunque, potrà fare una richiesta direttamente al giudice fornendo la documentazione necessaria a testimoniare l’assenza dell’avvenuto pagamento da parte del debitore. A tal proposito si ricorda che, in base a quanto previsto dall’ordinamento civilistico italiano, il mancato pagamento di una fattura viene considerato come una prova sufficiente a dimostrare il proprio diritto a recuperare un credito. Quanto al creditore che chiede l’avvio di un procedimento per ingiunzione, è opportuno ricordare che potrà muoversi senza l’ausilio di un avvocato solo se l’importo della fattura non pagata è superiore a 1100 euro. Nei casi in cui l’importo della contesa sia inferiore alla somma indicata, ci si potrà rivolgere direttamente al giudice di pace.
Ricevuta la richiesta da parte del creditore, il giudice seguirà un processo a step che è fatto di scadenze da rispettare e mansioni di natura operativa:
- analizza la situazione e la documentazione ricevuta dal creditore;
- emette un’ingiunzione di pagamento che obbliga il debitore a pagare la somma dovuta entro 40 giorni;
- notifica l’ingiunzione di pagamento alla parte inadempiente entro 60 giorni dal momento in cui è stata emessa, pena la non validità dell’atto.
Quanto al debitore, una volta ricevuta l’ingiunzione di pagamento, avrà come detto 40 giorni per saldare quanto dovuto. In alcuni casi, tuttavia, il decreto ingiuntivo può essere provvisoriamente esecutivo, ovvero non prevedere che si attendano i 40 giorni. È il caso che si verifica quando la parte inadempiente ammette in qualsiasi modo la propria obbligazione. L’esempio tipico è quello del debitore che, conscio dei propri impegni non rispettati, chiede una dilazione per saldare la cifra.
Il debitore può però anche opporsi a quanto deciso dal giudice, ritenendolo infondato o non corretto. In questi casi non vi è altra via che quella di un vero e proprio processo civile nel quale entrambe le parti, debitore e creditore, potranno far valere i propri diritti e le proprie istanze. Al processo, dopo la prima udienza e se il credito non supera 50mila euro, il giudice invita le parti a provare una conciliazione con una mediazione obbligatoria. Se anche questa non va a buon fine, si procede con l’iter classico del processo civile.
Fattura non pagata, entro quando è possibile agire contro il debitore
Il creditore, come abbiamo più volte detto, è la parte lesa nei casi di una fattura che non viene pagata, motivo per il quale questo ha tutto il diritto ad intraprendere ogni via percorribile per ottenere il risarcimento delle somme non ricevute. Ci sono però delle scadenze che andranno rispettate, ovvero dei termini entro i quali muoversi per non incappare nel rischio di vedere decaduto il proprio diritto al risarcimento. Qualora infatti il mancato pagamento andasse in prescrizione, il creditore non potrebbe più ottenere il pagamento della cifra in questione. In base a quanto stabilito dalla legge, i termini di prescrizioni delle fatture non pagate sono i seguenti:
- 10 anni per i contratti conclusi con aziende;
- 3 anni per i professionisti, quali avvocati, medici, notai, ingegneri, ecc;
- 5 anni per i pagamenti periodici, ad esempio per le bollette del telefono.
In riferimento ai termini per agire nei confronti del debitore è importante ricordare che questi si interrompono nel momento in cui viene ricevuta dal debitore la diffida o vengono poste in essere delle azioni formali. Il conteggio dei giorni, in sostanza, deve ripartire da capo.
Fattura non pagata, la figura del debitore
Fin qui abbiamo visto il procedimento che si segue quando c’è una fattura non pagata ponendo il focus sul creditore, mentre ora spostiamo la nostra analisi sul debitore. Quest’ultimo, per evitare il recupero crediti deve per prima cosa assicurarsi delle generalità di chi intende riscuotere da lui. Sarà suo compito, dunque, chiedere gli estremi delle fatture scadute con la specifica su tutti gli importi non pagati. Tale operazione servirà al debitore ad evitare frodi e ad assicurarsi che a richiedere la somma dovuta sia stato effettivamente il creditore e non un soggetto terzo che vuole intascare la somma al posto suo.
Una volta accertato che a chiedere la somma di denaro sia il vero creditore, il debitore ha davanti a sé diverse strade:
- pagare la somma richiesta per intero;
- chiedere una rateizzazione della somma dovuta evitando così un decreto ingiuntivo;
- non pagare e sottoporsi all’iter descritto in precedenza che può culminare con l’esecuzione forzata o recupero crediti.
Cosa succede se il debitore non paga una fattura
Qualora i termini per adempiere l’obbligo di pagamento stabiliti nel decreto ingiuntivo non dovessero essere rispettati dal debitore, il creditore potrà procedere con l’esecuzione forzata. Si tratta di una tutela giurisdizionale che ha come obiettivo il recupero dei crediti e che avviene sulla base di un provvedimento del giudice o di un documento stragiudiziale dotato di efficacia esecutiva (art. 474 del Codice di procedura civile).
Da un punto di vista strettamente più pratico, con l’esecuzione forzata si procede alla realizzazione coattiva del diritto di credito, ovvero al pignoramento dei beni del debitore. Tale pignoramento potrà essere di varie tipologie, mobiliare, presso terzi o patrimoniale, con la decisione che andrà però presa in seguito alla valutazione dei beni intestati al soggetto debitore. Prima che si verifichi l’esecuzione forzata, il debitore riceve un ultimo avvertimento rappresentato dal cosiddetto atto di precetto. Ricevuto quest’ultimo, l’inadempiente avrà un termine massimo di 10 giorni per saldare il proprio debito, altrimenti si procederà con l’esecuzione forzata dei suoi beni.