L’extravergine italiano che “parla” tedesco finisce nelle mense della polizia

EXTRAVERGINE POLIZIA
Le foto delle bottiglie sono state pubblicate dal Corriere del Mezzogiorno

Inchiesta della Procura di Milano sulla fornitura di olio nelle mense lombarde di polizia ed Esercito da parte dell’azienda Ladisa: sulle bottiglie della tedesca Penny venivano applicate etichette Sapio. S’indaga sulla vera qualità dell’extravergine

L’extravergine che finiva nelle mense di polizia ed esercito in Lombardia aveva due etichette: una occultata in lingua tedesca e una sovrapposta in italiano. E naturalmente dubbi ci sono anche sulla qualità dell’olio imbottigliato. Secondo l’inchiesta della Procura di Milano, le bottiglie fornite dall’azienda barese di ristorazione collettiva Ladisa erano rietichettate con quelle a marchio Sapio, della Compagnia Olearia Italiana, ma sotto erano ancora impresse quella della catena Penny in lingua tedesca. Gli inquirenti, come scrive il Corriere del Mezzogiorno, sospettano irregolarità anche nella qualità merceologica dell’olio contenuto nelle bottiglie.
Secondo il capitolato di appalto infatti Ladisa avrebbe dovuto fornire olio anche di origine Ue ma da agricoltura biologica almeno per il 60% alla polizia di Stato e olio ottenuto da olive italiane bio per almeno il 40% all’Esercito italiano. E invece, secondo i magistrati milanesi, l’extravergine consegnato sarebbe stato molto diverso.

Le perquisizioni e i sequestri ordinati dalla procura nelle due aziende coinvolte avrebbero rivelato, come scrive il dorso locale del Corriere della Sera, un “meccanismo fraudolento collaudato – si legge nel decreto di perquisizione e sequestro – in forza del quale, in modo del tutto consapevole e preordinato, ad onta delle precise indicazioni in ordine alla tipologia di fornitura per le mense della polizia di Stato e delle forze armate predisposte nel contratto di appalto, viene consegnato olio del tutto diverso per qualità, all’evidente fine di conseguire un risparmio di spesa“.

La Procura, scrive ancora il giornale, è dunque convinta che “alle bottiglie di olio già consegnate” sarebbe stata apposta “una seconda etichetta che, per un verso, recava la reale origine dell’olio, frutto di una miscela di oli e non già olio Evo da agricoltura biologica“. Per un altro verso, ritiene sempre l’accusa, la seconda etichetta avrebbe indicato “una diversa data di scadenza, peraltro successiva a quella originaria”.