Tra le maglie nere dell’Italia arriva anche quella dei giovani fumatori: siamo primi in Europa per il numero di adolescenti col vizio del tabagismo. Secondo la ricerca condotta nelle scuole di 35 Paesi, tra studenti di 15-16 anni, dal Centro Europeo per il monitoraggio della dipendenza dalle droghe (Espad), il 37% degli intervistati ha risposto di essere un fumatore, contro una media Ue del 21%.
L’80% di chi prova a smettere fallisce
Dati preoccupanti, considerando la giovane età e le numerose conseguenze per la salute che il tabagismo causa ogni anno: 6 milioni di morti in tutto il mondo, secondo una stima dell’Organizzazione mondiale della sanità, e 80mila solo in Italia. La comunità scientifica s’interroga su quali siano le alternative migliori per far smettere gli italiani col vizio della sigaretta, visto che l’80% di chi tenta di liberarsene fallisce (dati Doxa/Iss-Ofad). In genere, la strada utilizzata nel nostro Paese fino ad ora ha sempre puntato sullo spavento del fumatore e sul senso di colpa, come le campagne di comunicazione e la recente imposizione sui pacchetti di immagini forti di malattie legate al tabagismo.
L’e-cig come riduzione del danno
C’è chi, invece, basandosi su studi scientifici internazionali prova a percorrere la strada della “riduzione del danno”. Tra questi il Comitato scientifico per la ricerca sulla sigaretta elettronica che a margine di un seminario organizzato a Roma ha consegnato una lettera indirizzata al Ministro della Salute Beatrice Lorenzin, in cui è scritto: ” È giunta l’ora per le politiche di controllo del tabacco di andare oltre i soliti metodi di sensibilizzazione, prevenzione e cessazione totale del consumo di nicotina, per approcciarsi a un nuovo concetto di riduzione del danno del tabacco che dovrebbe essere seriamente preso in considerazione dalla comunità scientifica e dalle istituzioni”. Il comitato, di cui fanno parte anche Umberto Veronesi e Carlo Cipolla (Istituto europeo di oncologia), Pasquale Caponnetto (Lega italiana anti fumo) e Umberto Tirelli (Istituto nazionale tumori di Aviano), oltre a diversi esperti internazionali, basa il suo lavoro di pressione su alcuni studi scientifici che sembrano dargli ragione.
La sanità inglese favorevole
Tra questi, uno citato nel 2015 dal Public Health England, corrispettivo britannico dell’Istituto superiore di sanità, secondo cui le sigarette elettroniche sono il 95% meno dannose delle sigarette tradizionali, in quanto il grosso di elementi tossici inalati dai fumatori deriva dalla combustione della sigaretta e dalle sostanze chimiche utilizzate per trattare il tabacco, mentre nelle e-cig (altro modo di chiamare le sigarette elettroniche), non vi è combustione, ma inalazione di vapore prodotto per riscaldamento di liquidi aromatici e nicotina (ma è possibile utilizzarle anche senza quest’ultima sostanza). Anche una recente revisione scientifica condotta dalla rete indipendente di scienziati, Cochrane, ha confermato che “nessuno degli studi ha rilevato che i fumatori che hanno usato sigarette elettroniche a breve e medio termine (per due anni o meno) ha avuto un aumento del rischio per la salute rispetto ai fumatori che non le hanno utilizzato”, mentre sugli effetti a lungo termine non ci sono dati significativi. “Una ricerca dell’Imperial college di Londra – aggiunge Riccardo Polosa, che coordina il comitato scientifico – dice che in Gran Bratagna l’uso delle sigarette elettroniche ha portato alla cessazione completa di tabagismo per ben 20mila persone”.
Pareri diversi sugli effetti sul cuore
Non tutti all’interno della comunità scientifica esibiscono questa sicurezza nello schierarsi a favore dell’utilizzo della sigaretta elettronica, principalmente a causa dell’assenza di dati epidemiologici utili a quantificare i rischi, considerato che per averli sono necessari almeno 30 anni, mentre le prime e-cig in commercio risalgono al 2003. Anche sui rischi cardiovascolari, ci sono posizioni differenti: secondo L’Iss, che pur ammette una tossicità bassissima rispetto al fumo tradizionale, almeno per i dispositivi che contengono nicotina, gli effetti dannosi sul sistema cardiocircolatorio sono noti, mentre Carlo Cipolla, cardiologo dell’Ieo, ritiene che riducendo il consumo di normali sigarette si riduce la pressione arteriosa e la frequenza cardiaca, che costituiscono appunto le basi dell’affaticamento cardiaco. Secondo David Nutt, dell’Imperial College di Londra, “Uno studio pubblicato sull’European journal of additino afferma che le sigarette tradizionali sono il modo più pericolo e dannoso di assumere nicotina tra quelli esistenti. Una prova è il caso Svezia“. Nutt si riferisce al fatto che nel Paese scandinavo gli uomini fumatori sono molto pochi perché sono abituati allo snus, il tabacco da masticare, e in quel Paese si registra un’incidenza del cancro ai polmoni bassissima, del 6%, mentre le svedesi che utilizzano molto meno lo snus, hanno tassi di cancro ai polmoni paragonabili a quelli degli altri paesi europei”.
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Le richieste al ministro
I promotori della lettera al ministro Lorenzin, che ha annunciato di voler inserire una tassa di un cent a sigaretta per finanziare l’acquisto di farmaci antitumorali, temono che le misure riguardino anche le sigarette elettroniche: “Se le autorità preposte a definire le norme per la regolamentazione dei prodotti del tabacco continueranno ad applicare le stesse norme del tabacco alle e-cig e, contestualmente, considerare i prodotti contenenti nicotina a basso rischio come parte del problema, ridurranno il potenziale enorme di tali alternative”. Il dibattito comincia ad aprirsi piano piano anche nel nostro paese, dove secondo l’Iss sono stimati circa 800 mila gli utilizzatori assidui di ecig, in crescita dopo una battuta di arresto dovuta alle preoccupazioni circolate dai media. Anche un colosso come la Philip Morris ha investito nel settore con le e-cig di nuova generazione, le iQOS.
La questione aperta dei metalli
Di sicuro, rimane aperta la questione dei metalli presenti all’interno dei liquidi delle ecig. A settembre 2015, un’indagine francese segnalava, su 110 campioni analizzati, la non conformità del 90% dei liquidi di ricarica per e-cig, in quanto “l’etichetta non corrisponde alla composizione del prodotto analizzato”, come per esempio la presenza o il tasso di nicotina. A ciò si aggiunga che nel giugno del 2013 il settimanale Il Salvagente pubblicò i risultati dei test di laboratorio condotti dal dipartimento di Farmacia dell’Università Federico II di Napoli su 6 liquidi per e-cig riscontrando la presenza di piombo, cadmio, cromo e arsenico, metalli pesanti, tossici o cancerogeni. Dalla denuncia partì un’inchiesta del procuratore di Torino Raffaele Guariniello che, a seguito di ulteriori analisi affidate al Nas, ordinò il sequestro di alcuni prodotti “risultati” fuori norma. Sui metalli, il problema principale è che non c’è allo stato nessuna soglia massima fissata per le ecig, come per esempio avviene per la nicotina, né studi che dicano se e in che modo possano fare male le sostanze inalata nella quantità mediamente presente nelle sigarette elettroniche. ” Da presidente del gruppo di lavoro , per la regolamentazione delle sigarette elettronicheall’interno del Comitato europeo di normazione – risponde al Test Polosa – dico che uno dei temi è questo, però tutti gli studi successivi che sono stati fatti sui liquidi e soprattutto sulle emissioni, perché quello ci interessa, non mettono in evidenza livelli di metalli pesanti, solamente tracce. Tra l’altro l’innovazione del prodotto è tale e talmente veloce che nel giro di cinque anni sarà inutile anche andare a dosare i metalli pesanti nelle emissioni. È un po’ come l’euro nelle macchine Diesel, quando è nato la regolamentazione era abbastanza largheggiante, ora siamo all’euro 6-7, è chiaro che questa regolamentazione negli anni è diventata più stringente perché le conoscenze negli anni sono aumentate. È la stessa cosa dobbiamo fare noi, man mano che le conoscenze diventeranno più consolidate, dovremo dare delle direttive più stringenti”.