Con i Pfas nel sangue: lo studio choc svizzero mostra la presenza nel nostro corpo

PFAS
Screenshot

Uno studio su 35 volontari provenienti da 18 cantoni svizzeri ha rivelato che tutti i partecipanti, inclusi i bambini, presentavano livelli misurabili di Pfas nel sangue. In alcuni casi a livelli oggettivamente pericolosi

Siamo abituati a trovarli un po’ ovunque: nei cibi, nei contenitori, nei tessuti, negli oggetti per la casa… e dunque la notizia che i Pfas sono anche nel sangue di molti di noi potrebbe essere considerata come una conseguenza inevitabile ma non per questo è meno preoccupante.

Partiamo dai fatti: uno studio pubblicato dalla rivista svizzera dei consumatori Saldo ha rivelato la presenza diffusa di sostanze alchiliche per- e polifluorurate (Pfas) nel sangue di cittadini di tutta la Svizzera. Queste sostanze chimiche, come oramai il Salvagente racconta da anni, sono state associate a seri rischi per la salute, tra cui malattie cardiovascolari, danni epatici e possibili effetti cancerogeni (a chi volesse saperne di più consiglio di leggere l’intervista che un anno fa ci aveva dato uno dei più grandi esperti mondiali, il professor Carlo Foresta).

Lo studio svizzero sui Pfas

Il campione, composto da 35 persone provenienti da 18 cantoni, ha coinvolto individui di età compresa tra i 7 e gli 89 anni, il cui sangue è stato analizzato per individuare la presenza di due tra le sostanze più note e pericolose della famiglia Pfas: l’acido perfluoroottanoico (Pfoa) e l’acido perfluoroottansolfonico (Pfos). I risultati sono stati sorprendenti: tutti i partecipanti, inclusi i bambini, presentavano livelli misurabili di queste sostanze nel sangue.

I Pfas sono noti per la loro persistenza nell’ambiente e nel corpo umano, dove possono accumularsi per decenni. Sebbene il PFOA e il PFOS siano stati in gran parte vietati in Svizzera rispettivamente dal 2021 e dal 2011, migliaia di altre sostanze della stessa famiglia chimica sono ancora largamente utilizzate e non soggette a regolamentazione. L’analisi ha rivelato che solo 3 dei partecipanti avevano livelli così bassi da non destare preoccupazione, mentre la maggior parte presentava quantità sufficienti a sollevare dubbi sulla sicurezza sanitaria.

Rischi per la salute e categorie vulnerabili

Non conosci il Salvagente? Scarica GRATIS il numero con l'inchiesta sull'olio extravergine cliccando sul pulsante qui in basso e scopri cosa significa avere accesso a un’informazione davvero libera e indipendente

Sì! Voglio scaricare gratis il numero di giugno 2023

L’analisi condotta da “Saldo” ha confermato ciò che studi precedenti avevano già suggerito: i Pfas sono legati a numerosi problemi di salute. Oltre a danneggiare il sistema immunitario e ormonale, possono aumentare il livello di colesterolo, il rischio di malattie cardiovascolari e danneggiare il fegato. Il PFOA è stato classificato come cancerogeno dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), mentre il PFOS è sospettato di avere effetti simili.

Particolarmente preoccupante è il caso delle donne in età fertile. Léa Martin, 36 anni, una delle partecipanti allo studio, ha mostrato livelli di PFOS nel sangue che potrebbero compromettere la fertilità e ridurre il peso alla nascita dei neonati. Altri esempi includono Maja Schmid, 69 anni, di Neuheim ZG, che presenta il secondo livello più alto di PFOS tra i partecipanti. Queste sostanze chimiche non sono solo una minaccia immediata per la salute, ma possono avere effetti a lungo termine sulle future generazioni.

La ricerca delle cause

Uno dei casi più emblematici è quello di Eva Bürki, una donna di 76 anni di Stetten SH, che vive in una casa colonica vecchia di 180 anni. Bürki soffre di un livello di colesterolo elevato e ha già subito un intervento per una malattia cardiovascolare. Gli esperti sospettano che i Pfas presenti nel suo sangue possano derivare da contaminazioni ambientali. Il chimico cantonale di Sciaffusa, Kurt Seiler, ha raccolto campioni di terreno dal pollaio di Bürki e delle mele dai suoi alberi per capire se le sostanze chimiche provengano dal suolo. Seiler ipotizza che, in passato, la schiuma antincendio utilizzata per spegnere un incendio in una casa vicina potrebbe aver contaminato il terreno, le uova e i frutti con PFOS.

Nonostante queste ipotesi, non è ancora chiaro come i Pfas si siano diffusi così ampiamente nell’ambiente e nelle persone. Tre delle quattro persone con i livelli più alti di PFOS nel sangue vivono in vecchie case coloniche ristrutturate, mentre la quarta è cresciuta in una fattoria. Seiler non esclude che ci possa essere una correlazione con l’ambiente rurale, ma ammette che potrebbe trattarsi anche di una coincidenza.

Le risposte degli esperti

Il chimico ambientale zurighese Martin Scheringer, intervistato da “Saldo”, ha espresso preoccupazione per l’ampia diffusione di queste sostanze nel territorio svizzero e per la mancanza di informazioni dettagliate sui loro usi industriali. Secondo Scheringer (e secondo gran parte degli scienziati che se ne occupano), i Pfas rappresentano una minaccia a lungo termine, poiché si accumulano nell’ambiente e negli organismi senza possibilità di smaltimento efficace. “Anche una minima esposizione comporta un rischio di cancro,” ha dichiarato l’esperto, sottolineando la necessità di misure più restrittive.

L’assenza di normative adeguate, secondo Scheringer, è un grave problema: solo pochi tipi di Pfas sono stati studiati a fondo e vietati, mentre migliaia di altre sostanze continuano a essere prodotte e utilizzate senza alcun controllo o limite di legge. La protezione della popolazione dovrebbe, invece, essere una priorità, soprattutto per quanto riguarda l’acqua potabile e gli alimenti, che dovrebbero essere completamente privi di PFAS.

Il rapporto Draghi e quella voglia di deregulation

Lo studio di “Saldo” ha sollevato molte domande e preoccupazioni in Svizzera, ma ha anche nuovamente messo in luce l’urgenza di intervenire. E non solo in terra elvetica. La consapevolezza del pubblico su queste sostanze è ancora limitata, ma il loro impatto sulla salute umana e sull’ambiente non può essere ignorato. I genitori di Nina (9 anni) e Tim (7 anni), residenti anche loro a Stetten SH, hanno chiesto maggiore trasparenza sull’uso di queste sostanze nei prodotti di consumo: “Non possiamo proteggere i nostri figli finché non sappiamo dove si trovano i Pfas” hanno detto al giornale svizzero.

La necessità di misure drastiche è evidente: oltre a vietare l’uso di Pfas pericolose, come suggerito da Seiler, è fondamentale aumentare il monitoraggio e la regolamentazione su tutta la famiglia di queste sostanze chimiche. Senza un’azione decisa – che sembra sempre più lontana dal panorama europeo, specie dopo le allucinanti dichiarazioni di Mario Draghi che nel suo rapporto “Il futuro della competitività europea” ha sostenuto che si tratta di sostanze che non hanno alternative – il livello di contaminazione continuerà a crescere, mettendo a rischio non solo la salute della popolazione attuale, ma anche quella delle generazioni future.