Pfas, lo studio della Sapienza: contaminazione nelle stoviglie compostabili

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Il Salvagente aveva sollevato la questione già nel 2021, mandando in laboratorio stoviglie monouso compostabili utilizzate nelle scuole italiane: ora uno studio della Sapienza di Roma conferma: contaminazione da Pfas i piatti e bicchieri “green”

Il Salvagente aveva sollevato la questione già nel 2021, mandando in laboratorio stoviglie monouso compostabili utilizzate nelle scuole italiane: ora uno studio della Sapienza di Roma conferma: trovate contaminazione da Pfas i piatti e bicchieri “green”.

Le ragioni ambientali che spingono alla proliferazione del compostabile

“Negli ultimi anni, – scrivono i ricercatori del dipartimento di chimica dell’Università La Sapienza, coordinati da Giulia Simonetti – a causa delle moderne tecniche di distribuzione, trasporto e vendita al dettaglio degli alimenti, la produzione di grandi quantità di rifiuti di imballaggio non biodegradabili e bioaccumulabili è diventata un grave problema ambientale“. Per affrontare questo problema, sono stati studiati nuovi materiali per l’imballaggio alimentare basati su biomassa rinnovabile come alternative ecologiche, biodegradabili e biocompatibili ai materiali sintetici. “Tuttavia – continuano gli studiosi – sebbene questi materiali non siano derivati petrolchimici, non si può escludere la presenza di contaminanti”.

Lo studio analizza la presenza di Ope e Pfas

Lo studio analizza la presenza di due classi di contaminanti potenzialmente in grado di migrare negli alimenti a concentrazioni preoccupanti: esteri organofosfati (Ope) e sostanze perfluoroalchiliche (Pfas). Sono stati cercati eseguendo test di migrazione, secondo l’attuale normativa europea. I risultati preliminari dimostrano il rilascio di Ope e Pfas tossici dagli imballaggi alimentari di origine biologica, evidenziando la necessità di indagare sulla presenza di sostanze chimiche potenzialmente dannose in questi materiali.

“Motivi di preoccupazione”

“La presenza dei cosiddetti inquinanti per sempre nei materiali studiati dovrebbe essere motivo di preoccupazione a causa delle potenziali implicazioni ambientali. La migrazione per contatto di tutte le sostanze conosciute come tossiche ha implicazioni sulla salute umana” commentano gli stessi ricercatori. In particolare, il presente lavoro ha proposto un metodo di quantificazione per Pfas mediante l’uso della tecnica altamente sensibile HPLC-QTRAP-MS/MS.

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I risultati

I risultati hanno mostrato che le diverse matrici di imballaggio sono contaminate da un contenuto comparabile di Ope e Pfas che superano gli Ope solo nei campioni 1 e 7. Le matrici più contaminate erano le carte da forno. Tibp e Tcpp, tra gli Ope più conosciuti per la loro tossicità, superano il limite di 0,01 mg/kg. I risultati ottenuti con l’uso di simulanti alimentari dimostrano che gli Ope migrano in modo comparabile sia verso alimenti con proprietà idrofile che lipofile, mentre i Pfas migrano principalmente verso alimenti acquosi acidi.

“Estendere i controlli”

Secondo i ricercatori, “Questo lavoro esplorativo dimostra che il monitoraggio degli inquinanti negli imballaggi alimentari dovrebbe essere effettuato anche sugli imballaggi a base biologica provenienti da fonti biodegradabili, che possono causare preoccupazione per la salute umana, nonostante siano alternative più ecologiche. Gli sviluppi futuri del lavoro potrebbero includere l’applicazione dell’Om test presente nella legislazione europea ad una gamma più ampia di contaminanti al fine di avere una panoramica generale più realistica. Inoltre, la gamma di imballaggi esaminati dovrà essere ampliata e la migrazione dei contaminanti negli alimenti reali dovrà essere valutata e quantificata”.

L’allarme già lanciato dal Salvagente nel 2021

Un allarme che aveva già lanciato il Salvagente nel numero di maggio 2021, dopo aver inviato a Massimo Chiari, fisico dell’Infn (Istituto nazionale di fisica nucleare), 11 campioni di stoviglie compostabili: 7 piatti, 2 bicchieri, 2 coperchi/coperture dei lunch box usati per i pranzi a scuola. A titolo di confronto abbiamo inviato anche un piatto acquistato in negozio romano. Volevamo stabilire se contenessero fluoro, possibile indicatore della presenza di Pfas.
I campioni provenivano da diverse scuole, da Roma a Milano. E i risultati arrivavano non tranquillizzano. Dei 2 bicchieri analizzati, uno aveva fluoro a 470 ppm (parti per milione) e il secondo un livello non rilevabile (sotto i 200 ppm). Per i piatti il risultato è stato ben peggiore: in tutti è stato rilevato fluoro, anche quattro volte più alto. Il livello massimo è stato di 2.030 ppm (parti per milione).

I rischi per la salute

Questa concentrazione “è complessa da ritenere puramente incidentale”, ci spiegava il compianto Alberto Ritieni, docente di Chimica degli alimenti alla facoltà di Farmacia dell’Università Federico II. Una delle ipotesi è che i piatti possano essere stati fabbricati con sostanze compatibili con i Pfas (per-fluoro-alchili) per conferirgli una forte capacità di impermeabilizzazione da oli e grassi, tanto più necessaria per stoviglie compostabili e non in plastica, che altrimenti non sarebbero in grado di resistere ai liquidi e alle pietanze umide e calde.
Il rischio per la salute di questa presenza, però, è oramai chiaro e innegabile: la Iarc (Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro) ha definito i Pfas come potenziali cancerogeni (Pfoa, Gruppo 2B), e interferenti endocrini (ormonali).

I divieti già in vigore e quelli che servono

E c’è chi è già intervenuto: la Danimarca, per esempio, ne aveva già proibito l’uso in imballaggi e nei materiali a contatto con gli alimenti in carta e cartone. La Francia ha annunciato lo stop alla produzione e commercializzazione di manufatti con Pfas in varie categorie nel 2024.
L’Italia invece ancora non ha fatto alcun passo. Di sicuro, la direttiva europea sugli imballaggi, approvata recentemente dal parlamento Ue vieterà la produzione di stoviglie monouso e imballaggi con Pfas, ma solo dal 2030. Il nostro paese, nel frattempo, potrebbe per lo meno aumentare i controlli e imporre soglie di contaminazioni temporanee, per salvaguardare la salute dei più piccoli, ma non solo.

I Pfas nei piatti compostabili delle mense scolastiche italiane?