Liquirizia, allerta dell’Anses sugli effetti di un consumo eccessivo

Un consumo elevato e ripetuto di alimenti e bevande contenenti liquirizia può provocare ipokaliemia e ipertensione, che aumentano il rischio cardiovascolare. L’Agenzia francese ha analizzato oltre 100 casi di effetti indesiderati e chiede una maggiore informazione in etichetta

La liquirizia fa male? È un dubbio che spesso ritorna e a sollevarlo nuovamente è l’Anses, Agenzia nazionale francese per la sicurezza sanitaria dell’alimentazione, che ha analizzato oltre cento casi di effetti indesiderati, talvolta anche gravi, legati al consumo di prodotti contenenti liquirizia, soprattutto bevande e dolciumi, segnalati tramite il sistema di nutrivigilanza e dai centri antiveleni. I sintomi più frequenti? Ipokaliemia (riduzione del potassio nel sangue) e ipertensione, che aumentano il rischio cardiovascolare.

Dalla valutazione dell’Anses emerge chiaramente che un consumo elevato e ripetuto di alimenti e bevande contenenti liquirizia può provocare questi due effetti, potenzialmente responsabili di complicanze cardiovascolari. Donne in gravidanza o allattamento, bambini e persone con patologie cardiovascolari (in particolare ipertensione), disturbi renali o epatici, sono le categorie più sensibili.

Oltre a ipokaliemia e ipertensione, tra gli effetti indesiderati di un eccessivo consumo di liquirizia ci sono anche rischi di interazione con varie classi di farmaci, come:

  • diuretici ipokaliemizzanti,
  • lassativi stimolanti,
  • glucocorticoidi,
  • digitalici (come la digossina),
  • farmaci antipertensivi,
  • medicinali che possono causare torsioni di punta (un tipo di aritmia cardiaca potenzialmente grave).

Acido glicizzirrico: il 60% di chi consuma liquirizia supera il valore tossicologico

La liquirizia è una pianta regolarmente impiegata negli integratori alimentari, in particolare per le proprietà digestive attribuite alla sua radice, ed è utilizzata come ingrediente in alcuni integratori alimentari e come additivo aromatizzante in bevande e alimenti. Uno dei suoi componenti principali, l’acido glicirrizico, così come il suo sale d’ammonio, è autorizzato a livello europeo come aroma alimentare (sigla E958).
Una direttiva dell’Unione europea impone la loro identificazione in etichetta quando la concentrazione supera una certa soglia negli alimenti o nelle bevande. In tal caso, l’etichetta deve riportare, a seconda del contenuto: “Contiene liquirizia/le persone che soffrono di ipertensione devono evitare un consumo eccessivo”.
L’Anses raccomanda di indicare in etichetta la presenza di liquirizia, anche in piccole quantità, o del suo principale principio attivo, l’acido glicirrizico.
Anche perché, sulla base dei limiti massimi autorizzati di acido glicirrizico negli alimenti, l’Anses rileva che circa il 60% degli adulti, e oltre il 40% dei bambini che consumano liquirizia superano il valore tossicologico indicativo, stabilito per questa valutazione.

Pertanto, l’Anses raccomanda di:

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  • informare i consumatori sulla presenza di liquirizia negli alimenti tramite una menzione in etichetta, anche se contenuta in piccole quantità;
  • evitare la somma di fonti contenenti liquirizia (bevande alcoliche o analcoliche tipo pastis, sciroppi, caramelle, tisane, integratori alimentari);
  • comunicare al medico l’assunzione di prodotti contenenti liquirizia in caso di malattie cardiovascolari (in particolare ipertensione), patologie renali o epatiche, ipokaliemia, gravidanza o allattamento, o nel dubbio su possibili interazioni farmacologiche.