Renzi l’ha solo annunciato ma ieri la platea di Coldiretti si aspettava di più ovvero la presentazione del decreto per l’etichettatura del grano made in Italy. Il testo dovrebbe essere pronto e, a grandi linee, potrebbe consentire, come succede oggi per l’olio extravergine di oliva made in Italy, di indicare in etichetta “100% italiano” per chi utilizza grano duro coltivato e lavorato in Italia o “miscela di grani comunitari/extracomunitari” per chi invece si approvvigiona con materia prima diversa.
Problemi con Bruxelles o a Roma?
Il condizionale è d’obbligo perchè, come è successo per l’etichettatura d’origine sul latte, occorre chiedere il via libera da Bruxelles. Tuttavia sul grano “la battaglia” potrebbe essere più semplice visto che, a differenza del latte fresco, l’Italia è il principale (se non l’unico) produttore di pasta di semola di grano duro in Europa. Ottenere l’ok della Ue a indicare il paese d’orgine della materia prima sulla pasta potrebbe essere insomma meno complicato. Ma per chiedere il nulla osta bisogna prima presentare il decreto. Che sembra invece in stallo. Problemi con Bruxelles o con a Roma?
Sull’obbligo di etichettatura d’origine lungo filiera cerealicola, compresi le aziende di molitura e di trasformazione, tutti gli attori sarebbero d’accordo. E il consenso a specificare l’origine del grano che finisce nei nostri spaghetti sarebbe scaturito anche nel tavolo tecnico di filiera al ministero dello Sviluppo economico.
La risoluzione Mongiello
Come se non bastassero le conferme, due giorni fa la commissione Agricoltura alla Camera ha approvato all’unanimità la risoluzione dell’onorevole Colomba Mongiello (Pd) “Iniziative per la tutela del settore del grano duro” che, al primo punto, impegna il governo “a promuovere la tracciabilità e l’indicazione dell’origine nella commercializzazione dei prodotti a base cerealicola, segnatamente della pasta di grano duro, capace di tutelare le scelte del consumatore e fornirgli garanzie sulla vera origine delle materie prime utilizzate, quali il frumento, la fecola e la farina”. Non solo. Nella risoluzione si chiede al il governo di “sostenere e promuovere attività di ricerca per implementare e migliorare la produttività delle colture cerealicole, segnatamente del grano duro e le relative rese proteiche” e anche i metodi di ricerca che possona ridurre l’impiego di pesticidi. La palla ora passa al governo, in attesa che sblocchi il decreto.