Greenwashing in etichetta: così le confezioni “eco” ingannano i consumatori

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Dalla Germania una rassegna dei casi di pubblicità ambientale ingannevole nel 2024: cioccolato, stoviglie per bambini e cannucce di carta tra i prodotti nel mirino delle autorità per greenwashing

“Compostabile”, “ecologico”, “alternativa green”: parole rassicuranti che popolano le etichette di imballaggi e utensili per alimenti. Ma quante di queste affermazioni sono realmente fondate? Una risposta arriva dal bilancio delle attività ispettive condotte nel 2024 dalle autorità tedesche, che hanno messo sotto la lente 43 prodotti pubblicizzati come rispettosi dell’ambiente. Il verdetto? In moltissimi casi si tratta di greenwashing.

Cioccolato sì, ma non così sostenibile

Nel mirino sono finite per prime le confezioni di cioccolato. Dieci le referenze analizzate

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Slogan accattivanti come “We care for nature” e “Eat green” accompagnano il piatto per bambini, presentato come composto al 90% da fibre naturali. Tuttavia, analisi condotte dalle autorità tedesche hanno rivelato la presenza di plastica melamminica, non dichiarata in etichetta e non biodegradabile.

che, accanto all’involucro esterno in cartoncino, sfoggiavano una pellicola interna definita

“compostabile”. Peccato che le analisi abbiano rivelato la presenza non solo di cellophane, ma anche di cloruro di polivinilidene (PVDC), una plastica non biodegradabile. Un materiale che smentisce le promesse ambientali e che, secondo la normativa europea (Reg. CE 1935/2004) e tedesca (LFGB § 33), configura una pratica commerciale ingannevole.

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Il bambù “ecologico” che non è affatto ecologico

Altro fronte caldo, quello delle stoviglie per bambini vendute come realizzate in fibra di bambù. In realtà, i test hanno accertato che molti di questi prodotti contenevano melammina, una plastica formalmente vietata in questo contesto dalla Commissione Europea già dal 2020. Anche in questo caso, le etichette

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Il set per bambini in “fibra di bambù” promette biodegradabilità e rispetto per l’ambiente (“From the Earth, back to the Earth”), ma le analisi hanno rilevato la presenza di melammina, una plastica non dichiarata. Un caso tipico di greenwashing ambientale smascherato dai controlli tedeschi.

omettevano informazioni decisive e promettevano biodegradabilità del tutto infondata. Una comunicazione scorretta che, come ricordato da una recente sentenza della Corte federale tedesca (BGH, giugno 2024), ha un forte impatto emotivo sul consumatore, inducendolo a scelte non informate.

Quando anche la carta non è così “naturale”

Nemmeno prodotti come cannucce, piatti e tovaglie di carta o canna da zucchero sono esenti da critiche. Su 18 campioni analizzati, in molti casi le diciture “eco-friendly” o “sostenibile” apparivano prive di spiegazioni concrete, creando aspettative infondate. Come spiegano i tecnici, la produzione della carta richiede processi chimici complessi e l’uso di resine plastiche, colle e rivestimenti. Residui che, una volta dispersi nell’ambiente o nei cicli di riciclo, rappresentano un problema reale.

Una normativa in arrivo, ma il rischio persiste

Dal marzo 2024 è in vigore a livello europeo la Direttiva 2024/825, che mira a rafforzare la tutela dei consumatori contro pratiche ambientali scorrette. Ma per vederne gli effetti concreti bisognerà aspettare almeno il 2026, quando entrerà pienamente in applicazione. Intanto, i controlli continuano a svelare

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Cannucce di carta vendute come “biodegradabili”, “da materie prime rinnovabili” e “facilmente riciclabili”. Ma la produzione della carta impiega numerosi trattamenti chimici e resine sintetiche. Secondo le autorità tedesche, anche queste affermazioni generalizzate costituiscono pubblicità ambientale ingannevole.

come la corsa al “verde” si traduca troppo spesso in slogan vuoti e marketing ingannevole.

Il Salvagente dice basta

Quanto accaduto in Germania è solo la punta dell’iceberg. Anche in Italia – come più volte denunciato dal Salvagente – si moltiplicano i prodotti che millantano virtù ambientali non dimostrate. Per questo è essenziale che i consumatori pretendano trasparenza, e che le autorità di controllo vigilino con rigore. Perché un futuro davvero sostenibile non può costruirsi sull’inganno.