In Italia si buttano ogni anno circa 6mila tonnellate di farmaci. Scaduti o inutilizzati, sono i medicinali che gli italiani comprano in sovrappiù senza ragione, a volte per loro volontà, a volte a causa di prescrizioni sovrabbondanti rispetto alle necessità e a volte a causa delle confezioni sovradimensionate rispetto ai bisogni del paziente. I numeri provengono da uno studio pubblicato dall’Anaao (Settore giovani), l’associazione dei medici e dei dirigenti del Servizio sanitario nazionale, dal titolo “Costi riducibili e spese riducibili in sanità”.
Scaduti e inutilizzati
Lo studio cita il rapporto Rifiuti Urbani 2015 di ISPRA1, frutto di un’analisi di 1.980 Comuni italiani, corrispondenti a 14.855.918 abitanti, da cui emerge uno scarto di 1.546,4 tonnellate di farmaci, costituito da 100,9 tonnellate di quelli scaduti pericolosi (medicinali citotossici e citostatici) e da 1.445,5 tonnellate di quelli scaduti, ma non pericolosi. Errori di valutazioni che si trasformano in costi: “Al termine del 2014 la spesa sostenuta per lo smaltimento dei farmaci è stata quantificata intorno a 2,3 milioni di euro. Una sottostima, questa, del volume totale andato nei rifiuti, se si pensa che lo studio ha interessato solo il 24,6% dei comuni italiani” scrive Anaao. Facendo una stima complessiva, si arriva a una cifra che supera i 9 milioni di euro l’anno. I farmaci possono giungere a scadenza non solo nelle mani dei pazienti ma anche nelle farmacie, che accantonano spesso per lungo tempo ingenti quantità di medicinali, creando dei “veri e propri silos di stoccaggio”.
Le dimensioni contano
Uno dei problemi, che porta allo spreco dei farmaci è appunto, la dimensione dei “blister”, le confezioni. “Uno studio del British Medical Journal – scrive l’Anaao – affronta il problema del confezionamento di farmaci costosi, come quelli oncologici, distribuiti in fiale contenenti una quantità di principio attivo superiore a quella necessaria e quindi necessariamente sprecata, e calcola che il 10% del volume dei farmaci erogati finirà nel cestino (l’equivalente di 1,6 miliardi di euro)”.
Prescrizioni sbagliate
Un’altra causa dello spreco di farmaci va ricercato nella “inappropriatezza prescrittiva”. Secondo il Rapporto OsMed 12, nel 2015 il consumo di antibiotici è diminuito del 2,7%, ma il loro impiego inappropriato supera il 30% nelle condizioni cliniche degli adulti prese in esame (infezioni acute non complicate delle basse vie urinarie e delle vie respiratorie). Quest’ultime, quand’anche nel 80% dei casi si sia riscontrata una patogenesi virale, sono state trattate, in modo inappropriato, soprattutto con fluorochinoloni, cefalosporine e macrolidi. Anche per i farmaci antidiabetici rimane una percentuale non marginale di inappropriatezza. Comunque, comparando i dati contenuti nel Rapporto OsMed 2014, si osserva come il tasso d’inappropriatezza si sia ridotto, passando dal 41,0% nel 2014 al 37,1% nel 2015 e si sia concentrato nel Sud e nelle isole.
Il successo dei generici
Lo studio “Costi riducibili e spese riducibili in sanità” riporta poi altri dati interessanti, come quello relativo ai farmaci generici: Nomisma riferisce13 che il mercato degli off-patent (farmaci che hanno perso la copertura brevettuale) nel 2013 è stato pari a 959 milioni di confezioni (73,5% dell’intero mercato); o la perdita di 70mila posti letto negli ospedali pubblici negli ultimi dieci anni.
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“Serve ottimizzazione non tagli”
“Il miglioramento della qualità – conclude lo studio Anaao – individuando sprechi e ottimizzando gli aspetti organizzativi, deve essere perseguito non attraverso tagli effettuati in virtù di un mero risparmio ma con una seria riallocazione delle risorse, che porti per esempio allo sblocco del turn-over, al finanziamento di nuove tecnologie di dimostrata efficacia ed alto “value”, al premiare le realtà sanitarie virtuose e chi quotidianamente lavora in prima linea al mantenimento del Servizio Sanitario”.