“Italians do it better”, passate e sughi italiani convincono i francesi

PASSATA POMODORO VALFRUTTA

Nel test francese su 30 prodotti a base di pomodoro Mutti si distingue tra i concentrati, Barilla tra i sughi al basilico e un’altra azienda italiana vince tra le passate. Molti produttori usano con l’inganno “origine Italia”

La salsa di pomodoro italiana vince il confronto internazionale: i nostri prodotti si classificano ai primi posti nel test di copertina della rivista francese 60 Millions de consommateurs che ha analizzato in laboratorio 30 salse a base di pomodoro, suddivise in quattro categorie: passate, concentrati, sughi al basilico e alla bolognese. Mutti e Barilla vincono rispettivamente tra i concentrati e le salse al basilico. Tra le passate la migliore è “Le Delizie di Mamma” (prodotta dall’azienda italiana Terre di San Giorgio), mentre il prodotto Carrefour Bio vince tra i sughi alla bolognese.
Tutti e quattro questi prodotti mostrano un buon rapporto qualità/prezzo, ingredienti semplici e sono puliti da pesticidi. Piccolo neo: il contenuto di zuccheri nel concentrato Mutti e il sale, un po’ elevato in tutte le salse.

Come è stato effettuato il test

Su tutti i campioni di salse di pomodoro sono state effettuate le seguenti analisi:

  • ricerca di pesticidi mediante cromatografia gassosa e liquida accoppiata alla spettrometria di massa: sono state ricercate oltre 650 molecole nelle salse a base esclusiva di pomodoro e più di 700 in quelle contenenti altri ingredienti;
  • analisi nutrizionale, basata sulla lettura dell’etichetta: contenuto di sale, zuccheri e numero totale di ingredienti;
  • analisi isotopiche sui concentrati e sulle passate per verificare l’origine geografica dei pomodori utilizzati;
  • identificazione della specie animale presente nelle salse bolognesi tramite reazione a catena della polimerasi.

Concentrato dalla Cina, ma l’etichetta dice “origine Italia”

La produzione di un sugo industriale è abbastanza diversa dal prodotto fatto in casa. Sveliamo subito una realtà: a differenza dei pomodori freschi e succosi, che troviamo sui banchi di mercati e supermercati, quelli utilizzati per i prodotti industriali sono varietà “tecniche”, selezionate per avere una buccia spessa e un contenuto d’acqua molto basso. Quest’anno, il principale produttore mondiale è la California (10,5 milioni di tonnellate all’anno), seguita da Cina e Italia.
La Cina si è specializzata nella produzione dei concentrati ad alta densità: più il contenuto d’acqua è basso, minori sono i costi di trasporto. A volte viene utilizzata la dicitura “doppio concentrato” che è spesso abusiva: si tratta in realtà di tripli concentrati d’importazione, diluiti con acqua. Le salse e le passate si basano anch’essi su concentrato o purea, che differiscono per la percentuale di sostanza secca totale.
I risultati più sorprendenti – e deludenti – delle analisi riguardano proprio l’origine del concentrato di pomodoro. L’Italia è il richiamo ideale per questo tipo di prodotti e, infatti, molti produttori sfruttano l’immagine del nostro Paese sulle confezioni: il tubetto Priméal, la lattina Eco+ e le coppette Auchan riportano ben visibile la dicitura “origine Italia”, mentre Léa Nature – Jardin Bio étic precisa che il suo doppio concentrato è “ottenuto da pomodori coltivati sotto il sole d’Italia”.
Per verificare queste dichiarazioni, il laboratorio ha effettuato analisi isotopiche su ciascun campione, in grado di confermare o smentire l’origine geografica di un ingrediente confrontandolo con banche dati mondiali.
Risultato: quattro concentrati su cinque provengono probabilmente dalla Cina, nonostante l’etichetta indichi “origine Italia”. Secondo il laboratorio, i campioni “sarebbero compatibili con un’origine cinese”, senza però poterlo affermare con certezza assoluta. Questi prodotti sono stati penalizzati con un voto inferiore a 10 su 20.
Un’origine cinese non è di per sé sorprendente visto che il paese è uno dei principali produttori di pomodori industriali e esporta concentrati in tutto il mondo, Italia compresa, grazie a costi di produzione molto più bassi. Poiché si tratta di alimenti trasformati, i produttori non sono tenuti a indicare l’origine delle materie prime, ma è discutibile indicare “origine Italia” se la tracciano solo dai propri fornitori.
Per le passate, invece, l’origine italiana o francese è stata confermata, tranne che per un prodotto la cui analisi isotopica non è stata possibile per la presenza di olio miscelato ai pomodori.
Le analisi sull’origine della carne nelle salse bolognesi hanno confermato le specie dichiarate (manzo e maiale) con una sola eccezione: la salsa Barilla, in cui non è stato possibile rilevare Dna animale, probabilmente a causa della frammentazione dovuta all’acidità del pomodoro.

Pesticidi, anche vietati in Europa

Sul fronte della “pulizia” i concentrati ottengono risultati scarsi: anche le due referenze biologiche contenevano residui di imidacloprid, un pesticida vietato nell’UE dal 2020. La presenza potrebbe derivare dalla persistenza nel suolo e nelle falde.
Le passate risultano più “pulite”: solo Monoprix e Reflets de France contenevano tracce.
Le salse al basilico e le bolognesi bio si sono rivelate prive di pesticidi, mentre tra quelle convenzionali non mancano le delusioni.
Tutte le salse al basilico contengono almeno un residuo, ma c’è chi arriva a sei come il prodotto di Lidl. In quattro di esse – compresa la costosa Italians do it betterè stata rilevata una molecola vietata nell’Ue (dimetomorf). Tuttavia, il periodo di deroga è scaduto solo il 20 maggio 2025, quindi è probabile che i pomodori siano stati raccolti prima.
Le bolognesi se la cavano un po’ meglio: al massimo tre pesticidi per Panzani e Zapetti, con una molecola vietata solo nella seconda.

Attenzione a sale e zuccheri

Dal punto di vista nutrizionale, queste salse non sono tutte sono raccomandabili.
L’Oms consiglia di non superare 5 g di sale al giorno. Le salse al basilico sono la categoria più salata del test, con una media di 1,05 g/100 g, con picchi fino a 1,7 g della salsa al basilico Florelli, che raggiunge da sola oltre un quarto dell’apporto giornaliero in una singola porzione (80 g). A seguire le salse alla bolognese che contengono una media di 0,86 g/100 g di sale.
Quanto agli zuccheri, i concentrati sono i più ricchi (14,3 g/100 g), poiché il processo di evaporazione concentra anche i monosaccaridi (glucosio e fruttosio).
Molto più moderate le altre categorie: tra le meno zuccherate spiccano la bolognese Zapetti (2,2 g/100 g) e la basilico Italians do it better (2,9 g/100 g).

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Fino a dodici ingredienti per una salsa

Non esistendo una normativa specifica per le ricette dei sughi pronti, ogni produttore sceglie liberamente gli ingredienti. E le differenze sono notevoli.
Una bolognese fatta in casa richiede circa 6 ingredienti: le migliori del test ne contengono 8, un numero accettabile. Tuttavia, alcune contengono amido di patata (Carrefour Bio, Monoprix Bio), probabilmente per addensare. All’estremo opposto, Picard, Auchan e Panzani arrivano a 12 ingredienti, tra cui amido modificato di mais: un additivo tipico dei cibi ultra-trasformati, anche se non dannoso. Lo stesso additivo compare nelle salse al basilico Combino e Turini. Solo Italians do it better, con 5 ingredienti essenziali (pomodoro, basilico, olio, sale, pepe), ottiene un “molto buono”.
I concentrati e le passate si distinguono per semplicità: contengono solo pomodoro (in purea o concentrato) e talvolta sale. Eccezione per Reflets de France, con zucchero e olio aggiunti.

Un buona notizia sui concentrati: contengono più licopene 

Oltre che gustosa, la salsa di pomodoro fa bene alla salute grazie al suo contenuto di licopene (50–100 mg/kg di pomodori freschi, a seconda della varietà), un pigmento antiossidante e antinfiammatorio che può contribuire a ridurre i rischi cardiovascolari, metabolici e ossei, oltre ad alcuni tumori.
La buona notizia è che la cottura e la trasformazione industriale ne aumentano la biodisponibilità: il concentrato di pomodoro contiene fino a 7 volte più licopene della polpa fresca, soprattutto se consumato con grassi.