Raccontiamo l’esperienza che abbiamo vissuto qualche giorno fa, in un noto grande magazzino di Roma, acquistando dei vestiti in saldo, che venivano venduti ad un prezzo maggiore rispetto a quello di partenza
Ok il prezzo non è giusto. Ci viene in mente il titolo di una nota trasmissione televisiva del passato per raccontare la nostra esperienza con alcun acquisti alla vigilia dei saldi estivi, che partono sabato 6 luglio in tutta Italia.
Qualche giorno fa, speranzosi di poter trovare già qualche promozione anticipata, come è prassi ormai diffusa, abbiamo fatto un giro alla Coin di Roma dove abbiamo appurato che nel reparto abbigliamento donna venivano applicati ribassi dal 20 al 50% per i possessori di fidelity card. Ci è sembrata un’ottima occasione di cui approfittare ed abbiamo acquistato tre capi del marchio francese Naf Naf, scontati tutti del 30%.
Arrivati a casa, convinti di aver fatto un buon affare, ci accorgiamo che sull’etichetta di tutti e tre i capi era apposto un prezzo maggiore rispetto a quello originario. E parliamo di una differenza di prezzo non indifferente. Nello specifico un capo, che costava in origine 59 euro, veniva venduto riprezzato a 99 euro e, applicando lo sconto del 30%, arrivava a un prezzo finale di 70 euro, ovvero superiore rispetto a quello di partenza. Stesso discorso per altre due camicie che presentavano rispettivamente una differenza di 15 e 20 euro rispetto al prezzo “nascosto” sull’etichetta, annullando di fatto il ribasso del 30%.
Dopo una prima reazione di incredulità, siamo ritornati in negozio per far presente questa situazione, evidenziando la scorrettezza di un comportamento che, speravamo, fosse ormai passato di moda. A questo punto abbiamo avuto un’ulteriore sorpresa perché ci è stato spiegato che molti marchi, soprattutto del fast fashion (non italiani, evidentemente) sovrappongono in etichetta un prezzo maggiore giustificato dai costi di dogana.
Ma quale dogana? Ci risulta che, essendoci già da qualche anno un’Unione Europea, tra Italia e Francia non ci sia nessuna dogana e sulle esportazioni, quanto meno tra Stati membri, non venga applicato alcun dazio doganale. Alla nostra risposta non hanno potuto fare altro che proporci il reso degli articoli, chiaramente sotto forma di buono da poter spendere sempre nello stesso negozio entro un anno.
Il consiglio ai consumatori è quindi quello di fare attenzione ai prezzi applicati durante il periodo dei saldi perché la fregatura è sempre dietro l’angolo.
Ricordiamo che sull’indicazione del prezzo c’è l’obbligo, in base al D.lgs 26/2023, di indicare quello più basso applicato ai consumatori nei trenta giorni precedenti l’avvio dei saldi, lo sconto e il prezzo finale (che deve essere chiaramente più basso rispetto a quello di partenza).
Inoltre, durante i saldi, la possibilità di cambiare il capo dopo che lo si è acquistato è generalmente lasciata alla discrezionalità del negoziante, a meno che il prodotto non sia danneggiato o non conforme (d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206, Codice del Consumo). In questo caso scatta l’obbligo per il negoziante della riparazione o della sostituzione del capo e, nel caso ciò risulti impossibile, la riduzione o la restituzione del prezzo pagato. Per gli acquisti online è possibile restituire il prodotto o effettuare cambi entro 14 giorni dal ricevimento a prescindere dall’esistenza di un vizio.
Secondo le stime dell’ufficio studi di Confcommercio, quest’anno per l’acquisto di capi scontati ogni famiglia spenderà in media 202 euro, pari a 92 euro pro capite, per un valore complessivo di 3,2 miliardi di euro.