Uno studio Usa dimostra come cresca il glifosato nell’organismo delle donne in gravidanza in aree in cui si usa l’erbicida. Una vecchia ricerca del Salvagente aveva dimostrato come il “probabile cancerogeno” si trovava anche nell’organismo di quelle lontane dai campi. Ma, nonostante gli effetti sulla salute, l’Europa sembra andare dritta per la strada di una nuova autorizzazione.
Uno studio recente condotto dall’Università della California ha sollevato allarmi significativi sull’esposizione delle donne incinte al glifosato, l’erbicida più ampiamente utilizzato al mondo. Nel corso del 2021, i ricercatori hanno analizzato campioni di urine provenienti da 40 donne incinte nel sud dell’Idaho, rilevando concentrazioni significativamente elevate di glifosato durante la stagione di uso del pesticida.
Lo studio ha coinvolto ricercatori dell’Università di Berkeley, di Washington, di Boise e l’US Centers for Disease Control and Prevention (il Cdc, organismo di controllo sulla sanità pubblica degli Stati Uniti).
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Le donne che vivevano a oltre 0,5 km dai campi agricoli presentavano concentrazioni più elevate durante i mesi di trattamento con il pesticida, sollevando preoccupazioni sulla diffusione e le vie di esposizione. I risultati sono particolarmente inquietanti alla luce di studi precedenti che collegano l’esposizione gestazionale al glifosato a problemi di crescita fetale e altri rischi per la salute.
Il glifosato oltre ogni confine: lo studio del Salvagente del 2017
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Questa scoperta inquietante si collega a un’indagine precedente condotta dal mensile italiano dei consumatori Salvagente nel maggio 2017. Lì, 14 donne incinte residenti in grandi città italiane si sono sottoposte a uno screening volontario, consegnando campioni delle loro urine per l’analisi.
Le conclusioni erano sorprendenti: tutte le partecipanti avevano tracce di glifosato nel loro organismo. Contrariamente alle aspettative, la presenza del pesticida si estendeva ben oltre le zone agricole, coinvolgendo donne incinte che vivevano in contesti urbani. I quantitativi rilevati variavano da 0,43 a 3,48 nanogrammi per millilitro di urina, sottolineando la pervasività del glifosato nella nostra vita quotidiana.
Contaminazione alimentare uso nei campi: il cocktail che non dà scampo
Se nella nostra ricerca il veicolo principale di contaminazione era indubbiamente il cibo, visto che le donne in gravidanza abitavano lontane da ogni area agricola, in quello californiano si sottolinea l’incidenza del fattore ambientale.
Un aspetto notevole emerso dalla ricerca americana è che in questo caso anche facendo seguire alle partecipanti una dieta biologica si è misurato un impatto limitato sulle concentrazioni urinarie di glifosato. Questo suggerisce che, in questa popolazione, altre fonti di esposizione al glifosato contribuiscano più significativamente rispetto all’assunzione dietetica.
Le donne incinte, indipendentemente dalla loro collocazione geografica, si trovano dunque esposte tanto attraverso il consumo quotidiano di prodotti contaminati, che se risiedono in zone agricole dove viene utilizzato l’erbicida. La pervasività del glifosato, come dimostrato da entrambi gli studi, solleva domande urgenti sulla sicurezza alimentare e la necessità di una regolamentazione più rigorosa.
L’impermeabilità della Commissione europea
Indifferente a questa e ad altre ricerche sulla pericolosità del glifosato, la Commissione europea continua la sua marcia verso la nuova autorizzazione all’uso dell’erbicida sui suoli comunitari.
Dopo che per la seconda volta, dopo la votazione del 13 ottobre, gli Stati membri non hanno approvato la richiesta di ri-autorizzare l’uso del glifosato per altri 10 anni la Commissione dovrà prendere una decisione indipendente entro la metà di dicembre.
La spada di Damocle che pende sul futuro di un’agricoltura più pulita e meno pericolosa per i consumatori è facile da intuire: la Ue deciderà da sola e questo non fa ben sperare anche se i segnali inviati dalla Francia che preme per un rinnovo “corto” (cinque anni invece che dieci) potrebbero far pensare a un compromesso, per quanto poco soddisfacente per i consumatori comunitari.
E a poco sembrano servire anche le nuove evidenze scientifiche sulla pericolosità dell’erbicida. Come quelle del più grande studio sperimentale al mondo – Global glyphosate study, Gss – condotto sull’erbicida e coordinato dall’Istituto Ramazzini che hanno dimostrato come il glifosato anche a dosi considerate sicure per l’uomo causi leucemia nei primi anni di vita.