Un solare senza sostanze tossiche e amico dell’ambiente? Si può

SOLARE

Con un’incidenza di cancro della pelle aumentata di circa il 40% negli ultimi 4 anni e circa 78.000 nuovi casi diagnosticati all’anno, in Spagna gli istituti scientifici invitano a prendere seriamente la decisione sulla protezione solare da scegliere. Anche per gli effetti sull’ambiente

Una preoccupazione tale che il ministero della Sanità iberico sta valutando se fornire gratuitamente protezioni solari negli spazi pubblici,  per aiutare a ridurre l’incidenza di melanomi e altri tumori della pelle

E non c’è solo la preoccupazione per la salute degli umani ma anche per quella dell’ambiente, visto il forte impatto di molti di questi prodotti sugli ecosistemi acquatici. I filtri solari UV, che sono i composti chimici che ci proteggono dalle radiazioni UVB e UVA, sono stati infatti trovati nei luoghi più remoti del pianeta, dall’Antartide ai reef corallini del Pacifico. Senza andare così lontano, sono sostanze localizzate persino nelle uova degli uccelli selvatici del Parco Nazionale di Doñana (Huelva), secondo uno studio del IDAEA-CSIC realizzato nel 2017. “Si tratta di una scoperta rilevante perché dimostra che la madre ha trasferito il contaminante prima della deposizione, prima che l’uccello si sia sviluppato ed esposto all’ambiente”, spiega la dottoressa Silvia Díaz Cruz, autrice principale dello studio e scienziata titolare dell’Istituto di Diagnosi Ambientale e Studi dell’Acqua (IDAEA-CSIC).

Il problema è che i filtri UV non si trovano solo nella crema solare, ma anche in una moltitudine di prodotti come cosmetici, in vernici, tessuti, ecc. C’è una presenza sempre maggiore di questi composti che incidono direttamente sulla nostra salute e su quella del nostro ambiente naturale. L’IDAEA ha rilevato recentemente, e per la prima volta, undici composti chimici nel sangue del cordone ombelicale di neonati, tra cui filtri solari UV e parabeni ampiamente utilizzati nelle creme solari e in altri prodotti di cosmetica. Questo studio è la continuazione di due studi precedenti coordinati dalla Dr.ssa Díaz Cruz sull’esistenza di questi composti nella placenta e nel latte materno.

L’impatto della crema solare sull’ambiente

L’impatto dei filtri solari UV sugli ecosistemi è globale, sebbene sia ancora più evidente in quelli più vulnerabili come le zone coralline e nelle acque poco profonde, a causa della maggiore concentrazione dei prodotti, tra le altre cose per l’aumento del turismo e delle attività acquatiche. È stato dimostrato che provocano lo sbiancamento dei coralli, così come deformazioni e alterazioni durante la loro crescita. Inoltre, possono ridurre la densità delle alghe a causa del fatto che limitano la funzione clorofilliana, provocano malformazioni nei gusci dei bivalvi, alterano il sistema immunitario, la riproduzione e causano malformazioni nei ricci di mare, diminuiscono la fertilità nei pesci e influenzano la loro funzione motoria impedendo loro di sfuggire ai predatori, tra molti altri effetti.

Nel Mediterraneo, i filtri solari rappresentano un rischio preoccupante per la Posidonia oceanica, una specie endemica e fondamentale per mantenere le acque cristalline e preservare la dinamica sedimentaria, che funge da rifugio per numerose specie animali e costituisce un’importante area di produzione di ossigeno. È stato comprovato che, sotto l’inibizione della funzione clorofilliana, le praterie di posidonia nelle Isole Baleari hanno ridotto la loro densità e dimensione. Ciò implica una minore eliminazione e fissazione al sedimento della CO2 e una minore generazione di ossigeno utile agli organismi marini. Inoltre, riducendo la dimensione delle praterie, gli organismi hanno meno spazio per abitare (nascondersi, alimentarsi, riprodursi…) e i fondali marini rimangono più esposti all’erosione delle correnti, così come le coste.

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Il video di consigli sulla crema solare pubblicato dall’Istituto di Diagnosi Ambientale e Studi dell’Acqua (IDAEA-CSIC) spagnolo

E quello sull’uomo

Per quanto riguarda l’impatto della crema solare sugli esseri umani, le scoperte delle diverse linee di ricerca indicano che alcuni di questi composti sono interferenti endocrini, cioè sostanze chimiche in grado di interferire con il sistema endocrino degli organismi. Questi interferenti possono imitare, bloccare o alterare l’azione degli ormoni naturali quando penetrano e si accumulano nel nostro organismo, il che può provocare una varietà di effetti avversi sulla salute. Gli ormoni regolano molte funzioni essenziali del corpo, compresi la crescita, lo sviluppo, il metabolismo e la riproduzione.

“I filtri chimici come la benzofenone-3 (ossibenzone), il filtro UV più utilizzato fino a poco tempo fa a livello mondiale per la protezione solare e che attualmente è vietato in alcuni paesi, aumentano il rischio di endometriosi, infertilità, problemi durante la gestazione e il parto”, aggiunge la dottoressa Silvia Díaz Cruz. “Un altro filtro comune nelle creme solari e in altri prodotti di igiene e cura personale, l’avobenzone, può interferire con l’azione naturale degli estrogeni e favorire lo sviluppo dell’obesità infantile”.

Cosa cercare nelle etichette delle creme solari?

Attualmente, ci sono evidenze scientifiche che indicano diversi composti presenti nei prodotti delle grandi marche commerciali, anche se non sono vietati in Europa come lo sono in certi luoghi come Hawaii, Palau, Bonaire, Thailandia, Messico, Isole Marshall e Isole Vergini. Questi composti da evitare sono la benzofenone 3 (ossibenzone o BP3), l’ethylhexyl methoxycinnamato (octinoxato o EHMC) e l’octocrilene (OC). Quest’ultimo, è attualmente sotto inchiesta a livello europeo dall’Agenzia Chimica Europea (ECHA) e si sta valutando di ridurne la quantità nei protettori solari in Francia.

Pertanto, la raccomandazione della dottoressa Díaz-Cruz è di utilizzare prodotti a base di composti inorganici (minerali) come il biossido di titanio (TiO2) e l’ossido di zinco (ZnO), sempre che non siano in forma di nanoparticelle poiché in tal caso potrebbero attraversare la barriera cellulare. Se non è indicato sull’etichetta non dobbiamo preoccuparci di questo aspetto.

Difendersi con un prodotto pericoloso?

È, quindi, una contraddizione usare prodotti potenzialmente pericolosi per proteggerci dai pericoli del sole, quando la scienza può fornire le conoscenze per formulare prodotti con altri composti che non rappresentino un rischio né per il consumatore né per l’ambiente. Mentre la legislazione agisce per eliminare queste sostanze dai prodotti che ci circondano, i consumatori possono decidere quali comprare e quali evitare se adeguatamente informati, cosa che eserciterà anche una maggiore pressione sull’industria e sulle amministrazioni. È bene ricordare che la nostra salute, quella degli animali e delle piante sono interdipendenti e direttamente collegate agli ecosistemi. Per questo motivo, sarebbe più consigliabile usare solo quei prodotti che la scienza approva come sicuri.

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