
La scelta di Tallin è verso una transizione graduale verso sistemi alternativi alle gabbie per migliorare il benessere delle galline. E, mentre in Europa si continua a prendere tempo, ci sono già nazioni “cage free”, di cui purtroppo non fa parte l’Italia
Dal 1° gennaio 2035 in Estonia sarà vietato allevare galline ovaiole in gabbia, comprese quelle “arricchite”, ovvero le strutture che – pur offrendo qualche comfort in più – continuano a limitare fortemente i comportamenti naturali degli animali. La misura riguarda anche i pulcini e le pollastrelle.
Il disegno di legge, notificato ufficialmente alla Commissione europea, non si limita a fissare un obiettivo a lungo termine: già a partire dal 1° gennaio 2026, tutti i nuovi allevamenti di ovaiole dovranno adottare esclusivamente sistemi alternativi – a terra o all’aperto – progettati per funzionare senza alcun tipo di gabbia.
L’Europa prende tempo
La scelta estone arriva mentre l’Unione Europea sta valutando una riforma complessiva delle norme sul benessere animale, attualmente in ritardo rispetto alle aspettative dei cittadini e agli impegni annunciati. L’iniziativa “End the Cage Age”, promossa da oltre 170 organizzazioni e sostenuta da 1,4 milioni di firme, ha portato Bruxelles a promettere una revisione legislativa che bandisca l’uso delle gabbie per tutti gli animali da allevamento. Tuttavia, l’iter si è arenato, anche a causa delle pressioni dell’industria zootecnica.
L’Estonia si muove quindi in anticipo, e lo fa in maniera graduale, lasciando quasi dieci anni agli allevamenti esistenti per riconvertirsi.
Chi ha già aperto (almeno un po’) le gabbie
All’interno dell’Unione Europea, l’Austria e il Lussemburgo sono gli unici paesi 100% cage-free. Ma anche Svizzera, Islanda e Liechtenstein non producono più uova da allevamenti in gabbia e sono 100% cage-free.
Medaglia d’argento va alla Svezia dove, secondo gli ultimissimi dati, la percentuale di galline ancora tenute in gabbia è scesa a poco meno dell’1%.
Terza sul podio la Germania: con il 96.00% di uova cage free.
Anche la Slovenia di recente sembra abbia compiuto un passo significativo, annunciando il divieto graduale dell’uso delle gabbie per la produzione di uova, con l’obiettivo di eliminare completamente questo sistema entro il 2028.
E chi se le tiene strette
In molti altri paesi invece – Italia compresa – la percentuale si attesta tra 80% e 60% ecco un elenco in ordine tratto da quello pubblicato dall’Ong Animal Equality: Regno Unito (77%), Finlandia (70.90%), Francia (69.90%), Italia (66%), Belgio (65.30%), Irlanda (60.80%).
Vanno peggio altri Paesi dove le percentuali si attestano tra il 50% e il 10%: Romania (47.20%), Repubblica Ceca (43.70%), Croazia (38.00%), Cipro (35.40%), Slovacchia (34.80%), Spagna (32.90%), Portogallo (32.80%), Ungheria (31.50%), Lettonia (31.40%), Bulgaria (30.00%), Polonia (29.90%), Grecia (23.50%), Lituania (20.40%) e Serbia (10%).
Nel nostro Paese, come è evidente, le gabbie arricchite sono ancora legali e rappresentano una parte significativa del sistema produttivo. Dal 2003, la normativa impone che ogni gallina disponga di almeno 750 cm², di cui 600 utilizzabili (appena meno di un foglio A4), e un’altezza minima di 20 cm. Requisiti minimi che non garantiscono certo una vita dignitosa agli animali.
E mentre alcune catene di distribuzione hanno scelto volontariamente di rifornirsi solo da allevamenti “cage free”, non esiste ancora una norma nazionale che preveda la dismissione progressiva delle gabbie.
Una questione di benessere e trasparenza
Diversi studi scientifici, tra cui quelli dell’EFSA, dimostrano che l’allevamento in gabbia limita fortemente la possibilità per le galline di compiere comportamenti naturali come razzolare, distendere le ali, fare bagni di sabbia o costruire nidi. Elementi essenziali per il benessere psicofisico dell’animale.