Amate il burro francese? Ecco i prodotti migliori (e i peggiori)

Dolce, salato, tradizionale o light: qual è il burro francese migliore? Que Choisir ne ha testati 20, valutando la qualità gustativa, la presenza di contaminanti, il rispetto della normativa e le indicazioni in etichetta. I peggiori? I prodotti light, pieni di additivi e aromi 

Dolce, salato, tradizionale o light: qual è il burro migliore? Ce lo dicono i francesi, che ne consumano 8 kg all’anno (record mondiale): la rivista Que Choisir ha testato 20 burri francesi (10 dolci e 10 semisalati), sia di marca che di distributore, valutando la qualità gustativa, la presenza di contaminanti, il rispetto della normativa e le indicazioni sull’origine in etichetta. Le brutte sorprese riguardano le versioni light che in diversi casi sono ricche di additivi e aromi per compensare la mancanza di grassi.
Apprezzati per il prezzo più contenuto (circa il 25% in meno), i burri “alleggeriti” contengono tra il 60% (Eco+ dolce, Bridel semisalato e Montfleuri semisalato), 40% (Auchan dolce, Les Croisés semisalato) o addirittura il 20% (Elle & Vire dolce) di materia grassa, rispetto all’82% del burro tradizionale. In realtà, Eco+ e Bridel contengono il 10% in più di grassi rispetto a quanto indicato (70% anziché 60%), ingannando in un certo senso il consumatore. Mentre Elle & Vire dolce non può neanche essere chiamato “burro”, ma si tratta di una “materia grassa lattiera” spalmabile.

I peggiori? I burri al 40 e 20% di grassi

Il problema maggiore riguarda i prodotti al 40% e 20%: 3 di quelli analizzati (Les Croisés, Auchan e Elle & Vire) sono considerati ultratrasformati perché, per compensare la mancanza di grassi, contengono dai 4 ai 6 additivi ciascuno. Alcune sostanze, come i mono- e digliceridi degli acidi grassi (E471), fungono da emulsionanti, mentre l’amido modificato (E14XX) o la gomma cellulosica (E466) sono addensanti. C’è anche il poliricinoleato di poliglicerolo, un texturizzante derivato dall’olio di ricino. Si tratta di composti autorizzati dalla normativa europea ma valutati come “poco raccomandabili” nella classificazione degli additivi, perché sospettati di favorire malattie infiammatorie intestinali e alterare la flora intestinale.
E.Leclerc (Les Croisés), Auchan e Savencia (Elle & Vire, Montfleuri) hanno dichiarato che stanno lavorando per semplificare le loro formule.

“In questi burri si è sostituita gran parte del grasso con acqua – spiega Françoise Nau, docente-ricercatrice all’Institut Agro Rennes-Angers – Senza aggiunte, questi prodotti non terrebbero la forma”. E poiché la presenza d’acqua aumenta il rischio microbiologico, si usano conservanti come il sorbato di potassio, antifermentativo e antimuffa. Inoltre, per via della maggiore quantità d’acqua, questi burri sono meno gialli e meno saporiti e i produttori compensano con coloranti (carotenoidi, in particolare betacarotene) e aromi artificiali che funzionano a livello gustativo. Tuttavia, i tre burri light dolci (Eco+, Auchan e Elle & Vire) e due dei tre light semisalati (Les Croisés e Montfleuri) sono finiti in fondo alla classifica generale.

I più salati? Champré, Montfleuri e Isigny Ste Mère

Tutti i prodotti analizzati rispettano la normativa rispetto al contenuto di sale, ma sono stati penalizzati i più salati come Champré (Aldi), Montfleuri e Isigny Ste Mère, che superano i 2 g di sale per 100 g. Anche alla degustazione, il panel li ha trovati troppo salati. Al contrario, Paysan breton e Bridel sono risultati i più equilibrati.

Contaminanti: nessun Moah, trovati Mosh e ftalati

Il laboratorio ha verificato anche la presenza di plasticizzanti (ftalati, tossici per la riproduzione) e oli minerali (Mosh/Posh e Moah), che possono provenire da imballaggi o da attrezzature industriali, e sono sospettati cancerogeni e interferenti endocrini (i Moah), mentre i Mosh danneggiano fegato e milza.
Buone notizie per i Moah che non sono stati trovati in nessun prodotto. Quattro burri (Isigny Ste Mère, Président, Eco+ e Laiterie de Surgères) superano i 10 mg/kg di Mosh/Posh, senza violare limiti che non sono ancora stati fissati. Per quanto riguarda gli ftalati, ne abbiamo trovati 2 su 7 ricercati in 14 prodotti, in quantità sotto i limiti di legge. Tuttavia, poiché sono solubili nei grassi animali, è meglio evitare confezioni che ne contengono.

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Il burro tradizionale (e grasso) vince la prova del gusto

Un’ultima, piacevole sorpresa: alla degustazione, i punteggi assegnati da 30 consumatori oscillano tra 12/20 e quasi 17/20. Non c’è una netta gerarchia in base alla panna utilizzata (cruda o pastorizzata), purché si tratti di burri con 82% di grassi. I prodotti AOP e bio non si sono particolarmente distinti, e questo è un peccato.
Il più apprezzato è stato l’Envia di Lidl, ottenuto da un mix di burri, seguito dal Grand Cru doux di Le Gall, a base di panna maturata non pastorizzata (alta qualità), e dal Président demi-sel, di produzione industriale classica. Bel colore, buon gusto e facile spalmabilità: questi burri soddisfano tutti i criteri.
I meno graditi? I prodotti poveri in grassi: Montfleuri semisalato (60%), Les Croisés semisalato (40%) e Elle & Vire (20%), penalizzati da colori poco appetibili e gusto debole.

Ecco come scegliere il burro migliore

Tra burro crudo, da baratte, Aop, fine, extrafine, salato, alla fleur de sel, tenero o alleggerito, scegliere tra i prodotti presenti sugli scaffali dei supermercati non è facile. Que Choisir ricorda che per fare un buon burro basta un solo ingrediente: il latte. Perché complicare la ricetta, se non per esigenze industriali? Per evitare un’invasione chimica nel piatto, il consiglio è quello di scegliere un burro vero: naturale, senza additivi e, se possibile, da panna maturata e lavorato in baratte.

Come districarsi tra burro standard, di baratte, salato, dolce o semisalato

Il burro è un prodotto 100% naturale, ottenuto dalla crema del latte, composto per l’82% da grassi (80% se salato), il resto è acqua, proteine, lattosio e sali minerali. Nessun additivo è consentito, tranne il betacarotene per colorarlo.
Tutti i burri sono tecnicamente “di baratte”, ma solo alcuni rispettano il processo tradizionale che prevede fermentazione naturale della crema, agitazione in baratte inox e malaxage finale. Una produzione più lenta e costosa, oggi riservata a piccole aziende o burri Aap. La produzione industriale, invece, usa butyratori ad alta resa (fino a 13 tonnellate/ora), sacrificando spesso l’aroma.
Il burro crudo non è pastorizzato e si conserva meno, ma offre un sapore più ricco. L’extrafine è prodotto solo con panna fresca e non congelata, entro tempi molto stretti. Il burro “fine” può contenere fino al 30% di panna congelata.
Il sale è usato più per gusto che conservazione. Il burro salato contiene almeno 3 g di sale per 100 g; il demi-sel tra 0,8 e 3 g. La versione “dolce” ha meno di 0,5 g di sale.
Diffusi i prodotti aromatizzati alle erbe, spezie o alghe (spesso costosi, meglio farseli in casa). Il burro biologico garantisce solo l’origine bio della panna, non il processo produttivo. I burri Aop (Charentes-Poitou, Isigny, Bresse) sono legati al territorio, ma con standard molto variabili: il più rigoroso è il burro di Bresse.
Tra i prodotti “moderni” ci sono il burro tenero (sempre spalmabile, grazie a una tecnologia che ne modifica la struttura, pur mantenendo l’82% di grassi) e il burroleggero o alleggerito che contiene dal 39% al 62% di grassi, ma, come abbiamo visto, anche molti additivi (emulsionanti, conservanti, aromi, addensanti).