Carne scaduta rietichettata, Report: finiva nei ristoranti. L’ombra del riciclaggio dei clan

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Report prosegue l’inchiesta sul macello Bervini di Mantova dove carne estera scaduta veniva lavorata ricongelata ed etichettata: le immagini mostrano tagli venduti come carne italiana con date spostate in avanti di anni. Secondo la trasmissione, ci sarebbe l’ombra del riciclaggio di clan pugliesi dietro la carne, rivenduta ai ristoranti

Report prosegue l’inchiesta sul macello Bervini di Mantova dove carne estera scaduta veniva lavorata ricongelata ed etichettata: le immagini mostrano tagli venduti come carne italiana con date spostate in avanti di anni. Secondo la trasmissione, ci sarebbe l’ombra del riciclaggio di clan pugliesi dietro la carne, rivenduta ai ristoranti.

La rietichettatura che spostava la data e l’origine della carne

Ma andiamo con ordine. Giulia Innocenzi, con l’aiuto delle testimonianze anonime e dei video girati di nascosto da operati e ex operai del macello di Mantova, ci aveva mostrato nella puntata precedente di Report come carne scaduta anche da anni, proveniente da Uruguay, Argentina, e varie altre parti del mondo (persino dalle riserve militari egiziane) venisse scongelata, lavorata con la rimozione della parte annerita, riconfezionata e ricongelata. Nella puntata del 30 novembre, le immagini mostrano operai intenti a rietichettare le confezioni con scadenze spostate al 2027, di carni indicate nelle etichette originarie come “da non ricongelare”. I pezzi scaduti da meno tempo, in condizioni migliori, secondo l’inchiesta, si premiavano con un’etichetta con su scritto “carne allevata in Italia e macellata in Italia”. Un operaio sostiene di aver visto con i propri occhi gli scarti anneriti della lavorazione di queste carni essere rilavorati con additivi per riprendere colore. Secondo quello che gli è stato riferito, potrebbero essere finite come carne tritata per delle hamburgerie. Il grosso della carne rilavorata sarebbe invece arrivata alla ristorazione passando per la Gdo. Qui con la cottura, le spezie e le aggiunte varie, i clienti non si sarebbero accorti di stare mangiare una carne scaduta persino nel 2022.

QUI L’INCHIESTA DI REPORT DEL 30/11/2025

L’Ats e i controlli sempre preannunciati

L’Azienda territoriale sanitaria (Ats) Val Padana, interrogata da Giulia Innocenzi sui controlli, si è difesa dicendo che le lavorazioni irregolari erano fatte il sabato, quando i veterinari non vanno in azienda, perché non ci sono macellazioni, e che “è difficile fare i controlli a sorpresa, perché magari poi rischi di non trovare nessuno quando vai”. E in effetti, come spiega un operaio, i controlli dell’Ats venivano sempre preannunciati almeno la sera prima via chat agli operai, con tanto di orario di arrivo dei controllori. I lavoratori facevano così trovare tutto in ordine, e chi non era in regola con il contratto, rimaneva a casa. L’Ats dopo l’inchiesta di Report ha sequestrato le celle frigorifere del macello Bervini, così come il tunnel di congelamento, e ha sospeso il riconoscimento delle lavorazioni da sezionamento. Meglio tardi che mai.

L’ombra dei clan pugliesi e del riciclaggio

Ma quello che succedeva dentro il macello di Bervini non è la sola parte interessante e impressionante dell’inchiesta di Giulia Innocenzi. Risulta che gli operai, dipendenti di una cooperativa riconducibile prima a Francesco Giordano, imprenditore di Bitonto, e poi a Giorgio Oprea (titolare Geocarni), venissero pagati in parte fuori busta, con contanti. Secondo Report, che a tal riguardo ha sentito la Direzione investigativa antimafia, parte dei soldi cash che dalla Puglia viaggiavano verso il macello di Mantova sarebbero stati fondi per il riciclaggio dei clan, favorito anche dall’attività di  pluripregiudicato, anch’esso bitontino, Emanuele Sicolo, già condannato per associazione di tipo mafioso (416 bis)  e ritenuto nell’orbita del clan Parisi di Bari. Sia Sicolo che Giordano sono finiti in carcere per attività di riciclaggio.

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