Secondo il rapporto annuale sulla certificazione energetica dell’Enea, nel 2023, per la prima volta dal 2019, la percentuale di edifici nelle classi energetiche F e G è scesa sotto il 50%. Ma siamo in ritardo rispetto alle modifiche previste dalla direttiva europea “case green”
Le nostre case sono diventate più efficienti dal punto di vista energetico? È quanto risulta dal rapporto annuale sulla certificazione energetica degli edifici, pubblicato oggi dall’Enea, secondo cui nel 2023, per la prima volta dall’inizio delle rilevazioni, la percentuale di edifici nelle classi energetiche F e G è scesa sotto il 50%. Dall’altro lato si è registrato un incremento del 6% delle classi energetiche più efficienti (A4-B) rispetto al 2022. Crescono di oltre il 2% gli Attestati di prestazione energetica (Ape) emessi in seguito a riqualificazioni energetiche e ristrutturazioni importanti, che rappresentano rispettivamente il 7,9% e il 6,4%.
Novità in vista, ma l’Italia è in ritardo
Se da un lato il rapporto dell’Enea mette in evidenza questi progressi, dall’altro si concentra sui ritardi del nostro paese rispetto alle novità che dovranno entrare in vigore entro il 2026, proprio sul calcolo delle prestazioni energetiche degli edifici, come previsto dalla nuova direttiva europea “Energy Performance of Building Directive” (Epbd), nota come direttiva “case green”.
Come abbiamo scritto nell’approfondimento sulla direttiva, pubblicato sul numero del Salvagente di giugno, entro il 29 maggio 2026 l’Ape dovrà essere conforme al nuovo modello di attestato, che sarà obbligatorio per i nuovi edifici, per quelli sottoposti a ristrutturazione profonda e per gli edifici pubblici, e dovrà includere una serie di informazioni aggiuntive, tra cui il consumo complessivo di energia annuo e ulteriori indicatori sulla qualità energetica dell’edificio. Anche il calcolo sul fabbisogno energetico sarà diverso.
Nonostante quest’orizzonte temporale, il nostro paese non si sta muovendo nella direzione del cambiamento, e il rischio per chi oggi richiede un Ape è quello di ritrovarsi tra un anno con un certificato già vecchio (mentre l’Ape dovrebbe avere una durata decennale).
Come sta succedendo in Francia, dove a partire dal 1° gennaio 2025, i certificati di prestazione energetica (DPE) realizzati tra gennaio 2018 e luglio 2021 non saranno più validi e dovranno essere rifatti in caso di vendita o locazione degli immobili.
Costi troppo elevati, servono incentivi
Nel rapporto dell’Enea si legge che in Italia, “molti proprietari di immobili continuano a considerare la certificazione energetica come un obbligo burocratico piuttosto che come uno strumento utile per migliorare l’efficienza energetica e ridurre i costi a lungo termine e questo si traduce in un numero ancora troppo limitato di edifici che hanno raggiunto standard elevati di efficienza energetica”.
Al contrario, paesi come la Germania e la Svezia hanno visto un significativo aumento della domanda di riqualificazione energetica grazie a politiche di incentivazione strutturate e a iter burocratici snelli, come nel caso della Kreditanstalt für Wiederaufbau, che ha offerto prestiti agevolati e sovvenzioni costanti, creando fiducia e stabilità nel mercato.
Si fa anche l’esempio della Francia, dove il programma di certificazione energetica è collegato al sistema di incentivi fiscali che offre sovvenzioni e detrazioni per interventi di miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici, come l’isolamento termico, la sostituzione di finestre o l’installazione di sistemi di riscaldamento efficienti.
È evidente che la Francia è nettamente più avanti di noi tanto è vero che anche il primo ministro Michel Barnier, in un discorso del 1° ottobre, ha parlato del divieto progressivo di locazione degli immobili meno efficienti dal punto di vista energetico che dovrebbe applicarsi agli immobili di classe G a partire dal 1° gennaio 2025, nel 2028 a quelli di classe F e nel 2034 alla classe E.
Certo sulla questione dei costi elevati dei certificati si lamentano anche i francesi che denunciano aumenti del 15% avvenuti dopo l’estate con cifre che vanno da 100 a 250 euro per un certificato.