
Dopo la sentenza sulla Terra dei fuochi, la Corte europea dei diritti dell’uomo accerta la violazione delle autorità italiane per la protezione degli abitanti vicini allle Fonderie Pisano nella Valle dell’Irno (Salerno), associate a tumori e altri patologie
Dopo la sentenza sulla Terra dei fuochi, la Corte europea dei diritti dell’uomo accerta la violazione delle autorità italiane per la protezione degli abitanti vicini allle Fonderie Pisano nella Valle dell’Irno (Salerno), associate a tumori e altri patologie.
La sentenza
Nello specifico, con la sentenza del 6 maggio 2025 pronunciata sul ricorso n. 52854/18, L.F. e altri c Italia, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha infatti accertato la violazione dell’art. 8, sul “Diritto al rispetto della vita privata e familiare”, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (Cedu). Le cause, scrive una nota dello studio legale Saccucci & partners, che ha seguito il ricorso, sono legate al fatto che le autorità italiane hanno omesso l’adozione delle misure necessarie ad assicurare la protezione effettiva dei cittadini residenti nei pressi dello stabilimento industriale “Fonderie Pisano”, situato nella Valle dell’Irno.
La storia
Originariamente classificata come zona industriale nel 1963, l’area è stata successivamente destinata ad uso residenziale nel 2006, subordinatamente alla delocalizzazione della fonderia, che tuttavia non è mai avvenuta. “L’impianto ha continuato ad operare, nonostante il nuovo assetto urbanistico e le evidenze scientifiche che ne hanno confermato l’impatto nocivo sull’ambiente e sulla salute della popolazione” spiega la nota di Saccucci & partners. In particolare, lo studio epidemiologico Spes (‘Studio di Esposizione nella Popolazione Suscettibile’) e le analisi condotte sui residenti hanno rilevato concentrazioni di metalli pesanti notevolmente superiori alla media e hanno dimostrato la riconducibilità degli effetti dell’inquinamento sulla popolazione all’attività della fonderia.
Gravi forme di inquinamento
La Corte ha rilevato che tra il 2008 e il 2016 lo stabilimento ha prodotto gravi forme di inquinamento, senza che la popolazione interessata sia stata adeguatamente informata dei rischi connessi alla permanenza in quell’area. Inoltre, ha osservato che, nonostante la classificazione dell’area come urbana, tra il 2008 e il 2016 le autorità italiane non hanno adottato misure efficaci per tutelare il diritto dei ricorrenti al rispetto della vita privata. Per quanto riguarda il periodo successivo al 2016, la Corte ha ritenuto che gli sforzi compiuti per ridurre l’impatto ambientale della fonderia siano stati insufficienti a compensare l’esposizione prolungata subita dalla popolazione locale. Ha pertanto concluso che le autorità italiane hanno mancato di operare un adeguato bilanciamento tra gli interessi in gioco, configurando una violazione degli obblighi.
Gli obblighi imposti allo Stato italiano
La Corte ha quindi imposto allo Stato italiano l’obbligo di adottare misure generali volte a ripristinare, per quanto possibile, la situazione in cui i ricorrenti si sarebbero trovati se la violazione non si fosse verificata, suggerendo, tra le possibili misure, non solo un’efficace gestione dei rischi ambientali legati all’attività della fonderia, ma anche la sua delocalizzazione, come già previsto dal piano urbanistico comunale del 2006. Gli avvocati Andrea Saccucci e Roberta Greco, che hanno assistito i ricorrenti, anche se soddisfatti dalla sentenza, hanno evidenziato le incongruenze rispetto ad un altro recente caso di inquinamento ambientale relativo alla Terra dei Fuochi in cui la Corte europea ha accertato anche la violazione del diritto alla vita, condanna ben più pesante.
Il comitato locale: “Finalmente la Corte indica i responsabili dopo anni di battaglie”
Lorenzo Forte, presidente dell’associazione “Salute e vita”, che si batte da anni contro l’inquinamento della fonderia, commenta: “Per la nostra comunità è una giornata epocale. La sentenza della Corte europea dei Diritti dell’Uomo mette la parola fine all’accertamento della verità storica sul disastro ambientale e sulla devastazione causata dall’inquinamento delle Fonderie Pisano.Siamo soddisfatti di questa sentenza, che condanna inequivocabilmente lo Stato italiano e tutti gli organi istituzionali responsabili, quali la Regione Campania, il Comune di Salerno e l’Asl, che avevano il potere, ma soprattutto il dovere, di tutelare l’articolo 8 della Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo: ‘Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza'”, “Oggi, la nostra gioia è però mista all’amarezza, quella di sapere di aver avuto sempre ragione ma di non essere mai stati ascoltati”.
La dedica agli abitanti morti di tumore
Forte tiene a precisare: “Questa sentenza la dedichiamo in particolare ad alcuni defunti, come Antonella Todisco, Franco Calce, Vito Todisco e Palma Ferrara, tra i tanti morti ed ammalati di patologie tumorali, che vivevano nei pressi della fonderia e che non sono stati tutelati dallo Stato. Dedichiamo a loro, a queste vittime dell’inquinamento, questa sentenza storica e la dedichiamo anche, voglio sottolineare in maniera particolare, ad almeno 2 dei 153 ricorrenti che erano in vita nel 2019, quando hanno sottoscritto il ricorso, come il professor Pino Cantillo ed il signor Ugo Di Concilio, i quali denunciavano nelle loro abitazioni il lezzo nauseabondo delle Fonderie Pisano e l’inquinamento atmosferico a questo collegato. Questi attivisti non ci sono più, deceduti per patologie collegate all’inquinamento, ed oggi, all’arrivo di questa sentenza, non hanno potuto avere la soddisfazione di vedere i risultati raggiunti grazie anche alla loro battaglia per la vita, la salute e l’ambiente, per garantire anche alle future generazioni della Valle dell’Irno quell’articolo 8 della Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo, che sancisce il rispetto della propria vita privata e familiare”.
Il precedente della Terra dei fuochi
Lo scorso gennaio, la Corte europea dei diritti umani aveva chiarito che l’inazione prolungata dello Stato italiano di fronte allo smaltimento illegale di rifiuti ha messo a rischio la vita dei residenti della Terra dei Fuochi. A dirlo è la Corte europea dei diritti umani. Nella sentenza, la Cedu ha stabilito all’unanimità che c’è stata una violazione dell’articolo 2 (diritto alla vita) della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Il caso, denominato Cannavacciuolo e altri c. Italia, riguardava lo smaltimento, seppellimento o incenerimento di rifiuti su terreni privati, spesso operato da gruppi criminali organizzati, nelle zone della regione Campania note come Terra dei Fuochi, dove vivono circa 2,9 milioni di persone. Nella zona sono stati registrati tassi elevati di cancro e l’inquinamento delle falde acquifere.
Il nuovo preoccupante studio
Lo scorso aprile, un nuovo studio della Federico II di Napoli ha rilevato livelli allarmanti di elementi tossici nella Terra dei Fuochi in Campania, anche in zone finora ritenute non inquinate. La ricerca, pubblicata su Science of the Total Environment, ha utilizzato un muschio (Scorpiurium circinatum) come bioindicatore rilevando un accumulo di alte concentrazioni di arsenico, mercurio, piombo e altri elementi potenzialmente tossici sia in un sito industriale sia in un’area rurale della Campania. Lo studio è stato condotto da un team dell’ Università di Napoli Federico II in collaborazione con la Sbarro Health Research Organization (SHRO) della Temple University di Philadelphia.