Pizza da asporto? Il cartone è pieno di bisfenoli pericolosi

L’ultimo test tedesco condotto su 10 cartoni della pizza ha confermato i risultati dell’inchiesta fatta in passato dal Salvagente: i contenitori di cartone sono pieni di bisfenoli. Nello specifico 9 su 10 contengono bisfenolo A e 8 su 10 bisfenolo S. E’ arrivato il momento di trovare una soluzione alternativa per la nostra pizza a domicilio

Pizza da asporto? Attenti al cartone. Come denunciato già qualche anno fa dal Salvagente, il cartone che contiene la pizza a domicilio (o da asporto) può contenere sostanze tossiche come i bisfenoli. Un’ulteriore conferma arriva dalle analisi effettuate dalla rivista tedesca Oko-test che ha portato in laboratorio 10 dei cartoni utilizzati da catene di pizza famose, da Domino’s a Pizza Hut, e da servizi di consegna pizza e grossisti online. I risultati sono preoccupanti: solo un cartone è risultato pulito, mentre negli altri sono stati rilevati livelli elevati di bisfenolo A e bisfenolo S. Nel peggiore dei casi, il livello di Bisfenolo A rilevato è stato del 45.000% superiore al limite considerato sicuro per l’assunzione quotidiana. E spesso, come ha dimostrato la simulazione, queste sostanze finiscono anche nella pizza.

Nonostante dal 20 gennaio 2025 sia entrato in vigore il divieto in Europa di utilizzare i bisfenoli nei materiali da imballaggio destinati al contatto con gli alimenti, la normativa non si applica alla carta. Dunque molti degli imballaggi alimentari sono esclusi da questo divieto e restano un problema per la nostra salute.

Il Salvagente ha denunciato il problema 6 anni fa

Nel numero di marzo 2019 il Salvagente ha pubblicato i risultati delle sue analisi effettuate sui cartoni per la pizza di tre aziende internazionali leader nel settore: la Liner Italia, la spagnola Garcia de Pou e la tedesca Izmir. In ben due su tre erano state rilevate concentrazioni elevate di BPA.
Mentre nella pizza ospitata nei contenitori della Liner la sostanza non è stata rilevata, i cartoni di Garcia de Pou e Izmir hanno fatto rilevare la migrazione di bisfenolo rispettivamente di 179 ppb (parti per miliardo) e 311 ppb.

BPA e BPS: rischi sottovalutati

I risultati delle analisi tedesche hanno addirittura superato le peggiori aspettative. Su 10 scatole, ben 9 contenevano BPA e 8 BPS. Solo la scatola di Pizza Hut era completamente priva di queste sostanze. Inutile ricordare i numerosi rischi emersi sul bisfenolo A, dagli effetti ormonali sull’uomo e sull’ambiente, ai problemi per la riproduzione, a un maggiore rischio di cancro al seno, obesità e disturbi comportamentali nei bambini. Il bisfenolo S, sebbene meno studiato, è anch’esso classificato come tossico per la riproduzione e rientra tra le “sostanze estremamente preoccupanti” (SVHC) secondo il regolamento Reach.

Le sostanze migrano nella pizza?

Per scoprire se le sostanze chimiche passano nella pizza, il laboratorio ha effettuato un test per simulare il contatto tra il cartone e il contenuto. E ha scoperto che quasi la metà dei cartoni in cui è stato rilevato il BPA (4 su 9), il bisfenolo è passato alla pizza, mentre il BPS è stato trasferito alla pizza in tutti e otto i casi in cui era presente nel cartone. Il peggior risultato è stato riscontrato in una scatola della serie “Italia”, che conteneva il livello più alto di BPA, trasferendone alla pizza la quantità maggiore. Se una persona di 60 kg mangiasse un’intera pizza da questa scatola, supererebbe la dose giornaliera considerata sicura dall’Efsa del 45.000%.
I produttori possono ridurre questa migrazione utilizzando, ad esempio, fibre vergini per lo strato interno della scatola a tre strati o applicando un rivestimento protettivo sulla superficie interna.

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Come finiscono i bisfenoli nei cartoni?

A differenza di altri materiali per il contatto alimentare, come le lattine, i bisfenoli non vengono aggiunti intenzionalmente ai cartoni della pizza, ma vi finiscono accidentalmente attraverso la carta riciclata. In particolare, gli scontrini, i biglietti dei parcheggi e quelli d’ingresso (stampati su carta termica) contengono bisfenoli usati come sviluppatori di colore. Dal 2020, il BPA è vietato nella carta termica, riducendone gradualmente la presenza nella carta riciclata. Tuttavia, alcuni produttori hanno sostituito il BPA con il BPS, ancora legale, come dimostrato da un’indagine della TU Dresden. Questo spiegherebbe perché nei cartoni della pizza sono stati trovati livelli di BPS più elevati rispetto al BPA e perché il BPS migra più facilmente nella pizza.
Cuboxal, uno dei maggiori produttori di scatole per pizza in Europa, ha dichiarato che la qualità della carta dipende dal cliente e che la percentuale di carta riciclata è parte della loro “formula segreta”. Molti altri produttori non hanno risposto alle richieste di Oko-test, quindi non si può escludere che scatole con lo stesso design siano vendute con composizioni di carta differenti. Tuttavia, il problema rimane: i consumatori non hanno modo di sapere cosa contengono i cartoni delle loro pizze.

Pizza Hut: l’unica catena “pulita”

Perché le scatole di Pizza Hut e Call a Pizza hanno superato il test? Perché questi marchi usano solo fibra vergine nei loro cartoni. Pizza Hut ha già eliminato la carta riciclata dagli strati interni e centrali e sta passando alla fibra vergine anche per lo strato esterno.

La soluzione? Più regolamentazione e meno spreco

Questi risultati mettono quindi in luce una lacuna nella protezione dei consumatori: perché, a differenza dei materiali plastici, la carta riciclata destinata al contatto con gli alimenti non è così regolata? L’Unione europea sembra aver riconosciuto il problema e sta valutando una raccomandazione per monitorare l’ingresso involontario di bisfenoli negli alimenti. Nel frattempo, si potrebbe adottare una soluzione già usata tempo fa dai pizzaioli napoletani ovvero scatole per pizza riutilizzabili in plastica, disponibili online per pochi euro.
Di certo bisogna trovare una soluzione più sicura per trasportare la pizza. Anche perché le scatole di cartone sono anche un problema ambientale.