Le mamme No Pfas, che da anni lottano contro l’inquinamento delle falde acquifere, a partire dalle drammatiche condizioni in cui si è trovata una larga parte del Veneto, scrivono al ministro dell’Ambiente per sollecitarlo a passare all’azione: “Germania, Paesi Bassi, Norvegia, Svezia e Danimarca stanno lavorando a una proposta di restrizione Reach per limitare i rischi per l’ambiente e la salute umana derivanti dalla produzione e dall’uso di tutte le sostanze per- e polifluoroalchiliche (Pfas)”, dice la lettera, “Per contrastare questo cambio di rotta, Chemours (azienda chimica Usa, ndr) ha chiamato all’azione le associazioni di industriali di tutta Europa.Noi chiamiamo all’azione il nostro Ministro Sergio Costa perché dimostri di voler davvero tutelare la salute dell’ambiente e dei suoi cittadini senza piegarsi alle pressioni delle lobby della chimica irresponsabile”.
L’Italia al primo posto delle contaminazioni
Le mamme No Pfas si chiedono: “La più grave ed estesa contaminazione da Pfas in Europa è in Italia. Perché il nostro Governo non è in prima linea in questo cambiamento? I Pfas sono presenti come bombe ad orologeria pronte ad esplodere nei nostri figli. Non possiamo più tollerare che la cessazione della loro produzione e del loro utilizzo venga continuamente posticipata. Le alternative sicure esistono ed è su quelle che ci si deve concentrare per gli usi essenziali“.
Solo il Veneto ha messo limiti
Il disastro ambientale è noto dal 2013 eppure solo la Regione Veneto, nel 2017 ha fissato un limite di 390 ng/l per le acque potabili con l’obiettivo di raggiungere lo zero tecnico (assenza virtuale) nell’area più colpita. Mancano ancora limiti nazionali per gli scarichi che il Ministero dell’Ambiente sta di- scutendo da oltre due anni. A causa di questo ritardo, molte aziende venete hanno fatto ricorso e continuano a scaricare oltre i limiti regionali.
L’incontro rinviato
Dopo il sit-in a Roma, il Ministero dell’Ambiente aveva invitate il comitato ad un tavolo tecnico insieme a Confindustria. L’appuntamento del 29 ottobre è stato rinviato a causa dell’emergenza Covid-19, “ma contiamo – scrivono le mamme No Pfas di poter dare al più presto il nostro contributo affinché i limiti indicati nella bozza del Collegato Ambientale 2020 vengano drasticamente abbassati”.
La storia della Solvay di Alessandra
Le industrie dal 2013 hanno avuto tutto il tempo di adeguare i propri impianti, eppure secondo il comunicato che le mamme No Pfas hanno scritto insieme al Comitato Stop Solvay, “un’azienda come la Solvay di Spinetta Marengo (Al), recentemente condannata per aver consapevolmente inquinato la falda acquifera, ha da poco ottenuto l’ampliamento della produzione di C6O4, già trovato nel fiume Po che attraversa tutta la Pianura Padana fornendo acqua potabile e per l’irriguo, per poi finire nel Mare Adriatico, con buona pace di consumatori di vongole e molluschi. La necessità di regolamentare queste sostanze riguarda tutto il territorio nazionale perché i Pfas sono stati trovati nei fiumi di tutte le Regioni italiane”.
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